di Ettore Grassano
“Proviamo a guardare il bicchiere mezzo pieno? Lo so, non è facile, e non intendo certamente negare la valanga di difficoltà che abbiamo affrontato, e ancora affronteremo. Ma i commercianti stanno mostrando una grande capacità di reagire, e anche di riorganizzarsi in meglio rispetto al pre Covid: questo è l’ottimismo del fare, e sarà più forte e contagioso del virus”.
Alice Pedrazzi, direttore generale di Ascom Confcommercio in provincia di Alessandria, è reduce dalla notte di saldi del capoluogo di venerdì, Saldincittà: “una bella prova di volontà, di energia, di voglia di socialità non solo dei commercianti di Alessandria, ma di tutta la nostra comunità. E iniziative analoghe in questi giorni si stanno svolgendo in tutti i centri zona dell’alessandrino”.
Con lei proviamo a riflettere sui danni, pesantissimi, causati dal Coronavirus al commercio italiano, e ovviamente locale, ma soprattutto sulle strade da percorrere in futuro, “perché questa pandemia, sanitaria ed economica, è servita anche ad accelerare il cambiamento, e a farci toccare con mano quale sia, ad esempio, l’importanza del commercio di prossimità e vicinato, il suo valore strategico sul piano sociale e di comunità, e non solo in termini economici”.
Dottoressa Pedrazzi, un primo semestre 2020 più che complicato per il commercio alessandrino, diciamo pure drammatico. E ora, da dove ripartire?
Il Covid è stato drammatico per tutti noi, come cittadini, e la priorità assoluta per mesi è stata giustamente non ammalarsi, difendere la nostra salute e quella dei nostri cari, soprattutto gli anziani. In quei tre mesi pazzeschi, da marzo a maggio, il commercio ha sofferto in maniera particolare, al pari del turismo, ad esempio. Chiaro che le difficoltà hanno riguardato tutta l’economia del nostro paese, già appesantito da una situazione generale non florida. Ma se una fabbrica, ad esempio, può permettersi di stoccare le merci in magazzino, e rallentare o fermare la produzione, a differenza di chi ad esempio non serve una colazione o un pranzo e sa con certezza di non poterla più recuperare in futuro per chi opera nei servizi alla persona è ancora più drammatico, si tratta di passare in pochi giorni al reddito zero, con tutte le conseguenze che abbiamo sperimentato. Ma per fortuna quasi nessuno si è perso d’animo, e ai primi di giugno siamo riusciti, piano piano, a riaccendere i motori.
L’Ufficio Studi di Confcommercio ha prodotto via via in questi mesi una serie di studi e analisi non troppo confortanti: molti settori sono ripartiti al 50% del fatturato se va bene, e i più catastrofici parlano di 1/3 delle imprese a rischio chiusura….
Speriamo che alla fine i dati siano meno drammatici, ma certamente la realtà va affrontata e raccontata per quella che è. Molti settori, a cominciare dai bar e dai ristoranti, ma non solo loro, hanno subìto un vero tracollo, e la ripartenza non può essere sprint. Anche se il tutto avviene in modo difforme: in questa strana estate ad esempio a soffrire più di tutti sono le grandi città d’arte, semivuote, e i luoghi del turismo di massa in genere. Mentre nell’alessandrino, proprio perché tante persone trascorreranno i mesi estivi in zona, magari nella casa di campagna, la sera soprattutto stiamo notando un movimento che fa ben sperare. Pur con tutte le precauzioni del caso, le persone tornano ad uscire, a vivere, a consumare.
Capitolo istituzioni, locali e non: stanno facendo tutto il necessario?
(riflette, ndr) Partiamo dal locale, dalla prossimità: sia il comune di Alessandria, che gli altri dei centri zona si sono mossi con grande tempestività, e stanno facendo tutto il possibile, ovviamente in rapporto a vincoli e risorse. L’iniziativa dei dehors, in particolare, si sta dimostrando vincente, e ha consentito a tanti bar e ristoranti di ampliare gli spazi a disposizione dei clienti, rispettando le distanze di sicurezza. La domanda semmai qui è cosa succederà in autunno, quando il clima dalle nostre parti certamente non consente il dehors. Ma ci penseremo.
Regione Piemonte e Governo?
