di Graziella Zaccone Languzzi
Nei giorni scorsi sugli organi di informazione del casalese e basso vercellese si è tornato a parlare di scorie nucleari, in attesa di sapere dove sarà costruito il Deposito Nazionale Scorie Radioattive.
Ci sono discussioni in atto e ne parlerò a seguire, prima però vorrei tracciare un po’ di storia in merito a questa “tomba” ingombrante a cui pochi si interessano.
Sono anni che seguo passo a passo l’evoluzione del Deposito Unico Nazionale, perché sono sempre stata convinta che il “cimitero” nazionale delle scorie nucleari alla fine ce lo saremmo beccato noi in Piemonte, e precisamente vicino a casa nostra.
Detto questo desidero puntualizzare che non credo alla “filosofia” Nimby, vale a dire: “dovunque, ma non a casa mia”, però su questo argomento lo ripeto: “a casa mia non ce lo voglio”, e il Piemonte, la mia provincia e ciò che accade nei suoi confini sono casa mia.
Interessante questo articolo del 28 febbraio 2020 sulle Centrali esistenti in Piemonte, con l’intervista a Laura Porzio, Dirigente responsabile del Dipartimento Rischi fisici e tecnologici dell’Agenzia regionale per l’Ambiente (Struttura Semplice Radiazioni ionizzanti e Siti nucleari): “Il nucleare piemontese: da Trino fino a Saluggia”.
Deposito nazionale scorie radioattive di che si tratta?
Il Deposito Nazionale è un’infrastruttura ambientale di superficie dove saranno messi in sicurezza i rifiuti radioattivi prodotti in Italia, generati dall’esercizio e dallo smantellamento delle centrali e degli impianti nucleari, dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca.
E’ la “pattumiera” più indesiderata d’Italia e pare che a fine anno sarà svelata la mappa delle aree potenzialmente idonee ad ospitarla. Ci sono voluti trent’anni e questo “cimitero” nucleare sarebbe dovuto essere in funzione entro il 2025, qundi in teoria mancano solo cinque anni per costruire tale infrastruttura, che occuperà un’area complessiva di 150 ettari di cui 40 destinati ad un Parco Tecnologico.
Le caratteristiche del Deposito nazionale del sito dove esso sarà realizzato dovranno essere tali da garantire l’isolamento dei rifiuti radioattivi dall’ambiente per oltre 300 anni, fino al decadimento della radioattività a livelli tali da poter essere considerati trascurabili.
Il deposito delle scorie nucleari dovrà assicurare l’isolamento dalla radioattività per tre secoli. In questo sito si trovano tante informazioni.
Iniziamo da qui: durante l’alluvione del 2000 con l’inondazione del Po che colpì il casalese Oltreponte, Popolo, Terranova e nel vercellese (confinanti con il casalese) Trino, Morano, Balzola, Villanova, Coniolo, il tragico evento di estrema portata causò l’esondazione della Dora Baltea e la rottura degli argini del canale Farini, arrivando ad allagare i siti nucleari. Se le scorie liquide ad alta radioattività fossero state trascinate dalla Dora in piena al Po, gli effetti sarebbero stati devastanti per l’intera Pianura Padana.
In quell’occasione il Premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia (all’epoca presidente dell’ENEA Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) parlò di “catastrofe planetaria sfiorata”.
Questa dichiarazione non è passata certo nell’indifferenza, e mi ha portato a pensare e preoccupare. L’articolo dell’aprile 2020 la dice lunga: “Il nucleare che scorre nel fiume Po”.
Quella dichiarazione del Premio Nobel Rubbia mi è rimasta impressa, e facendo parte del C.AL.CA., storico Comitato Alluvionali del Casalese, misi da subito una “lente di ingrandimento” sulla questione nucleare in ambito calamità, visto che le centrali erano tra i confini provinciali di Alessandria e Vercelli.
Il sito nucleare di Saluggia è in riva alla Dora Baltea e a pochi Km. a valle entra nel Po, nel bel mezzo del Parco del Po e nella zona del campo pozzi a cui si attinge l’acqua potabile che viene distribuita in oltre cento Comuni del Monferrato, il rischio è sempre in agguato in caso di inondazione di inquinare un bene prezioso ed irrinunciabile che è l’acqua.
