di Dario B. Caruso
Può accadere di confondere una cosa per un’altra, scambiare una persona per un’altra, rimestare una parola per un’altra.
Abbiamo una mole di informazioni tali da giustificare l’accozzaglia che ci turbina in testa.
C’è però un limite oltre il quale conviene astenersi e astenersi significa evitare l’errore.
È la sottile differenza che passa tra ‘parlare dopo aver pensato’ e ‘pensare dopo aver parlato’: in questo frangente la proprietà commutativa non vale, gli addendi non sono interscambiabili.
È di questi giorni la clamorosa gaffe del neo nominato Sottosegretario di Stato per l’Istruzione; ha semplicemente attribuito al Sommo Poeta Dante una coppia di ottonari appartenenti al fumetto “L’Inferno di Topolino”, un classico degli anni Cinquanta.
Se il suo intento era quello di riempire le cronache, non possiamo non ammettere che la missione sia compiuta.
Temo francamente che la boutade non fosse premeditata e che l’errore nasconda (nella migliore delle ipotesi) una rinfusa mentale.
Rossano Sasso, prima di sedere sul prestigioso scranno, è stato insegnante e sindacalista.
Immaginatelo di fronte ad una classe di esagitati adolescenti declamare terzine del Signor Bonaventura in vece di Foscolo e ritornelli di Tiziano Ferro per aforismi di Oscar Wilde.
Non voglio essere da meno di colui al quale la Scuola tutta dovrà rendere conto per i prossimi mesi, forse anni.
Mi cimenterò dunque nello snocciolare alcune analoghe chicche sperando di conquistare altrettanta visibilità.
Ernest Hemingway (romanziere): “Corpo di mille balene! Io sono un cazzottatore: mangio spinaci!”
Mastro Geppetto (falegname): “Vai a casa prima del rintocco/perché quel tuo naso da becchino/a fin della licenza io tocco”
John Holmes (pornostar): “Se hai intenzione di pensare a qualcosa, pensa in ogni caso in grande”
Carlo Cracco (gastronomo): “Siate affamati, siate folli!”
Nel gioco della morra cinese Carta batte Sasso.
Fuor di metafora si potrebbe dire che la cultura vince sempre.
O forse no?