Nell’ultima settimana, a causa dell’emergenza sanitaria, si è registrato un aumento del 65% degli acquisti di pasta e del 185% degli acquisti di farina che sono quindi praticamente triplicati con il boom di pane, pasta e dolci fatti in casa.
Per il grano la settimana scorsa si è chiusa con un balzo record del 7,4%, ossia il più grande incremento da maggio 2019: è quanto emerge da un’analisi della Coldiretti sulla base delle quotazioni al mercato future del Chicago Board of Trade, punto di riferimento del commercio mondiale delle materie prime agricole. Quotazioni, alla granaria di Milano, in leggero aumento anche per il grano tenero per il pane, comunque inferiori allo scorso anno.
Gli effetti della pandemia si trasferiscono dunque dai mercati finanziari alle produzioni agricole la cui disponibilità è diventata strategica con le difficoltà nei trasporti e la chiusura delle frontiere ma anche per la corsa dei cittadini in tutto il mondo ad accaparrare beni alimentari di base dagli scaffali di discount e supermercati.
“L’aumento delle quotazioni del grano conferma che l’allarme globale provocato dal Coronavirus ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco -. Ci sono le condizioni per rispondere alle domanda dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzione di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti”.
Il grano resta tuttavia la coltivazione più diffusa in Italia con circa trecentomila agricoltori impegnati ma la produzione potrebbe notevolmente aumentare per puntare anche all’autosufficienza con un’adeguata remunerazione della produzione nelle aree interne dove sarebbe importante per combattere lo spopolamento ed il degrado ambientale.
“Una buona notizia per una provincia come quella alessandrina a forte vocazione cerealicola, frumento tenero in particolare – aggiunge il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo -. Dove sono circa 70.000 gli ettari coltivati per una produzione media di 4,6 milioni di quintali. Ricordiamo che oggi in Italia gli agricoltori devono vendere ben 5 chili di grano tenero per potersi pagare un caffè e per questo nell’ultimo decennio è scomparso un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati ed effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente”.
L’Italia è prima in Europa e seconda nel mondo nella produzione di grano duro destinato alla pasta con una stima di 1,2 milioni di ettari seminati nel 2020 in aumento dello 0,5% con una produzione attorno ai 4,1 miliardi di chili ma forte è l’importazione dall’estero (pari a circa 30% del fabbisogno) con ben 793 milioni di chili in aumento del 260% arrivati dopo l’accordo CETA dal Canada dove non si rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese a partire dall’utilizzo dell’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale dove la maturazione avviene grazie al sole. Il raccolto di grano duro è più che sufficiente per garantire la pasta agli italiani, ma che viene integrato con le importazioni, visto che la metà della pasta prodotta è destinata all’export, ora in difficoltà per l’emergenza Coronavirus.
“A livello nazionale, le previsioni di semina del grano tenero per 2020 sono invece di 536.000 ettari circa rispetto ai 530.000 del 2019 con una produzione 2,73 miliardi di chili con le importazioni che arrivano in questo caso al 70% del fabbisogno totale”, concludono Bianco e Rampazzo.