Dopo la dichiarazione di Rubbia ho raccolto negli anni un dossier in merito e molti articoli cartacei usciti su “Il Monferrato”, cito alcuni titoli del tempo: 30 marzo 2007 a firma Pier Luigi Boscaiolo – “Pozzo inquinato a Saluggia – Radionuclidi a 7 metri di profondità fuori dall’Eurex”.
20 luglio 2007 a firma Massimiliano Francia – “Lo Stato scongiuri il rischio nucleare. Dieci milioni di euro per danni ambientali e di immagine: acquedotto, Province e Comuni chiedono al Governo e alla Regione di intervenite per mettere in sicurezza il territorio”.
Nella stessa pagina una scheda dettagliata del sito nucleare di Saluggia in merito ai pozzi: “La falda inquinata a 200 metri dai pozzi”. Il 24 ottobre 2014 un articolo in prima pagina a grande titolo sempre da “Il Monferrato” : “Trino: una pattumiera nucleare?. Saranno realizzati due depositi scorie temporanei, preludio al definitivo. Che senso ha costruirli se poi bisogna abbatterli e trasferire i rifiuti in altro sito?”.
Da tempo avevo il dubbio che alla fine il Deposito unico Nazionale lo avrebbero “affibbiato” a noi tra Casale e Vercelli: il 31 dicembre saprò se ho visto giusto.
I primi no: nel lungo periodo di indecisioni, sono subentrate tante situazioni come ad esempio la consultazione preventiva delle Regioni Liguria e Basilicata che si misero di traverso. La Sardegna, che a prima vista rispettava alcuni criteri di idoneità, ha elencato in quattro pagine tutti i motivi per cui non potrà accogliere il deposito. Nel 2003 fu individuato un sito a Scanzano Jonico, come luogo più idoneo per la realizzazione del deposito nazionale, ma nel paesino lucano scoppiò la rivolta.
Nella Conferenza Unificata del 1° agosto 2019 le Regioni hanno riassunto i motivi della loro contrarietà in un documento, in quella occasione hanno ritenuto incoerente e vago il piano: “Deposito unico scorie nucleari, le Regioni bocciano il piano governativo”.
Deposito unico scorie nucleari, le Regioni bocciano il piano governativo
I criteri su dove non può essere costruito il “cimitero” nucleare: all’inizio si leggeva su riviste scientifiche che il Deposito scorie nucleari non poteva essere situato in zone alluvionali, il che dava un senso di tranquillità. Infatti il Deposito non poteva essere collocato in territori altamente urbanizzati e a rischio idrogeologico con inondazioni e frane, lontano da dighe, lontano da vulcani attivi e dormienti, lontano da zone sismiche e fabbriche pericolose e ancora, il Deposito dovrà essere costruito oltre i cinque chilometri di distanza dalla costa e comunque in zone almeno sopra i 20 metri sul livello del mare.
I criteri escludono anche località ricche di risorse nel sottosuolo, come gas, petrolio o acqua, o vicine ad aeroporti, poligoni di tiro. Il Deposito si dovrà trovare almeno a un chilometro da autostrade e ferrovie principali, lontano dai centri abitati, habitat protetti, monumenti storici e coltivazioni agricole di qualità, questo elenco vale per la sua esclusione e così sarebbero i criteri stabiliti. L’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha già fatto questo esame delle possibilità o meno e all’inizio del 2015 ha consegnato la carta ricevendo la mappa da Sogin (società incaricata del decommissioning nucleare) che l’ha integrata e infine consegnata al Mise.
Il ministero avrebbe già l’elenco dei luoghi papabili, ma finora lo ha tenuto al coperto. Il motivo? In Italia negli ultimi trenta anni siamo sempre stati sotto elezioni e la politica nazionale, regionale comunale non ha mai voluto rischiare di perdere consensi, ma qualcuno dovrà pur farlo visto che siamo in ritardo, infatti l’Italia sarà “processata” dai giudici europei perché accusata di non avere ancora il deposito nucleare. Lo ha deciso la Commissione Ue, che ha deferito il Paese alla Corte europea di giustizia: abbiamo depositi radioattivi dappertutto, dal Piemonte alla Sicilia, con una concentrazione più alta di stoccaggi di scorie nucleari nel Vercellese, nell’Alessandrino, a Milano e attorno a Roma, si legge qua: “Scorie nucleari, Italia deferita dalla Ue. Ecco la mappa dei depositi”.
