di Enrico Sozzetti
Vita tormentata per l’elettrico in Piemonte. La Gigafactory per le batterie delle auto è andata a Termoli e sono state inutili le richieste di assegnare a Torino la sede dell’hub di Stellantis. Invece Italvolt, azienda fondata da Lars Carlstrom, ha acquistato l’ex area Olivetti di Scarmagno e ha siglato un accordo di partnership con Abb, multinazionale elettrotecnica svizzero-svedese: lavoreranno insieme per realizzare una delle fabbriche di batterie più grandi d’Europa, in grado «di toccare volumi pari a 45 GWh all’anno, quanto basta per dare accumulatori a 550.000 veicoli» si legge su una nota diffusa un paio di mesi fa.
In questo business, dagli scenari di sviluppo di enorme portata, poteva inserirsi anche un colosso industriale che ha uno dei principali stabilimenti ad Alessandria. Invece non è andata così. Il colosso è Solvay che sta lavorando a un potenziale tecnologico altamente innovativo per il mercato dei veicoli elettrici per contribuire allo sviluppo della prossima generazione di elettroliti allo stato solido per batterie. «L’ambizione di Solvay di accelerare la transizione energetica e trasformare la mobilità elettrica in realtà è illustrata al meglio dall’impegno nello sviluppo di materiali critici per le batterie a stato solido di prossima generazione» spiega Mike Finelli, presidente delle piattaforme di crescita strategica di Solvay. «Queste batterie offriranno agli utenti di auto elettriche una maggiore autonomia, tempi di ricarica più brevi e una maggiore sicurezza. Il nostro ampio portafoglio e gli investimenti mirati in ricerca e innovazione fanno di Solvay il partner perfetto per sostenere gli ambiziosi obiettivi dei produttori di batterie».
Peccato che la tecnologia sviluppata fra il centro di ricerca del gruppo e il polo produttivo alessandrino di Spinetta Marengo, e utilizzata per realizzare delle nuove batterie green, sarà sviluppata in Francia e non in Piemonte dove avrebbe potuto assicurare lavoro e investimenti a Spinetta Marengo.
Certo, le condizioni sul territorio non hanno paragoni. In Francia gli investimenti sono iniziati con l’apertura di un laboratorio a secco nel centro di ricerca Solvay vicino a Parigi, seguito da una nuova linea pilota di ricerca e sviluppo a La Rochelle. Grazie a finanziamenti da parte delle regioni Île-de-France e Nouvelle Aquitaine, Solvay sta guidando lo sviluppo di materiali inorganici avanzati per gli elettroliti solidi, un componente chiave delle batterie allo stato solido, e sta accelerando lo scale up di questi materiali. La piena operatività è prevista per il secondo trimestre del 2022.
Il sostegno finanziario concesso dalla Francia fa parte del programma Ipcei (Important projects of common european interest) della Commissione Europea. Inoltre, nell’ambito della European Battery Alliance, Solvay è impegnata a lavorare nella rete finalizzata «allo sviluppo delle nuove batterie per costruire un ecosistema lungo l’intera catena del valore, fornendo materiali avanzati e collaborando all’innovazione».
Questo non è l’unico fronte. Renault, fra i primi operatori del riciclo in Francia con oltre un miliardo di fatturato, ha dato vita a un business che ruota intorno all’economia circolare. Il nucleo della strategia è la Re-Factory di Flins dove Renault, con Veolia e Solvay, punta sfruttare tutto il valore delle batterie. Un primo obiettivo è l’utilizzo delle batterie la cui efficienza è scesa sotto il settanta per cento per dedicarle, per esempio, a installazioni stazionarie con sistemi di produzione di energia rinnovabile. Il secondo obiettivo è il riciclo, attraverso processi di idrometallurgia, di tutti gli elementi (litio, cobalto, manganese, rame, nickel) che costituiscono la batteria che oggi rappresenta fra il trenta e il quaranta per cento del costo dell’intero veicolo.