La Dama con il Liocorno (Firenze 1505/1506) [Very Art – Speciale Culturavirus]

di Cristina Antoni

 

La Dama con Liocorno è un ritratto conservato alla Galleria Borghese di Roma ed attribuito a Raffaello Sanzio. La donna è rappresentata, di tre quarti (posa tipicamente leonardesca), orientata a sinistra con sguardo a destra ed è elegantemente vestita.

Indossa la ‘gumurra’, un abito femminile in voga nel Rinascimento, dipinto da Raffaello anche in altri ritratti, come Maddalena Doni o La muta.

La Dama sfoggia una bellissima collana con una preziosa pietra ed una perla, i capelli biondi, sciolti e tiene in braccio un liocorno, animale particolare ed inconsueto. Sullo sfondo un paesaggio incorniciato da due colonne. Si tratta di un’immagine semplice, con montagne e lago.

In questo dipinto si colgono anche le influenze giovanili di Piero della Francesca. Fu realizzato da Raffaello a soli 22 anni, ma il suo stile era già considerato eccelso, esempio di equilibrio, armonia e bellezza ideale.

In primo piano e nell’architettura che fa da sfondo prevalgono tonalità calde. Invece il paesaggio che si intravede sullo sfondo oltre il parapetto ha un’intonazione fredda.
Lo schema compositivo ricorda la Gioconda di Leonardo.

La storia di quest’opera è abbastanza complicata ed enigmatica.

La tavola faceva parte delle collezioni di Olimpia Aldobrandini, principessa di Rossano, che dopo essersi sposata con Paolo Borghese nel 1640, decise di far entrare a far parte delle collezioni della famiglia del consorte alcune sue importanti tele.

La prima apparizione dell’opera risale al 1682 nell’inventario Aldobrandini e parla proprio di una tavola con donna seduta con Liocorno in braccio.

Spesso nel corso dei secoli il dipinto viene confuso con un altro ritratto di Raffaello riguardante Santa Caterina di Alessandria, che è conservato alla National Gallery di Londra, perche molto simili.

La tavola in questione subì diverse ridipinture, che trasformarono la protagonista della tela da una dama di corte ad una santa. Lo storico dell’arte Roberto Longhi, autorevolissimo esperto, sosteneva che l’autore delle trasformazioni fosse un pittore fiorentino, Giovanni Antonio Sogliani e che l artista abbia messo mano sull’ opera di Raffaello nella seconda meta del 500.

Soltanto intorno al 1930 e poi con un intervento quasi chirurgico nel 1959 si procedette sul dipinto con delle indagini diagnostiche attraverso i raggi infrarossi.
Si scoprì allora che sotto la Santa vi era una dama che teneva in braccio un cagnolino. A seguire il cagnolino fu trasformato in unicorno, come simbolo di castità e di rivelazione di Dio ma non si sa se per mano dello stesso Raffaello.

Si tratta comunque di uno dei più misteriosi dipinti attribuiti al genio urbinate. Un ritratto? Un’allegoria? La presenza del mitico animale, collegata al significato simbolico dei gioielli, fa intuire che potrebbe trattarsi di entrambe le cose.

Il gioiello da osservare è molto interessante. Montatura in oro smaltato con piccole foglie, tra cui sono incastonati un piccolo smeraldo, un grande rubino ed una goccia a perla. Rappresenta probabilmente l’ allegoria della castità. Questa simbologia era usata in occasione di fidanzamenti. Secondo la leggenda il corno dell’animale purificava qualunque cosa toccasse e poteva essere catturato solo da una vergine.

Ma chi era questa dama? Probabilmente Maddalena Strozzi, dipinta poi in un dittico con il marito Agnolo Strozzi in età più avanzata. In entrambi i dipinti la dama indossa una bellissima collana molto preziosa, sicuramente un dono nuziale, che Raffaello pone in bella mostra.

Il dipinto non compare negli elenchi del Vasari perche appunto fu in qualche modo lasciato incompiuta la tela, che segui poi le vicissitudini che abbiamo illustrato.