Comunicato il sito considerato idoneo che succede?
Giacchè non esiste in Italia un luogo che non rientri nei criteri stabiliti di sicurezza, suppongo che la scelta ricadrà sul luogo in cui il conflitto sociale e lo scontro con l’opinione pubblica sarà più basso. Questo farebbe parte delle compensazioni da offrire a chi affitterà per tre secoli i circa quindici ettari necessari al deposito a cui si dovrebbe aggiungere la creazione di migliaia posti di lavoro e diversi benefici economici al territorio. A quel punto dopo la pubblicazione, si dovrebbe aprire una fase di consultazione pubblica. Sul sito di Sogin si dichiara che la consultazione durerà quattro mesi. Regioni, Comuni e altri interlocutori, come associazioni di cittadini o di imprese, potranno dire la loro sul processo di scelta della località finale. Non sarà facile perché nonostante le promesse di posti di lavoro legati al processo di smantellamento dei siti e nonostante le compensazioni, difficilmente si riuscirà a convincere una comunità ad accettare il deposito. A mio avviso però dovranno subirlo per Decreto perché a quel punto ci penserà il Governo ad imporlo come ha fatto per il 5G.
L’ADBPO-Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume PO potrebbe negare tale manufatto in un’area a rischio?
il Comitato C.AL.CA. – Comitato Alluvionati del Casalese – l’08 febbraio 2018 (protocollo 1802/01) inviava una richiesta all’ADBPO con l’Oggetto: “Richiesta Informazioni su Rapporto ADBPO e Legge che incentiva la delocalizzazione di macchine radiogene da zone soggette a rischio alluvione”.
La richiesta era in merito alla eventuale realizzazione del Laboratorio di Ricerca DTT nel quartiere di Oltreponte in riva sinistra Po di Casale Monferrato. La risposta di ADBPO fu immediata e il data 13 febbraio 2018 a firma del Segretario Generale Meuccio Berselli, del Dirigente settore tecnico Ing. Cinzia Merli e Referente Ing. Andrea Colombo, rispondeva con il documento a cui aveva risposto anche alla Regione Piemonte (settore Difesa del Suolo) che poneva le stesse domande del C.Al,CA. riporto la parte essenziale sui limiti e divieti per i territori ricadenti in fascia C: “ …In particolare per quanto riguarda gli stabilimenti e gli impianti a rischio di incidenti rilevanti e gli impianti con materiali radioattivi, l’Art.38ter delle NA del PAI al comma 3 prevede che l’Autorità di Bacino incentivi, ovunque possibile, la delocalizzazione degli esistenti impianti e depositi al di fuori dalle fasce fluviali, quindi anche fuori della fascia C.
Dalla lettura delle suddette disposizioni emerge che questa Autorità non può in alcun modo ritenere ammissibile la realizzazione di nuovi impianti del tipo di quelli a cui l’articolo 38ter delle NA del PAI preesistenti incentivandone la delocalizzazione al di fuori di tutte le tre Fasce fluviali, implicitamente precludendo la possibilità di realizzarne di nuovi. Per quanto concerne la previsione di verifiche di compatibilità essa riguarda gli impianti preesistenti, la cui permanenza nelle fasce fluviali è stata ammessa esclusivamente in via temporanea nelle more dell’attivazione dei siti nazionali per lo stoccaggio delle scorie radioattive, prevista dalle norme vigenti. Tale verifica, invero ha lo scopo di minimizzare, nelle more della loro delocalizzazione, la vulnerabilità degli impianti presenti rispetto agli eventi alluvionali per prevenire gli effetti dannosi sul territorio e sulle acque”.
