Il blocco della caccia disposto dalla Regione Piemonte, a seguito dell’aumento dei casi di peste suina africana sulle carcasse di cinghiali trovate nei boschi della nostra provincia, preoccupa fortemente Cia Alessandria.
L’Organizzazione teme che il provvedimento, che resta comunque un’azione obbligata per la sicurezza, tenderà a portare ad una proliferazione di capi di cinghiale, la cui popolazione è numericamente fuori controllo da anni, acuita peraltro dai due anni di lockdown e di sospensione delle attività venatorie. Cia Alessandria teme per i danni che deriveranno alle aziende agricole, e la preoccupazione è volta anche agli allevamenti di suini che, in maniera indiretta, pagheranno pegno nonostante il pieno controllo dell’attività allevatoriale.
Commenta il vicepresidente provinciale Massimo Ponta: «La chiusura totale dell’attività venatoria è un problema anche per il contenimento delle altre specie, oltre il cinghiale, che causano danni in agricoltura. Auspichiamo che entro il 31 gennaio possa essere definita la reale situazione e l’effettiva portata dei capi infetti. Tutto questo sta generando danni ai nostri allevamenti. La chiusura della caccia può servire alla quantificazione del fenomeno con dati certi: se resterà limitata ad un periodo circoscritto, speriamo ci sia la possibilità di recuperare il numero dei capi abbattuti. Considerata l’emergenza, è il momento di gestire la questione dei selvatici in maniera differente da come fatto finora».