I prezzi di concimi, gasolio ed energia, ma anche di plastiche per il confezionamento, sono arrivati alle stelle, raddoppiati e portati anche oltre il 50%. Cavalcando la crisi economica per l’emergenza sanitaria, si sta speculando sulle materie prime, mettendo in seria difficoltà la produzione agricola e zootecnica di un intero Paese, quando in realtà è il motore agroalimentare su cui si è sostenuta l’Italia per quasi due anni di pandemia. È la denuncia di Cia in merito ai rincari vertiginosi che stanno impattando, pesantemente, sui costi di produzione di milioni di imprese agricole nazionali, spinte al limite della sostenibilità e, quindi, a rischio interruzione attività.
In tutta Italia, dichiara Cia, non c’è settore al riparo. La semina e la pre-semina di grano e, quindi, la produzione 2021-2022 è in forte discussione per molte aziende. L’aumento dei prezzi della materia prima, infatti, non arriverà mai a pareggiare quello dei costi di produzione e nello specifico di concimi come il nitrato ammonico, salito a +30% (da 46 euro/qt a 75 euro/qt) e dell’urea aumentato del 40% (da 55 euro/qt a 88 euro/qt). Sostanze che sono, ovviamente, altrettanto importanti per la preparazione di gran parte dei terreni agricoli e per molte altre colture di stagione, fino a incidere su quantità e qualità del prodotto finale. Stesso discorso può farsi per il comparto zootecnico e allevatoriale. I rialzi su mais (+50%) e soia (+80%) rendono decisamente poco remunerativa la produzione di carne di qualità controllata, soprattutto dove ci sono contratti di filiera con le principali catene della Grande distribuzione. E ancora, i rincari fino al 50% su gasolio, energia e plastiche, oltre quelli sugli alimenti per gli animali, mettono ko gli allevatori di vacche da latte per i quali è già una sfida, la conquista di un aumento di almeno 5 cent al litro sul prezzo del latte.
«Siamo in una fase chiaramente speculativa – interviene Gabriele Carenini, imprenditore casalese e presidente regionale Cia Piemonte, membro di giunta nazionale di Cia – e bisogna intervenire, come l’organizzazione sostiene da tempo, lungo la catena del valore e della distribuzione. Va reso democratico il processo di redistribuzione del valore che paga il consumatore finale. Perché gli agricoltori attraggono ancora troppo poco e non hanno alcuna garanzia di reddito. Il governo vigili su quanto sta accadendo e, sempre con le istituzioni, si ragioni seriamente per la competitività delle imprese italiane e la priorità rappresentata dal reddito. Serve un vero ‘Patto di sistema’ che incentivi aggregazione, promozione unitaria, sviluppo dell’economia contrattuale, contrasto alle pratiche commerciali sleali e operatività piena dell’interprofessione. Altrimenti, dimentichiamoci il raggiungimento di standard di sostenibilità degni del Green Deal Ue».