Una nota positiva [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

 

Anche quest’anno si è consumato il rito festivaliero di Sanremo.
La Città dei Fiori ha ospitato qualche decina di artisti e addetti ai lavori, tra il clamore della Rai e il silenzio delle strade e delle case.
Essì, perché un evento di tale portata in un anno di pandemia avrebbe dovuto catturare l’80 percento di share con almeno 20 milioni di telespettatori a serata.

Invece ciò non è accaduto.
Le motivazioni sono molteplici e possono ricercarsi – almeno in parte – nelle nuove abitudini assunte dalle famiglie italiane.
L’utilizzo di nuove piattaforme on demand ha distolto la curiosità dalla TV di Stato; molti teleutenti infatti si sono appassionati a serie di vario genere e ciò ha comportato una fidelizzazione spalmata su più fronti.

In questo ultimo anno l’informazione è ulteriormente mutata.
Se la curva dei lettori di quotidiani cartacei è ormai inesorabilmente compromessa, l’informazione televisiva è altrettanto irrimediabilmente in caduta libera; si preferiscono i talk-show pseudo politici e pseudo divulgativi che ormai occupano i palinsesti pomeridiani, preserali, di prima e seconda serata, festivi compresi.
Questi contenitori, nati quali approfondimenti, finiscono per essere (senza generalizzare ma con buona approssimazione) chiacchere da bar, poco documentate e faziose.
In barba all’oggettiva comunicazione, la narrazione si riempie la bocca e si svuota di contenuti.
Da qui l’ossimoro: contenitori senza contenuto.

Ho seguito le cinque serate del Festival di Sanremo per la prima mezz’ora quindi – subodorata l’antifona – ho preferito fare zapping e ascoltare le canzoni attraverso altri canali.
Ho trovato le canzoni come sempre, alcune carine altre anonime altre ancora decisamente brutte; questa è la storia di ogni Festival.

Trovo però una nota positiva.
La canzone vincitrice ha un sapore strano: non è una melodia italianamente cantabile (“Fai rumore” – Diodato 2020), non è una canzone di stile mainstream (“Soldi” – Mahmood 2019), non è una canzone ballabile e originale (“Occidentali’s Karma” – Francesco Gabbani 2017).
Il brano “Zitti e buoni” dei Måneskin è una canzone vecchia eseguita da giovani; se mi avessero detto che si trattava di una cover probabilmente ci sarei cascato. Ed è stato piacevole vedere scorrazzare quattro pischelli (per altro molto bravi) che sprigionano l’energia e la rabbia dei vent’anni.
Bene e in controtendenza.

Tutto il resto era palco spento di idee oltreché di pubblico e abiti brutti a tal punto da fare sembrare elegante perfino Loredana Bertè.