di Maurizio Oddone*
Anche quest’anno Valenza ricorda e festeggia San Massimo, il suo Santo Patrono. Ed è una ricorrenza, fortemente voluta, pur con tutte le limitazioni dovute alla drammatica emergenza sanitaria che ha cambiato nell’ultimo anno la vita di tutta la nostra comunità, e non solo. E proprio in virtù di questo la celebrazione di questa ricorrenza, prettamente nella sua forma religiosa, assume una caratterizzazione ed un significato ancora più forti. San Massimo, Vescovo di Pavia, è insieme a San Giacomo, Santo Protettore di Valenza. E la sua figura è legata alla nascita della Città. Prima di lui Valenza non c’era, c’erano solo tre piccoli borghi, tre piccoli agglomerati detti ‘delle tre sorti’, Astigliano, Monasso e Bedogno. La tradizione vuole che perché i tre centri potessero difendersi – si era in quell’epoca buia succeduta alla fine dell’Impero Romano D’Occidente con l’Italia soggetta alle invasioni dei popoli germanici – venisse fortificata una posizione strategica. E secondo la tradizione il Santo affidò ad una colomba la scelta del punto da fortificare, evidentemente contando su un’ispirazione divina. Un bue ed un asino, attaccati all’aratro vennero subito messi al lavoro nel punto in cui la colomba posò il suo volo. Leggenda o verità che sia, questa è una nostra tradizione e oggi, più che mai piace ricordarla perché è da lì che vengono le origini di una Città che nel corso del tempo, ha saputo a fare conoscere il suo nome nel mondo grazie all’ingegno, alla perseveranza, alla creatività dei suoi abitanti, superando guerre ed epidemie (ricordo soltanto il voto alla Madonna del 1572 per via della peste).
E anche adesso ci rivolgiamo a Lui perché come ai tempi in cui venne fondata la Città, la nostra comunità è in pericolo. Questa volta non sono più gli Eruli di Odoacre o gli Ostrogoti di Teodorico come in quella lontana epoca, ma è un nemico invisibile che ha portato via diversi nostri concittadini e ne ha colpiti altri. E per vincerlo occorre la collaborazione e la buona volontà di tutti.
In questo contesto possiamo leggere il ripetersi di un’altra tradizione che rinnova l’identità della nostra comunità, i ceri fioriti. Quei ceri che adorni di fiori, figure, uccelli di cera, sin dal Medioevo venivano donati a San Massimo sia dal Comune, sia dalle corporazioni delle arti e dei mestieri.
Anche oggi questo rito si ripete e il suo significato, credo, possa essere molteplice: quello dell’offerta della Città al suo Patrono per il ringraziamento di ciò che ha fatto e continua a fare guardando dall’Alto Valenza e i Valenzani, dall’altro della nostra Comunità che, con il suo Orgoglio, che è proprio sin dalle sue origini e del duro lavoro dei suoi artigiani che si sono fatti conoscere in tutto il mondo, e con la solidarietà e l’aiuto di tutti i suoi abitanti saprà superare anche questa durissima prova.
Un ringraziamento particolare a Monsignor Vescovo che ci onora oggi con la Sua presenza, alle Parrocchie Valenzane ed ai loro Sacerdoti che insieme a noi stanno compiendo questo difficile cammino verso il superamento dell’emergenza, alle Associazioni tutte che con i loro ceri fioriti a perpetrare una tradizione plurisecolare, e che costituiscono il cuore pulsante di Valenza, a tutti i componenti dell’Amministrazione e del Consiglio Comunale che partecipano al governo della Città.
*Sindaco di Valenza