Palazzo delle Poste e Palazzo di Giustizia [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti
Inaugurato nella centralissima piazza della Libertà il 27 aprile 1941, il nostro Palazzo delle Poste fu progettato dall’architetto Franco Petrucci. Mentre gli interni presentano un affresco di Giulio Rosso, l’esterno è vivacizzato da un mosaico di Gino Severini. Si tratta di un’opera, quella di Severini, che si sviluppa su di una fascia al piano terra della facciata lunga circa 37,80 metri, alta 1 metro e 20 cm che a sua volta si divide in tre parti.
Le due ali laterali più corte a rappresentare i quattro continenti mentre la parte centrale, decisamente più lunga, rappresenta le poste. Nello specifico l’ala di sinistra evidenzia i mezzi di trasporto di terra, mare e cielo, mentre sulla destra sono evidenziati quelli più moderni come il telegrafo. Nell’atrio interno del palazzo si trova un altro mosaico di Severini di dimensioni decisamente ridotte rispetto a quello esterno. Esso rappresenta le comunicazioni via terra, cielo e mare ed è visitabile, causa la sua collocazione nell’atrio dell’ingresso, esclusivamente durante gli orari di apertura della Posta.
L’opera fu concepita e realizzata in un periodo particolarmente drammatico della nostra storia. Parliamo del periodo bellico che infuriò anche in Italia dal 1940 al 1945, infatti, fu in quel drammatico periodo che venne realizzato anche il nostro Palazzo di Giustizia. Entrambi i palazzi infatti, furono testimoni di un tempo estremamente tragico per gli alessandrini e per l’intero Paese! Chi scrive non è in grado di giudicare se quella del Severini fu un’opera minimalista o meno, resta il fatto che quei Palazzi sono sorti mentre infuriava la seconda guerra mondiale.
A proposito dello scoppio della guerra, per quanto riguarda il Palazzo di Giustizia, nel corso dell’Amministrazione di Piercarlo Fabbio (2007 – 2012) venne realizzato un incontro con la signora Marina Vicari Lerario, figlia dell’Ing. Giuseppe Vicari, per l’occasione venuta in Italia dall’Argentina. Nel corso di quell’incontro furono donate al Sindaco Fabbio, e alla biblioteca comunale, le copie delle opere realizzate in Italia dall’ing. Vicari, oltre ad una copia della pubblicazione, realizzata in Brasile, dalla figlia Marina nella quale viene raccontato, in terza persona, l’intero percorso di Vicari in Italia, soprattutto l’indomani dello scoppio della guerra che lo costrinse in Italia nel 1940 fino al suo rientro in Brasile nel 1947, dove concluse una brillante carriera. In Alessandria Vicari, tra l’altro, fu incaricato, in particolare, dell’assistenza nella realizzazione del nostro Palazzo di Giustizia.
Altra storia invece per il palazzo di via Cavour in angolo con via Faà di Bruno, attualmente sede della CGIL Camera del Lavoro, come si legge sul frontespizio. La sua storia infatti per certi versi si incrocia con quella del Palazzo delle Poste, infatti, in origine, quella di via Cavour fu la sede iniziale prima di trasferirsi nell’attuale palazzo di Piazza della Libertà. Dopo il trasferimento delle Poste nella nuova sede il palazzo di via Cavour venne utilizzato dalla Scuola Media Cavour per poi passare, come già detto, alla CGIL. Oggi, l’antico palazzo, recentemente ristrutturato e ritinteggiato, evidenzia in alto, sul rosone centrale, lo spazio entro cui, un tempo, era collocato un grande orologio, ovviamente meccanico.
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Storia del nuovo Palazzo delle Poste
Il caratteristico Palazzo Cardona, ultimo dell’isolato di S. Balbina, recava oltre alla effige di Frà Guglielmo, una bella figura di Madonna già prima e da tempo scomparsa. Da un ventennio è scomparso anche il Palazzo e con esso gran parte dell’isolato, per dar posto al nuovo Edificio delle Poste. Il nostro primo Ufficio stesso, era sorto quasi sulla Piazza, nel Palazzo Cuttica di Cassine, all’inizio di via Cavour; tutt’ora un orologio segna le ore là dove era l’ingresso della vecchia Posta: ne era direttore un noto alessandrino, Silvio Poggio.
In seguito, ai primi dell’800, si costruiva poco più oltre, all’angolo di via Faa di Bruno, il primo Palazzo delle Poste, divenuto oggi Sede della Scuola Media Cavour. Strano a dirsi dopo neppure un trentennio, il Palazzo fu ritenuto insufficiente e benché avesse ai due lati terreno comunale sufficiente per qualsiasi ampliamento, fu decisa la costruzione di una nuova Sede proprio in Piazza col sacrificio di gran parte dell’isolato si S. Balbina.
A giustificazione si parlò allora di risanamento e di abbellimento della città ed ecco pertanto nel 1935 iniziare gli esproprii per ragioni di pubblica utilità! E’ interessante a distanza di tempo seguire gli studi preliminari intorno a quel progetto che certamente non fu molto fortunato. Dapprima si era pensato di sacrificare l’intero isolato e di centrare il nuovo Palazzo in modo da creare ai lati due piazzette, come in partesi è fatto dalla parte di via Mazzini.
Si parlò anche, chissà perché, di prolungare come già un tempo, la via Dante con nuovi edifici lungo il viale, restringendo di conseguenza la bella Piazza attuale, voluta da Napoleone e che nessuno ha mai pensato di intitolare al nome suo. E nello stesso tempo si era ideata una nuova area, diremo di sfogo, di fronte alla Chiesa del Carmine sino al Vescovado! Era l’epoca quella in cui le cosiddette nostre Autorità volevano trasferire il mercato del lunedì e il mercatino del giovedì, in Piazza Garibaldi, come in effetto fu provato per qualche tempo! Alla fine si ritornò al progetto del Palazzo attuale che rimase appiccicato contro le case Mensi e Vitale, ultimo ricordo dell’isola di S. Balbina.
Non è dato ricordare il nome del progettista del Palazzo il cui disegno venne dall’Ufficio centrale di Roma; conosciamo invece il nome del mosaicista autore dei disegni che adornano l’interno e l’esterno del Palazzo: Gino Severini. Con pazienza e volontà si possono interpretare le tante discusse figurazioni che vediamo tutt’ora in Piazza: ecco infatti il colombo viaggiatore portatore di notizie fin dal tempo dell’Arca di Noè: seguono il messaggero a cavallo, la barca a vela, la locomotiva, l’aereo, il transatlantico. Sono le figurazioni dei mezzi di trasporto che si accompagnano ai casellari di smistamento e ai tubi pneumatici. Per il telegrafo vediamo i fuochi sulle montagne dei tempi antichi, la pila, gli apparecchi Morse, Baudot, Hugues e l’antenna radio. Ed ecco, raffigurate da animali diversi, le varie parti del mondo, dominate dalla lampada Marconi.
Piero Angiolini   1956