Galateri e Vochieri raccontati da don Francesco Gasparolo [ Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

 

Era il 22 giugno 1833 quando Gabriele Galateri accompagnò Andrea Vochieri al rondò per la sua fucilazione.
Ma chi era il conte Giuseppe Maria Gabriele Galateri di Genola (Savigliano 26 aprile 1762 – Suniglia 20 gennaio 1844) noto soprattutto per essere stato l’artefice della morte di Andrea Vochieri nella piazza d’armi vecchia (oggi piazza Matteotti) il 22 giugno 1833.
Beh, dal 17 maggio 1824 al 7 marzo 1838 fu il governatore di Alessandria sotto il Regno di Carlo Alberto. Nel 1833 il Galateri, che era sempre stato molto attento ai problemi dell’ordine pubblico, si distinse per efficacia e mancanza di scrupoli e fu premiato quello stesso anno con l’Ordine Supremo della Ss. Annunziata.
Per gli alessandrini dell’epoca era, come scriveva Angiolini, “un reazionario e bigotto quanto Scarpia”, e non era certamente un complimento se gli alessandrini di quel tempo coniarono l’espressione “gràm ‘mé Galateri”, per indicare il massimo della cattiveria!
  
Evidentemente però, non la pensava allo stesso modo lo storico (1) Don Francesco Gasparolo (2 giugno 1858 – 6 luglio1930) se in una sua pubblicazione datata 1929 (un anno prima della sua morte), fra l’atro, riporta le “Memorie del Luogotenente Saracco.”
Il Saracco infatti – scrive Gasparolo – fu Aiutante di Campo di Galateri, di cui ebbe la fiducia e confidenza, e ricevette da lui in consegna i suoi documenti per trascriverli.
Anche quando il Galateri aveva lasciato il servizio, ritirandosi da Alessandria, il Saracco si era fermato in Alessandria, da dove continuava a tenersi in corrispondenza, anche quando Galateri continuava per suo mezzo l’assistenza alla famiglia della vedova di Andrea Vochieri.
Un particolare quest’ultimo che getta una luce meno cruda sui trascorsi alessandrini del Galateri.
Un altro particolare poco noto riportato dal Gasparolo riguarda il medico chirurgo Tommaso Ferrari. Infatti, riporta il Gasparolo, il medico Ferrari lo curò con assidua e sapiente medicazione specialmente alla testa, in cui il Galateri riportò la ferita in Russia. Spesso i famigliari Ferrari venivano al Palazzo del Governatore, il quale si mostrava di umore gioviale ed affabile.
La ferita alla testa (riportata il 24 ottobre 1805 combattendo presso Ettingen) lo molestò per tutta la vita al punto che aveva bisogno spesso di medicazioni dal Ferrari, e in Alessandria correva la diceria che il Ferrari gli avesse applicato una parte della calotta cranica in argento.
Insomma sembrerebbe che Galateri, quel personaggio tanto odiato dai nostri vecchi, gratta gratta, alla fin fine mostrerebbe, grazie al Gasparolo, quell’aspetto umano che pensavamo ignorasse del tutto!
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Stralcio della pubblicazione a cura dell’abate don Francesco Gasparolo, riguardante il Conte Gabriele Galateri – Governatore di Alessandria.
Una pubblicazione del 1929 a cura dell’abate don Francesco Gasparolo, getta una luce assai meno cruda sul Governatore di Alessandria, Conte Gabriele Galateri.
Infatti, a proposito dell’arresto del giovane Andrea Vochieri, a cura del Gasparolo viene evidenziato che: “…avvenne quel che doveva avvenire. Al principio dell’aprile del ’33 scopertasi la trama in Alessandria, vennero eseguiti molti arresti, tra i quali quello di Andrea Vochieri, Il Governatore, come dicemmo, era in cura in Torino, e non ostante la vigilanza da lui avuta, venne avvertito dal governo centrale, di modo che interrotta la cura ritornò alla sua sede. Vochieri venne tosto arrestato.
Quindi, in una postilla del Gasparolo, lo stesso nega quanto sarebbe avvenuto durante l’incontro fra Andrea Vochieri e il Governatore riportata anche dal giornale Fra Tranquillo del 1883 (2 – foto di Tony Frisina): Non è appena degna di nostra menzione la vile calunnia inventata dell’atto compiuto dal Governatore di aver sferrato un calcio nel ventre al prigioniero nell’impeto d’ira per non aver potuto estorcere rivelazioni di complici. Sono invenzioni meritevoli dell’anima bassa dei denigratori del Governatore. E non avrebbe avuto bisogno il Vochieri di ritorcere l’atto villano di lanciar lo sputo contro lo stesso Galateri. Per aizzare il popolo – conclude il Gasparolo – non è necessario ricorrere a villane denigrazioni”.
