Come Confcommercio provinciale condividiamo pienamente ed apprezziamo le dichiarazioni dell’Assessore Regionale al Commercio – Vittoria Poggio che ha chiesto di spostare, quantomeno al prossimo lunedì 9 novembre,l’entrata in vigore della imminente ordinanza del Ministro della Salute Speranza, con la quale verranno individuate le zone “rosse” ed “arancioni” soggette a provvedimenti molto restrittivi. Questo per consentire alle attività, ma anche ai cittadini, di aver un minimo di tempo per potersi organizzare rispetto alle nuove disposizioni.
“E’ doveroso e rispettoso – commenta il presidente Confcommercio provinciale Vittorio Ferrari – permettere ad imprese e persone di conoscere il proprio destino con un anticipo superiore alle 10-12 ore, perché possano organizzarsi a livello imprenditoriale e familiare. I bar domani sono aperti o chiusi? Oggi acquistano latte e brioches oppure no? Le scuole medie, domani, sono aperte o chiuse? I genitori che vanno a lavorare, devono chiamare la baby-sitter oppure no? Se ho un parente, una fidanzata o un genitore in un’altra Regione, domani posso andare a salutarlo oppure no? Forse ai politici sembrano scelte di poco conto, ma per le imprese e per le persone sono esigenze primarie. Chiediamo rispetto almeno per questo. Ed il rispetto si dà preavvertendo le persone con un margine di anticipo congruo”.
Inoltre, far entrare in vigore l’ordinanza non prima di lunedì prossimo, sarebbe una concreta dimostrazione di coerenza da parte del Governo, visto che lo stesso ha adottato un DPCM solo lo scorso 24 ottobre e nel quale si prevedeva una valutazione degli effetti delle misure restrittive adottate, attendere almeno i 15 giorni necessarie perché le misure introdotte possa produrre effetti.
“In una situazione così delicata– prosegue Ferrari – chiediamo che il Governo e il Ministro Speranza, nell’ordinanza che definirà le zone più a rischio, applichino concretamente quanto previsto al comma 2 degli articoli 2 e 3 del DPCM firmato nella notte, e cioè di concertare con la Regione l’esenzione delle misure più restrittive su parti del territorio piemontese, in ragione del differente andamento della curva epidemiologica, perché il nostro territorio è molto ampio e con situazioni di rischio nei contagi molto diverse. A tal proposito abbiamo chiesto formalmente al Presidente della Regione Piemonte – Alberto Cirio ed all’Assessore Poggio di farsi portavoce presso il Ministro della nostra istanza.
Non comprendiamo perché debbano chiudere attività in zone della regione dove oggettivamente i dati epidemiologici non sono drammatici e dove i rischi sono minori o addirittura assenti.
Basti pensare ad esempio alle imprese del nostro settore che sono ubicate in città che non sono certo metropoli o in piccoli paesi dove i contagi da covid-19 non hanno avuto una incidenza così rilevante. Per quale motivo devono chiudere e rischiare di fallire? Per quale motivo si deve decidere a priori che tutto il Piemonte abbia lo stesso grado di rischio quando così non è?”
Infine, da una lettura del DPCM del 3 novembre e dei vari allegati, la Confcommercio provinciale esprime forte perplessità sul fatto che, oltre ai pubblici esercizi, tra le attività in “zona rossa” che dovrebbero stare chiuse ci siano il commercio al dettaglio di abbigliamento per adulti, le calzature, le gioiellerie, le pelletterie (borse e accessori), le rivendite di mobili e complementi d’arredo, come se queste fossero state individuate come i veri “untori d’Italia”. Così non è! Queste attività, che hanno investito risorse per adeguarsi a protocolli di sicurezza che rispettano scrupolosamente, sono sicure al pari – se non più – delle altre alle quali è consentito di restare aperte, come le attività produttive.