Bagni pubblici a Casale e Novi: e Alessandria? Intanto solidarietà a parrucchiere e estetiste [Le pagelle di GZL]

  di Graziella Zaccone Languzzi

 

1) I bagni pubblici (o Vespasiani, come li abbiamo sempre chiamati) sono un segno di civiltà, e ‘cartina di tornasole’ di una città. Il massimo voto va alla mozione di Ettore Bellingeri, consigliere comunale di Casale Monferrato (Lega). Su Il Monferrato cartaceo di venerdì 19 a pag.8 si legge: “Un radicale rinnovo dei bagni pubblici”. Scopro che Casale Monferrato è ancora dotata di vespasiani, vecchi e trascurati ma ci sono. La mozione di Belligeri ha lo scopo di sostituire i Vespasiani risalenti agli anni ’30 e alcuni bagni pubblici anni ’80 con strutture adeguate e moderne, utilizzabili anche per il genere femminile. Ovviammente con costante manutenzione, pulizia e igienizzazione. Come giustamente fa notare il consigliere Bellingeri, i bagni pubblici sono necessari, e mai come in questo momento di emergenza e restrizioni, con i bar e i locali chiusi. Tanto di cappello a Casale Monferrato che non elimina questo servizio, ma intende rinnovarlo e prendersene cura.
Ho voluto curiosare nel web, e ho trovato molto materiale. Leggete qui ad esempio: “Possono i bagni pubblici esprimere il progresso culturale di un paese?”
Direi di sì, ma Alessandria ha fatto prima: li ha eliminati, compreso quello posto di fronte a Palazzo Rosso, e tanti anni fa è stata eliminata la struttura vicino al cavalcavia dove le persone potevano farsi anche una doccia. Qui foto storica e pianta della struttura. Oggi tra senzatetto ed extracomunitari che si lavano alle fontanelle anche le parti intime, quella struttura vicino al cavalcavia sarebbe stata utile. Ah che bello se fossimo una città civile, dove nessuno sporca, rovina panchine, incendia cassonetti, e in cui tutti rispettano il bene pubblico…
Coraggiose quelle amministrazioni, oltre a Casale, che insistono: “A Novi Ligure i nuovi bagni pubblici custoditi e video sorvegliati”.
L’esempio di senso civico e lungimiranza che arriva dalle amministrazioni pubbliche di queste città ci sia di buon esempio.
Voto: 10

 

 

2) Covid e zona rossa. La nuova chiusura forzata per parrucchieri/e ed estetiste ha suscitato proteste più che legittime: “Chiusura parrucchieri ed estetiste in zona rossa, Cna: Danneggiati e beffati dai mancati ristori”. Mi affianco alla loro protesta, perchè ritengo questo settore un’attività produttiva essenziale e sanitaria. Avere i capelli in ordine è una questione igienica e anche di immagine: una iniezione di autostima, quindi psicologica. I parrucchieri si sono attrezzati come stabilito dai molteplici Decreti di Conte, con la prenotazione hanno mantenuto ingressi e distanze, limitano l’accesso dei clienti, e quindi rinunciando a parte dell’incasso. Per attrezzarsi hanno acquistato mantelline e asciugamani monouso, guanti, disinfettanti e mascherine da offrire alle clienti eventualmente sprovviste. Lo scorso anno mesi di chiusura forzata ci hanno costrette al ‘fai da te’, per tagloe e per tinta: e vale anche per molti uomini.
Mi sono chiesta se è stato chiusa la barberia anche a servizio dei parlamentari, difficile crederlo perché si sono sempre presentati in ordine. Eh sì, nei Palazzi della politica romana a disposizione dei parlamentari ci sono barbieri/parrucchieri, dipendenti fissi dei palazzi e strapagati (da noi). Un barbiere guadagna 136 mila euro all’anno, lo si legge qua: “Camere, salta il tetto agli stipendi d’oro: il barbiere torna ai suoi 136mila euro. I dirigenti guadagneranno più della Merkel”.
Neanche un medico guadagna tanto. I soliti privilegi di “lor signori” che non si fanno mancare nulla anche in lockdown.
Voto: 2

3) Il Papa al ritorno dal suo viaggio in Iraq ha posto in udienza questa domanda: “Chi vende le armi ai terroristi?”. Beh! Con tutto rispetto dovuto mi pare una domanda ingenua. Possibile che il Papa non sappia chi vende ai terroristi le armi, e chi i micidiali armamenti utili per mantenere guerre nei paesi più poveri della Terra? E mai possibile che il Papa non sia al corrente su quali siano i Paesi che producono armi, e chi finanzia queste industrie? Basta navigare su internet e si apre un mondo di informazioni, comprese quelle più imbarazzanti per la Chiesa di Roma: “Via Crucis, l’inchiesta di Nuzzi sul Vaticano segreto. Il Papa sa di investimenti della Chiesa usati per fabbricare armi”.
Investimenti della Chiesa cattolica in aziende per la fabbricazione di armi. È quanto emerge dal nuovo libro di Gianluigi Nuzzi “Via Crucis” che svela la difficile lotta del Papa per cambiare la Chiesa. Anche se il Papa non mi leggerà mai, credo che parlarne sia doveroso.
Cari amici lettori, anche l’Italia non solo vende ma produce armi alla grande: “A chi vende le armi l’Italia” e “Un mondo di armi: chi le fa, chi le vende, chi le compra”.
E’ business, dietro all’industria e al mercato delle armi c’è un fiume di danaro che circola e non è in atto nessuna rinuncia, nonostante l’Italia abbia una Legge, la 185/90, che è una delle più avanzate a livello internazionale sul tema, e proibisce l’esportazione di materiali di armamento verso paesi che si trovino in stato di conflitto armato, o responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani. Nonostante tutto, nel 2019 il governo Conte ha autorizzato esportazioni di sistemi militari in 84 paesi per 5,2 miliardi di euro: “Armi italiane nelle polveriere del mondo”.
Noi inviamo i nostri soldati nelle zone di conflitti e al contempo contribuiamo a mantenere tali conflitti. C’è qualcosa di sensato in tutto questo? Fatelo sapere al Papa.
Voto: 2