Direi di scindere decisamente i due aspetti, anche se certamente la Regione nel suo agire è vincolata da una serie di scelte dello Stato centrale. L’azione del Governo non è stata in sintonia con le esigenze delle imprese: pur avendo proclamato lo stato di emergenza a fine gennaio, a lungo è parsa evidente l’inadeguatezza dei provvedimenti. Non parlo qui dell’emergenza sanitaria ovviamente: mi riferisco proprio al confronto con gli operatori economici, che troppo spesso è mancata. Per i prossimi mesi ci auguriamo un maggior coinvolgimento soprattutto se ci si troverà nella condizione di prendere decisioni difficili. I dati italiani di questo periodo danno un quadro non riconducibile ad uno stato di emergenza: speriamo fortemente che tutte le future decisioni siano prese con grande senso di equilibrio al fine di non accrescere instabilità e insicurezza, nè di frenare ulteriormente i consumi. Ovviamente non sappiamo cosa succederà nei prossimi mesi, ma oggi parlare di emergenza sanitaria in Italia pare effettivamente eccessivo. La Regione con il Decreto RipartiPiemonte (peraltro in alcune parti contestato nei giorni scorsi proprio dal Governo, ndr), ha voluto dare un segnale concreto: sono arrivati rapidamente aiuti a fondo perduto a tante categorie legate al commercio, ed esiste per fortuna un confronto sui temi e sulle esigenze. Certamente che la delega al Commercio sia in mano a Vittoria Poggio, storica commerciante alessandrina e a lungo dirigente di Ascom Alessandria e Terziario Donna, per noi è un ulteriore aspetto positivo: ma lo è per tutto il Piemonte, perché Vittoria Poggio, da ex commerciante, ha una sensibilità sulle questioni molto forte, coglie subito il nervo scoperto. Poi certamente anche la Regione fa i conti con risorse limitate, ma la sintonia c’è, e con Torino stiamo lavorando bene.
Dottoressa Pedrazzi, parliamo di aiuti e finanziamenti alle imprese del commercio: sono efficaci, e sufficienti?
Degli aiuti a fondo perduto della Regione abbiamo detto, e la valutazione è positiva. Sul fronte statale, situazione caotica: il tax day del 16 settembre, con la scadenza unica per pagare 6 mesi di tasse arretrate, dall’irpef all’iva, ai contributi previdenziali dei dipendenti, avrebbe effetti deflagranti: e non basta, si badi bene, rinviarla di altri due mesi. Così come non ha senso obbligare le imprese a non licenziare. Ciò che serve è un vero sistema di contributi a fondo perduto, di incentivi e di interventi strutturati e strutturali per le imprese, o l’intero settore rischia di bloccarsi. Per quanto riguarda i finanziamenti, ossia il grande sistema dei prestiti agevolati, la situazione è questa: tante imprese hanno chiesto la cifra minima, ossia i 25 mila poi diventati 30 mila. E qui c’è stata la decisione, corretta, di consentire la restituzione in 10 anni. Ma i prestiti di maggior entità, per una serie di vincoli normativi europei e bancari, rimangono al momento da restituire in soli 6 anni, e questo per tante attività potrebbe essere un serio problema. Impensabile pensare che le imprese possano tornare a fare impresa indebitandosi per cifre consistenti, quelle che servono per gli investimenti necessari alla ripartenza, se poi tali cifre vanno restituite in 6 anni: il banco così rischia davvero di saltare, perché una tale capacità di rimborso non è ipotizzabile.
Capitolo saldi: dopo la ‘partenza anticipata’, ora sperate in un’estate ‘rovente’ sul fronte dei consumi?
L’anticipo dal 1 agosto al 25 luglio si poteva anche fare, ma programmandolo in modo diverso: credo che sia prevalsa a livello di Conferenza Stato Regioni la necessità di assecondare le esigenze della Lombardia, e a quel punto è chiaro che, per una regione ampliamente confinante come il Piemonte, l’imbarazzo c’era, e bisognava scegliere. Comunque sia, quel che conta è guardare avanti: l’auspicio è che le 8 settimane di saldi possano essere ampliate, per consentire un pieno recupero. Qui da noi ce la stiamo mettendo tutta, organizzando iniziative di divertimento e festa che sicuramente fanno e faranno da traino. Penso all’abbigliamento in primo luogo, ma soprattutto al fatto che le nostre città, in questi week end d’estate, possono tornare a pullulare di iniziative che, pur nel rispetto delle limitazioni Covid, torneranno ad essere vissute e partecipate.
Dopo di che, i saldi non possono essere la panacea di tutti i mali. Quel che conta, oggi, è prendere atto di come il nostro commercio, soprattutto quello di prossimità, ha saputo reagire all’emergenza sanitaria evolvendo, e mostrando ancor più la propria valenza sociale, davvero al servizio della comunità. Tra l’altro, è stata l’occasione per un’accelerazione, sul fronte dell’utilizzo delle tecnologie al servizio della clientela, di cui si parlava da anni.
Pensa in particolare al servizio della consegna a domicilio?
Quella è stata una carta vincente straordinaria, che ha fatto la differenza in mesi di estrema difficoltà e disagio, e che deve rimanere un determinante valore aggiunto: in un momento in cui anche la grande distribuzione ha ‘mostrato la corda’, il commerciante di quartiere, o cittadino, c’è sempre stato, dimostrando che esiste un’alternativa al modello Amazon, e alla massificazione dei consumi. Quel rapporto ‘diretto’ e personalizzato con il cliente credo che rimarrà, e sarà il grande valore aggiunto che questo orribile 2020 ci lascerà come eredità positiva.