Una bella avventura anzi quattro [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

 

È abbastanza evidente che se dovessi scegliere il sindaco della mia città sceglierei me.
Questo non per presunzione né per vanità. È solo che mi conosco abbastanza bene e so fino a dove potrei arrivare nel fare le cose; so anche che se ad un certo punto mi accorgessi di non poter fare nulla, mi solleverei dall’incarico.

Savona non è una città umana: è diabolica.
La perseveranza – che nella normalità è una benedizione – in casi eccezionali rischia di diventare una condanna.
Ho intrapreso l’avventura elettorale grazie a due amici, Maurizio e Marina.
Sono loro grato perché hanno fatto innesco, senza troppa fatica in realtà, lama di coltello in un burro che stava liquefacendosi.

In queste ultime cinque settimane ho sottratto molto tempo ai miei famigliari, quello sì. Però mi è piaciuto coinvolgerli consultandomi con loro e rendendoli partecipi delle idee che avrei messo in campo e delle parole che avrei usato per comunicarle.
Ho vissuto questa avventura come semplice cittadino, senza cambiare le mie abitudini, frequentando gli stessi posti, gli stessi bar, gli stessi amici, gli stessi allievi.

Per questa e altre ragioni non mi è pesato.
Era, nella sostanza, ciò che chiedeva Giuseppe Conte.

Ho goduto di questa avventura come insegnante perché con quegli occhiali ho appreso da ciascun confronto, da ciascun incontro, da ciascuna frase detta e non detta.
Mi sono arricchito delle conoscenze di un candidato sindaco che ha la metà dei miei anni.

Ho partecipato a questa avventura come musicista. L’armonia tra le parole e i pensieri mi risulta imprescindibile.
È l’idea di solidità e di sicurezza tra ciò che pensi e ciò che poni in essere.
Nel linguaggio comune si può definire coerenza ma limitarsi a parlare di coerenza non è abbastanza.

Ho attraversato questa avventura come idealista. Lo so, appare scontato asserire una cosa del genere però ho visto troppi volti di candidati disamorati, cristi stanchi, obbligati a impegnarsi per qualcosa in cui non credono.
È troppo profonda la mia esperienza col Don Chisciotte di Cervantes per impedirmi di andare avanti in quella direzione.

I numerosi attivisti che ho conosciuto e apprezzato mi hanno fatto sentire meno solo.

Per questa ragione nel titolo mi sono riferito non ad una ma a quattro avventure, è stata una sovrapposizione temporale che mi ha arricchito in maniera straordinaria.

Ho conosciuto anche alcuni limiti miei e di chi mi ha ascoltato.
Del resto, lo abbiamo vissuto anche tragicamente di recente, la vita è un torrente che scende a valle e trascina con sé i detriti del suo percorso.
Credo di aver affrontato in maniera onesta questo letto torrentizio. E anche in questa occasione ho ricordato a me stesso che il letto del mio torrente deve essere sempre pulito.
Solo in questo modo sono arrivato a valle con gioia e gratitudine, magari per risalire la corrente e riprovare una nuova discesa.
Con calma.