Il maltempo e le forti gelate che hanno colpito nei giorni scorsi la provincia alessandrina non hanno “risparmiato” il settore apistico. In particolare, a farne le spese il miele d’acacia, ma anche le piante di ciliegio in piena fioritura, il tarassaco, il tiglio ed il castagno in fase di germogliamento.
I danni si riscontrano soprattutto nella pianura alessandrina e nei fondivalle tanto da compromettere il futuro raccolto.
“I danni fanno prevedere un taglio fino al 30% del raccolto del miele d’acacia dove il gelo ha colpito le piante nel momento di sviluppo più avanzato, danneggiando molti germogli, da cui non si apriranno i fiori – hanno affermato il Presidente e il Direttore Coldiretti Alessandria Mauro Bianco e Roberto Rampazzo -. Sicuramente, dalle prime stime, sul territorio provinciale almeno l’80% delle aree dove è presente la pianta di Acacia è stato colpito per un danno complessivo di diversi milioni di euro a livello provinciale e complessivi 14 milioni a livello regionale”.
Le difficoltà delle api sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. In media una singola ape visita in genere circa 7.000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele: 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.
Il rischio è ora che venga incrementato ulteriormente l’arrivo massiccio di miele dall’estero che, spesso, di miele ha ben poco. A far, infatti, concorrenza al miele del territorio non è solo la Cina, ma anche l’Est Europa da cui ne proviene una gran quantità a basso costo e che non rispetta i nostri standard qualitativi.
Un danno ambientale ed economico in una situazione in cui la svolta salutista degli italiani per effetto della pandemia Covid ha portato all’aumento del 13% degli acquisti familiari di miele nel 2020 ma sugli scaffali dei supermercati italiani già più di 1 vasetto di miele su 2 viene dall’estero, con una produzione nazionale stimata pari a 18,5 milioni di chili nel 2020.
“Ai consumatori ricordiamo di leggere con attenzione l’etichetta, poiché l’indicazione d’origine è obbligatoria per il miele, e di privilegiare gli acquisti nei punti di vendita diretta in azienda o nei mercati Campagna Amica – aggiungono Bianco e Rampazzo – . Alla luce di questa situazione, è opportuno che anche l’agroindustria scelga il vero miele del territorio, attivando progetti economici di filiera che possano garantire la giusta valorizzazione del prodotto ed il lavoro degli imprenditori, e che venga resa omogena la legislazione comunitaria per non penalizzare le produzioni ottenute rispettando le rigide norme di sicurezza italiane rispetto a quelle dei Paesi con sistemi di controllo più permissivi, come avviene per il miele proveniente dalla Cina e dall’est Europa”.
Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.
In Italia esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino.
Il ruolo insostituibile svolto da questo insetto è confermato da Albert Einstein che sosteneva che “se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.