di Dario B. Caruso
Da quando il Covid19 ha fatto capolino sul pianeta, utilizziamo (ed è bene farlo) mascherine di ogni tipo: chirurgiche, FFP2, FFP3, con valvola, senza valvola,…
Qualche giorno fa mi trovavo in coda fuori dalla panetteria; eravamo una mezza dozzina di persone, distanti ma solidali nel fare quattro chiacchiere. Discutevamo di mascherine dissertando di quali caratteristiche avesse ciascuno la propria e approfondendo i pro e i contro dell’una e dell’altra.
Pareva ci confrontassimo sull’ultimo modello di sneakers o del debutto sul mercato di una nuova utilitaria elettrica o ancora della prossima partita della nazionale di calcio.
Solo due mesi fa poteva risultare una scena di un cortometraggio di Mr. Bean o una pièce teatrale ibseniana. Invece è realtà.
Tra le altre cose la mascherina crea un disagio personale non indifferente.
Avevo un collega alcuni anni fa (oggi ormai pensionato) che soffriva di una fastidiosa alitosi. Questo disturbo comportava una gara durante le riunioni collegiali: chi fosse riuscito a guadagnare una sedia sufficientemente lontana avrebbe retto alle due ore e mezzo del Collegio senza conseguenze (avevamo valutato come distanza di sicurezza tre file posteriori, quattro anteriori e cinque sedie laterali).
Il ricordo mi è stato sollecitato scendendo da casa per gettare la spazzatura, avevo appena pranzato e mi dedicai all’operazione senza lavarmi i denti.
Pensavo fosse l’umido invece no.
A malapena rientrai in casa, in apnea guadagnai il bagno: dentifricio, spazzolino elettrico e doppia razione di listerine.
Messi da parte questi inconvenienti, il lock down ha istigato nuove forme di passatempo, maggior dilatazione dei tempi, uso consapevole e approfondito di PC e simili, conoscenza di App e utility fino a ieri ignote.
Stiamo giocando per virtualizzare ogni tipo di esperienza: scuola, cucina, pittura, bricolage, musica.
Ho immaginato una Pasquetta degli anni settanta, con sorella, mamma, papà e nonni, tutti e sei sulla FIAT 124 color verdone, il bagagliaio ricolmo con tavolino da picnic azzurro chiuso a valigetta contenente sei seggioline pieghevoli in plastica a strisce bianche, rosse e blu, borsa frigo con riso freddo, salumi e fave, altra borsa con bicchieri, posate, tovaglia, terza borsa con bottiglione di vino rosso, tre bottiglie di acqua, una bottiglia di coca cola, in fondo al bagagliaio due plaid e un pallone di gomma dura.
Dimenticavo…la radio a pile.
La radio nelle domeniche normali era sintonizzata su “Tutto il calcio minuto per minuto”.
A Pasquetta si switcciava in versione lettore di audiocassette e accompagnava il pasto, la pausa post prandiale dei nonni e i giochi di me e mia sorella con papà e mamma.
Per la Pasquetta 2020 ho inventato: via la mascherina e vai col picnic. Virtuale, però.
Esperienza utile, carica di suggestione e emotivamente formativa.
Quando sarà finito questo stravolgimento proporrò un picnic vero, come quelli di molti anni fa.
Prato, plaid, tavolino e sedie pieghevoli.
Rispolvererò il lettore di audiocassette e alla prima forchettata di riso freddo farò partire la musicassetta di Nicola di Bari.