di Graziella Zaccone Languzzi
Il titolo di questo pezzo è lo stesso della lettera pubblicata a pag.9 sul bisettimanale Il Monferrato venerdì scorso a firma di Alberto Angelino (giornalista e collaboratore della testata). Ovviamente ho chiesto l’autorizzazione all’autore. La lettera che segue serve ad esorcizzare il momento, e a donare, mi auguro, un po’ di leggerezza. Ma andiamo per ordine.
Da venti anni esatti leggo Il Monferrato nelle sue due uscite settimanali, e una pagina particolarmente interessante è quella delle lettere. Venerdì scorso una di queste mi ha colpita, e mi ha fatto pure sorridere perché ho intravisto la nuova realtà che stiamo vivendo noi anziani a causa del coronavirus. Raggiunta una certa età, anche da autosufficienti, diventiamo fragili agli occhi dei nostri figli e i ruoli si invertono. Io e mio marito siamo anche nonni e in tempo di misure restrittive veniamo tenuti sotto controllo da nostra figlia che furbescamente ha smesso di chiamarci al cell. e ci fa telefonate a sorpresa e a tutte le ore al telefono fisso di casa, che è l’unico modo per capire se stiamo obbedendo al suo divieto di uscire di casa (ben più pressante di quello governativo): e chi la sente più se non ci trova nel domicilio. Tutto il paese ha avviato misure di contenimento per adulti, giovani, bambini, e soprattutto per noi anziani, ed è un impatto non indifferente sulla nostra quotidianità. La lettera ‘calza a pennello’ per noi nonni, e mi fa piacere portarla alla lettura alla lettura di tanti che si immedesimeranno come è accaduto a me: il web ha il potere di dare ad uno scritto “l’eternità”, perché nel web nulla sparisce.
CARI NONNI, SMETTETELA DI COMPORTARVI COME ADOLESCENTI….utilizzate la saggezza dell’età!
“Ricevo un messaggio dalla mia amica Lidia, ricercatrice dell’Università di Pavia, che giustamente sta a casa perchè il suo campo di specializzazione sono i funghi e qui la partita si gioca su altri microorganismi.
“Dati di diffusione del virus alla mano ho raccomandato ai miei, tutti e due over 65, di rimanere a casa e di uscire solo per necessità. Mia mamma stamattina mi telefona dicendo di essere andata in giro per vedere come erano le misure restrittive. Poi scopro che al pomeriggio era a fare la spesa, ma al mattino era passata dal panettiere, dal farmacista, dal giornalaio e poi a comprare altre cose in un altro supermercato. Le ho chiesto come mai ha fatto tutte queste commissioni ed è andata in due supermercati differenti, visto che bastava un solo negozio per comprarle tutte. E lei ‘Beh, proprio per vedere come erano le misure di controllo!’”
E’ solo una delle tante testimonianze che arrivano dai miei amici alle prese con genitori recalcitranti ad essere posti agli arresti domiciliari. C’è chi decide di fare un salto a trovare amici (tutta gente fidata, senza Coronavirus per carità!) e si ferma per una partita a carte, c’è chi ne approfitta per fare un salto nella sua azienda e mettere un po’ d’ordine. Io non sono messo meglio: scrivo questo articolo dopo che c’è voluto un bel po’ per convincere mio padre a mettersi in modalità smart working. In compenso io sto in un dorato isolamento in una cascina della Lomellina (con la mia ragazza e due cani nel raggio di 120 ettari), giustamente sotto la raccomandazione di non uscire, anche perchè fino a una settimana fa frequentavo la metro di Milano e prima di vedere gente vorrei essere sicuro che l’unica cosa che ho preso fino ad adesso sono chili sul girovita.
Però voi genitori della generazione del dopoguerra che ci avete cresciuti “a mettiti la maglia di lana” e “asciugati bene i capelli dopo aver fatto la doccia”, che ci avete divinato l’apocalisse su quello che ci sarebbe capitato se non rimanevamo coperti (altro che Coronavirus, la broncopolmonite era assicurata). Voi che avete sigillato camere da letto in agosto (la filura!), che ci avete fatto fare viaggi su auto senza condizionatore, dove era consentita l’apertura solo del mitico deflettore (perchè non creava corrente diretta). Voi che ogni malattia che ci prendevamo era indiscutibilmente colpa nostra, perchè eravamo usciti vestiti leggeri anche se era stato due settimane prima. Adesso concedeteci il nostro turno di farvi la paternale: smettetela di comportarvi come gli adolescenti della movida. Non siate fatalisti e accettate la nostra preoccupazione. Avete la fortuna di avere la saggezza dell’età, nell’epoca di Facebook, da voi ci aspettiamo post pieni di sapere dal tinello di casa”.
Alberto Angelino
Sig. Angelino, tutto vero ciò che lei scrive, noi nati nel dopoguerra e oggi nonni pure utili per i nostri figli che devono lavorare (nel caso personale mio e di mio marito), cerchiamo di obbedire per la nostra sopravvivenza e per non dare dispiaceri a nostra figlia, che oltre a controllarci e a ripetere come un mantra “restate a casa”, per difenderci ci ha fornii di due maschere tecnologiche del tipo FFP3. Sembriamo due astronauti pronti per un viaggio nello spazio, guanti usa getta rinforzati, e se potesse ci infilerebbe pure in tute modello spaziale, anche se poi ci tedia dicendo che non dobbiamo uscire fino a nuovo ordine. Noi obbediamo, ma non è facile stare chiusi in casa con queste belle giornate. Stiamo uscendo dalla stagione invernale, e fra pochi giorni sarà primavera. La natura nonostante il coronavirus si sta risvegliando, dal balcone vedo alberi di pruno ornamentale avvolti in una nuvola di fiori rosa, e cespugli di forsizia che iniziano ricoprirsi di fiori gialli, mettendo tanta allegria e voglia di vivere. In questo periodo solo gli uccelli hanno tanta libertà, volano, cinguettano e saltellano tra gli alberi del mio giardino condominiale. Subentra la malinconia di non poter approfittare di vivere come eravamo abituati, ma la malinconia si spegne nel momento in cui lo sguardo si allunga oltre il giardino. Lì il panorama dal mio balcone cambia, ad un centinaio di metri ho di fronte l’Ospedale cittadino, vedo il Pronto Soccorso e l’Obitorio, e immagino tanta sofferenza, e gli sforzi sovraumani di medici e personale che tentano di arginare l’avanzata del virus. A quel punto penso che io e mio marito siamo fortunati, questa pesante “clausura” è nulla nei confronti di chi è là dentro che soffre, ed è a rischio vita. Come trascorrere il tempo? TV, radio, internet, ascoltare musica, leggere libri acquistati o ricevuti in regalo a Natale al momento accantonati, qualche telefonata con parenti e amici. Perderemo la primavera del 2020, ma se tutto andrà bene ne godremo nel 2021. A pensarci bene, che ci potevamo attendere da un anno bisesto?