Prosegue quindi nella difesa del Governatore sostenendo che lo stesso “…cercò ogni mezzo per ottenere dal Vochieri la denuncia di suoi complici, e nello stesso tempo salvargli la vita. Ma ogni mezzo fu inutile, e conosciuta irremovibile la volontà del Vochieri, egli si adoperò di salvare l’infelice sia di fronte alla società umana, e sia di fronte a Dio che stava per giudicarlo sul limitare della vita mortale. Negli ultimi istanti riparò al primo torto della illegale sua unione fino allora con la donna con cui conviveva. Ad opera del Galateri egli legalizzò la sua unione. …”
Subito dopo la sentenza di condanna a morte del 20 giugno, e l’effettiva fucilazione avvenuta il 22 giugno 1833, ci fu l’intervento del fratello che corse a Torino per implorare dal Re la grazia della vita; ma inutilmente. In proposito, riporta il Gasparolo, il tragico incontro tra il Re ed il fratello di Vochieri, avv. Giuseppe, supplicante in ginocchio colle lacrime agli occhi, ci fu narrato dal Cav. Vochieri di Frascarolo, nipote del Vochieri. Il Re avrebbe sempre tenuto la faccia rivolta da un’altra parte, e tenne un contegno severissimo ed inflessibile. Questo gesto di Carlo Alberto (3) però, il Gasparolo lo riportò ugualmente sia pur ritenendolo abbastanza dubbio, in quanto la narrazione l’ebbe dal nipote, per cui sarebbe lecito esservi stata qualche esagerazione.
Quale sia stato l’effettivo itinerario del tragitto dalla Cittadella alla piazza d’armi non consta in modo certo. Però il consueto itinerario – secondo il Gasparolo – non era che per la via del Seminario (oggi via Vochieri), via larga (oggi via dei Martiri), piazza reale (oggi piazza della Libertà), via della fiera vecchia (oggi via Dante), entrando nella piazza vecchia per l’arco eretto in mezzo dal lato di fronte.
Vi sono di quelli – prosegue indignato Gasparolo – che asseriscono il Galateri apposta aver scelto la via del Seminario per accrescere il dolore del condannato e della sua famiglia passando avanti la loro casa. Quando si tratta di Galateri – aggiunge indignato Gasparolo  – la malignità dei suoi odiatori incorreggibili tutto è lecito. Questa malizia è loro degna – conclude – l’itinerario era l’ordinario, e non era necessario il sceglierlo apposta.
Qualche problema però, evidentemente ci fu se il Gasparolo riporta che: “…l’esecuzione però da un lato non era facile. In Alessandria esisteva un audace manipolo di congiurati, spalleggiati da altri pronti dall’estero, e si era deciso a tentare un colpo di mano per liberare il condannato condotto alla morte. Ci volle una mano di ferro per far osservare la legge, e Galateri, non ostante tutt’altro di natura crudele come venne calunniato, si sapeva di severa e forte difesa di quanto riguardava la giustizia statale. Egli era malaticcio, tanto che appena avvenuta l’esecuzione, dovette nuovamente recarsi fuori di Alessandria”.
Questo passaggio, forse, il Gasparolo poteva anche evitarlo ma tant’è…quindi prosegue: ”il Galateri prese tutte le precauzioni perché il corteo funebre fosse circondato da nerbo numeroso di truppa, ed il Governatore prese il comando dei sodati, incamminandosi al luogo destinato, cioè alla piazza d’armi vecchia. “Giunto sull’arco , d’onde si sbocca sul campo di Marte, il cappuccino che assistevalo gli disse : siete ancora in tempo di salvare la vita, propalando! Vochieri fece solo questa risposta: andiamo! E affrettò il passo”.
Il ricordo del milanese  Sciesa “tirem inanz” – chiarisce il Gasparolo, praticamente negando la celebre frase  – rimase all’Avalle  d’imitare il noto aneddoto, come tanti altri che credette bene cercare, come altri compari del suo pari. Quindi prosegue nella sua esposizione dei fatti: ”Vochieri venne fucilato alle spalle su quel luogo di fronte all’arco (5) nella parte opposta del lato ove il viale formava una curva, detta popolarmente il rondò (il rondò era, ed è tutt’ora, l’ampio spiazzo antistante l’Arco di trionfo). Non conosciamo i particolari della tragedia svoltasi; d’altronde fu repentina, e la giustizia – conclude Gasparolo –  venne fatta”.
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1 – Foto di don Francesco Gasparolo
2 – Incontro nel carcere della Cittadella fra Andrea Vochieri e il governatore Gabriele Galateri
3 – Immagine di Carlo Alberto
4 – Monumento in marmo nei giardini della Stazione
5 – Arco di trionfo nei giardini di Piazza Matteoti di fronte al quale Vochieri venne fucilato
6 – Lapide fatta collocare dal sindaco Basile in via Vochieri