«Con un esercito che sa cosa deve fare, anche la peggiore emergenza la affronti in condizioni diverse. Non è assolutamente facile, ma ci siano riusciti e quando ci siamo ritrovati, per la seconda volta, in condizioni analoghe, abbiamo gestito la situazione con efficacia, in particolare rispetto alle inedite esigenze che sono man mano emerse». L’esercito è quello delle circa 1.700 persone che fanno capo alle professioni sanitarie dell’azienda ospedaliera di Alessandria. Chi parla è Lorella Gambarini, responsabile della Direzione Professioni Sanitarie (Dipsa). E l’emergenza è quella della pandemia da coronavirus. Dipsa è una struttura in staff alla direzione dell’Azienda Ospedaliera, che si occupa della programmazione, organizzazione e valutazione delle attività e del personale impegnati nell’assistenza (sono esclusi i medici). Appropriatezza, qualità, efficacia ed efficienza tecnico-operativa delle attività (dalla prevenzione, alla cura fino alla riabilitazione) sono gli obiettivi primari di una struttura che ha messo a frutto la formazione e l’addestramento del personale proprio quando si è trovata ad affrontare lo scoppio della pandemia.
«La ricerca e la formazione – racconta Lorella Gambarini – ci permettono di lavorare su evidenze scientifiche dimostrate, secondo procedure e istruzioni operative riconosciute. Prima dell’arrivo della pandemia erano entrati nuovi dipendenti, la carenza personale era stata risolta in larga misura e i problemi organizzativi si stavano risolvendo. Nessuno era preparato ad affrontare un virus nuovo come il Sars-Cov-2, ma grazie a come avevamo lavorato fino a quel momento è stato possibile fare fronte all’emergenza con la riorganizzazione e riconversione dei reparti, l’apertura di posti letto e la creazione di un modello di gestione del paziente. Grazie anche agli studi in ambito di nursing (assistenza infermieristica) è stata compresa la complessità di un paziente covid nelle diverse condizioni di gravità (terapia intensiva, semi-intensiva e degenza ordinaria). A ognuno è stato affidato un certo numero di infermieri, sulla base di studi che hanno chiarito la gestione della complessità assistenziale ed è stata affrontata per la prima volta una nuova frontiera: la comunicazione e la relazione. Il paziente covid è isolato, l’unico rapporto con il mondo esterno è rappresentato dal personale sanitario che è il solo canale di comunicazione con i familiari. Abbiamo dovuto affrontare la rivoluzione ‘culturale’ di un modo del tutto nuovo di parlare con il paziente e con la famiglia. Tutti si sono trovati di fronte alla necessità di fare fronte a una esigenza che ha comportato un inedito carico psicologico. Ma devo dire con sincerità e soddisfazione che tutti hanno risposto ai massimi livelli, il personale ha davvero fatto squadra».
Se la Direzione delle Professioni Sanitarie è stata messa a dura prova dall’arrivo del coronavirus, anche nella seconda ondata non sono mancate le sfide e le nuove situazioni da affrontare. Alla gestione dei pazienti, soprattutto durante la fase più critica autunnale, si sono infatti affiancate altre attività come l’organizzazione degli ambulatori di screening dei tamponi per il personale ospedaliero e l’ambulatorio per le vaccinazioni dei dipendenti e, successivamente, quello per i cittadini over 80 anni. «L’impegno – precisa sempre Lorella Gambarini – non è finito qui. Dall’anno scorso il personale è impegnato a garantire l’apertura dei varchi (le postazioni di ingresso in ospedale), l’incremento del personale tecnico di laboratorio in microbiologia, l’hot-spot per il Covid all’ospedale infantile. Tutto questo non sarebbe possibile senza la sinergia fra le professioni perché in un processo così complesso entrano diversi profili professionali che devono lavorare con competenza, conoscenza e strumenti comuni».
La ricerca e l’università sono le altre due parole chiave per le professioni sanitarie. Non sono una novità in assoluto perché il corso di laurea in infermieristica è uno degli storici pilastri dell’azienda ospedaliera, ma gli elementi innovativi sono la progressiva specializzazione, la partecipazione attiva a studi e ricerche, anche di profilo internazionale, l’attivazione del corso di laurea di Fisioterapia (la sede è al centro di riabilitazione ‘Borsalino’), la formazione, il tirocinio, anche degli operatori sociosanitari. Molti degli assunti dall’azienda lo hanno svolto proprio ad Alessandria e questo è un vantaggio in termini di conoscenza della struttura, dell’organizzazione, del personale.
«Adesso – sottolinea la responsabile Dipsa – la ricerca si sta ulteriormente strutturando grazie alla presenza dei referenti in ogni Dipartimento ospedaliero. Inoltre, ricordo che quasi tutti i reparti sono certificati Iso, hanno un sistema qualità e il personale è già abituato a lavorare sulla base di protocolli, manuali, evidenze scientifiche. Abbiamo specifiche linee guida da seguire che nascono da gruppi professionali multidisciplinari specifici, oltre ai percorsi diagnostici e terapeutici all’insegna della multidisciplinarietà e interdisciplinarità. E tutto con un solo obiettivo: la cura del paziente nella sua globalità, clinica, personale, relazionale».