Questo sta scritto, vedremo se sarà rispettato, d’altra parte ciò che è accaduto in Piemonte lo scorso fine settimana credo proprio che il Piemonte non sia in grado di ospitare un rischio di quel genere che deve conservarsi intatto per 300 anni, e non esiste al mondo un sito sicuro dove stoccare rifiuti radioattivi, prima o dopo l’acqua ci arriva. La testimonianza della fragilità della nostra Regione, 03 ottobre 2020: “Maltempo. La situazione in Piemonte: 11 dispersi e un morto. Il Presidente della Regione chiede lo stato d’emergenza”.
“Volontari Cercansi”. Veniamo a ciò che accade in questi giorni, e che fa tanto discutere: sarà la Sogin a dover condurre le trattative bilaterali nel raccogliere le manifestazioni d’interesse, non vincolanti, da parte delle Regioni e degli Enti Locali…per la serie: “volontari fatevi avanti”.
Difficilmente un Sindaco o un Presidente di Regione sgomiterà per accaparrarsi il Deposito delle scorie nucleari. A quel punto Sogin dovrà aprire negoziati diretti con tutte le località adatte. E se anche questi fallissero suppongo che passeranno ad un tavolo nazionale che come già scritto risolverà il tutto con un Decreto impositivo. Data la “materia indigesta”, sarà un braccio di ferro vero e proprio ma attenzione, a fine settembre un candidato si è fatto avanti e forse sarà unico in Italia : “Nucleare-Pane: Il deposito scorie a Trino? Disposti a parlarne. Arriverebbero materiali poco radioattivi a fronte di un miliardo di investimenti”.
Il Sindaco di Trino candida il suo territorio per ospitare il futuro Deposito Nazionale delle scorie radioattive? Il Sindaco Daniele Pane chiarisce in questo modo: “Non è proprio così, io mi sono semplicemente premurato di ricordare al governo che nel Recovery Fund ci sono dei fondi che obbligano l’Italia a predisporre la CNAPI (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico) e questo dovrebbe avvenire entro il 2020. Poi ci sarebbe un anno di consultazione pubblica.
E’ una questione che va avanti da vent’anni almeno. Se poi venisse fuori che i criteri adottati, che nessuno ha mai conosciuto, non escludono l’area di Trino, a quel punto perché non sedersi attorno a un tavolo e discuterne?”. A parer mio rimane pur sempre una candidatura anche se giorni dopo il Sindaco Pane ha corretto il tiro come si legge su Il Monferrato cartaceo del 29 settembre a titolo: “Pane ritorna sul dibattito in corso. Non c’è alcuna autocandidatura della mia città” .
Le reazioni però non si sono fatte attendere dall’opposizione comunale: “Rifiuti Radioattivi: Trino non può essere sede del Deposito. Trino Futura: Affrontiamo in modo serio un tema complesso”.
Da Legambiente di Trino: “Scorie radioattive a Trino? Ci batteremo contro una proposta disgraziata”.Alla dichiarazione del Sindaco Pane: “Arriverebbero materiali poco radioattivi a fronte di un miliardo di investimenti” vorrei però fare notare che anche l’amministrazione di Casale di tanto tempo fa, nel dare il via libera ad accogliere lo stabilimento Eternit, pensava a posti di lavoro e investimenti, così è stato e per anni Casale godette di benessere, ma oggi ci chiediamo a che prezzo. Per la politica amministrativa le scelte andrebbero ponderate bene per i territori di cui sono responsabili, chiaro è che le compensazioni sono cospicue ed è dura dover rinunciarci, quindi a titolo informativo porto a conoscenza della delibera n. 52 del 24 luglio 2019.
Il CIPE ha proceduto alla ripartizione delle indennità compensative rifiuti nucleari relativi all’annualità 2017. Riporto la tabella.
Chiudo questa marcia longa con questa “chicca” del 3 giugno 2019, una notizia di cui pochi sanno e poco si sa: “Saluggia, ritrovati i misteriosi fusti risotterrati in fretta undici anni fa”.
A questa “chicca” assegno un mio titolo personale: “Il mistero nella piramide tronca” … chissà quanti di questi interramenti ci sono nel sottosuolo di un territorio che dovrebbe essere ricco di buona terra per le coltivazioni.