di Dario B. Caruso
L’11 settembre 2001 avvenne qualcosa che sconvolse definitivamente le coscienze di tutti. Di molti.
Era il primo pomeriggio, stavo suonando con un collega a casa sua in preparazione di un concerto che avremmo tenuto la settimana seguente.
Ci stavamo impegnando parecchio su un programma complesso ma anche divertente, per omaggiare il nostro comune maestro, venuto a mancare.
Nel bel mezzo di una sevillana, ricca di contrattempi e suoni percussivi, squilla il mio cellulare: un Nokia 6210 rosso che ancora oggi è considerato un must tra i dinosauri della tecnologia.
“Accendete la tivvù, presto – dice mia moglie con voce rotta – è successo qualcosa…”
Interrompemmo le prove e con Fabio assistemmo in diretta alla caduta della seconda Twin Tower.
Eravamo lì, tutto il mondo era lì, davanti a quelle immagini come fossimo davanti ad un film appena uscito.
Chiamai i miei genitori, istintivamente, per sapere se a casa fosse tutto a posto. Del resto perché non avrebbe dovuto? Eravamo tutti al sicuro a migliaia di chilometri dalla distruzione ma a pochi sospiri dal pianto.
Sono passati vent’anni.
Molte cose sono cambiate.
Non ci sono più le Torri Gemelle.
Tutti noi abbiamo perduto alcune delle nostre torri.
Abbiamo faticato a vederle cadere senza potersi rialzare né tantomeno poterle aiutare.
Nonostante ciò, abbiamo consolidato l’abitudine di accendere la tivvù – oggi anche il tablet e lo smartphone – per vedere cose terribili che accadono lontano da noi ma a pochi passi.
Fatico a rassegnarmi a questa modalità ma è il mondo che lo impone.