Altro che bonifica e barriera idraulica: è sempre più preoccupante l’inquinamento delle acque e dei pozzi della Fraschetta

di Claudio Lombardi e Michela Sericano*

 

ARPA ha reso pubbliche in data 21 e 26 ottobre (http://www.arpa.piemonte.it/news/monitoraggio-acque-sotterranee-2013-piezometri-e-pozzi-solvay-aree-interne-ed-esterne-composti-organoalogenati ) i risultati d’analisi di alcune sostanze contenute nelle acque della falda acquifera che fluisce al di sotto della piana che circonda il Polo Chimico di Spinetta Marengo e si estende da una parte verso Alessandria, dall’altra raggiunge le colline di Pietramarazzi e Montecastello. Si tratta dell’analisi dei principali solventi organo alogenati quali tetracloruro di carbonio e cloroformio,  sostanze tossiche e cancerogene ( vedi ECHA , CAS.67-66-3  e 56-23-5) per le quali il limite ISS e CSC è di 0,15 microgrammi/litro.

Orbene la relazione ARPA segnala che i due principali solventi in oggetto nell’acqua di falda interna allo stabilimento superano tale limite  fino a 1000 volte per il tetracloruro di carbonio e fino a 1400 volte per il cloroformio. La concentrazione dei due inquinanti  è estremamente elevata anche all’esterno e supera di decine di volte il limite  anche nei pozzi di controllo più lontani, quelli oltre all’abitato di Castelceriolo e riguarda non solo la falda superficiale ma interessa anche le falde più profonde. Il contenuto nell’acqua di falda di cloroformio, sostanza attualmente impiegata ed essenziale per il processo produttivo di Solvay, è  sensibilmente aumentato nel periodo aprile- giugno ( da 61 a 211 microgr/l i valori max interni allo stabilimento).

Anche il contenuto di  trielina in falda  è enormemente aumentata in tale periodo: all’interno del sito da 8,8 micr/l in aprile a 465 micr/l in giugno!

Ne derivano alcune considerazioni. Anzitutto gli aumenti di cloroformio e trielina rilevati negli ultimi mesi da ARPA sono prova  del verificarsi di perdite importanti che dagli impianti chimici dilavano nella falda acquifera e incrementano i dubbi in merito  all’efficacia di contenimento della barriera idraulica ,il dispositivo concepito per non far fuoriuscire inquinanti dal Polo Chimico.

Altra considerazione  riguarda il divieto di  utilizzo dell’acqua di falda  per ora  circoscritto ad un’area di modeste dimensioni a ridosso del polo chimico ed imposto con ordinanza comunale nel 2009.  Alla luce dei risultati di questi ultimi controlli di ARPA il divieto dovrebbe essere esteso ben oltre, molto probabilmente fino alle porte di Alessandria verso ovest e alle colline delimitate dal fiume Tanaro verso nord. Si pone in tal modo il difficilissimo problema di come irrigare le colture di questa vasta area . Ma d’altra parte è tollerabile farlo con acque che contengono sostanze pericolose e cancerogene che potrebbero trasmettersi in qualche forma ai prodotti alimentari delle coltivazioni ed allevamenti?

Quesiti angosciosi che però le pubbliche amministrazioni doverosamente devono porsi e valutare e che d’altra parte rendono palese la dimensione del disastro ecologico originato dal polo chimico gestito ora dalla multinazionale Solvay.

Solvay che, tramite comunicati stampa e dépliant che distribuisce ai cittadini della Fraschetta, assicura che l’inquinamento delle acque è sensibilmente diminuito grazie agli interventi operati e documenta tali affermazioni con diagrammi  privi di valore ( scale non congruenti con i limiti) e senza citare la fonte dei dati. D’altra parte il controllato non può essere un diligente e imparziale controllore di se stesso.

Ben diversi sono i risultati delle ricerche e controlli di ARPA. Ad esempio i dati riportati sulla relazione ARPA G07_2016_01857-001 richiesta dall’assessorato ambiente del Comune di Alessandria nel 2016  mostrano , in uno spazio temporale analogo a quello al quale fa riferimento il depliant Solvay, non già  diminuzioni dei principali solventi clorurati (Cloroformio e Tetracloruro di carbonio) ma incremento o andamento altalenate e sempre notevolmente superiore (da 30 a 500 volte) ai limiti ISS e CSC. Si può in conclusione affermare che i dati relativi al 2021  resi pubblici da ARPA  avvalorano l’assunzione che il gravissimo inquinamento delle falde acquifere non solo è rimasto tale negli ultimi anni ma è aggravato dalla presenza di PFAS, sostanze parimenti se non più pericolose dei solventi clorurati, dei fluorurati e del CrVI.

E la presenza nelle falde dei PFAS ADV e cC6O4, che sono prodotti esclusivamente da Solvay, rende proprio difficile poter credere che l’inquinamento da cloroformio o da tetracloruro di carbonio possa derivare dalla precedente gestione dello stabilimento.

 

* Legambiente Circolo Ovadese