a cura di Angelo Marenzana
La terza indagine di Dante Ferrero
Lomellino di nascita e alessandrino di adozione, Pier Emilio Castoldi è l’ospite del consueto appuntamento domenicale con ALlibri. In questa occasione l’autore consegna alla curiosità del lettore il suo ultimo romanzo, Nevica ancora su via Baxilio, pubblicato dai Frateli Frilli Editore, riproponendo ancora la figura del’investigatore Dante Ferrero, già protagonista di Nove corto (2015) e di Nebbie Mortali (2016), sempre pubblicati con lo stesso editore. E ancora una volta, palcoscenico delle vicende criminose sono la città di Tortona e il suo lato oscuro affrontato con forte drammaticità
Ed è proprio nel cortile di un palazzo di via (Franceschino da) Baxilio che viene ritrovato il cadavere di un uomo sui quarant’anni. Si tratta dell’inquilino del quarto piano. Il corpo semi nudo riverso sulla neve. L’esame autoptico riscontrerà fratture da caduta ma nessuna ferità o tracce di colluttazione.
Tutto lo classificherebbe come un caso di suicidio, ma Ferrero non la vede così, a differenza dell’Arma che lo ha archiviato in fretta come tale, forse distratta da un caso ben più eclatante: l’olandese liquidato con le modalità tipiche della criminalità organizzata.
Improvvisamente la città sembra tornare al centro di affari malavitosi e brutali regolamenti di conti, così come lo era stata anni prima, ai tempi dell’affare ”Nove corto”. Un piatto appetitoso per la bulimia poliziesca di Dante Ferrero, che fortunosamente scoprirà come le due morti si riconducono ad un’unico copione, nel quale circostanze all’apparenza irrilevanti sveleranno un disegno dai riscontri internazionali.
Una miscela sofisticata e intrigante per una storia complessa dove indizi, tracce e deduzioni si ribalteranno ad ogni pagina. Un’indagine difficile immersa nella quotidianità di una città anonima e a prima vista imperturbabile.
Buona lettura con un brano di Nevica ancora in via Baxilio di Pier Emilio Castoldi
Tortona sta provando a risvegliarsi, perfusa nel pallore di un sole dicembrino che si affaccia con fatica all’orizzonte. Tra poco, senza che nessuno se ne accorga, si leverà alto per incastonarsi come una compressa di aspirina in un cielo di cartone. Un’aspirina che proverà a sciogliere la galaverna fumigando in aria quell’umido che penetra le ossa facendoti rimpiangere una crociera ai Caraibi.
-Già! I Caraibi…- pensa tra sé Ferrero -Dove sognava di andarsene il Gaeta assieme alla sua dolce metà… quando invece neppure in mezza pensione ad Arenzano se la porta, quel pitocco!-
Fa un freddo tale che, se non fosse per la vescica incontinente del Cinese, avrebbe nicchiato ancora un paio d’ore sotto il piumone… e magari, con la Mercy accanto, si sarebbe divertito a stropicciare le lenzuola fino a sera.
Invece lì fuori fa talmente freddo ed è talmente buio che neppure i compari del bull-terrier si fanno vivi. Manco i randagi. A spasso c’è solo il tracagnotto dagli occhi a mandorla accompagnato da un padrone insonnolito che barcolla fino a trascinarsi all’edicola di fronte all’ospedale, proprio mentre alzano la serranda con un clangore d’inferno. Il tempo di acquistare una copia della Stampa e scambiar due parole, prima di cedere alle insistenze del Cinese e incamminarsi lungo via Emilia, con la fascite che gli perseguita il calcagno e i brividi di chi cova un’influenza.
Ancora non s’è schiarito, come illustrano lampioni e luminarie, quando mancano venti minuti alle sette.
Lo strusciare con le suole in para, echeggia sinistro sotto i portici, senza infastidire nessuno. Forse perché i cittadini di questa località hanno la francescana abitudine di lasciare ai pirla con bull-terrier al guinzaglio, la passerella per le vie del centro nelle ore antelucane. Passi strascicati che non sembrano disturbare neppure il Cinese, impegnato ad annusare gli spigoli dei pilastri, per poi arrestasi sulle quattro zampe come se l’avessero inchiodato.
Fortuna che al bar del Senegal servono un cappuccio da delizia, e Africa è il primo nella lista delle consegne di cornetti freschi. Croissant con scagliette al cioccolato, spremuta d’arancia e lettura svogliata del quotidiano, prima di partire alla volta della redazione.
E poi Steliana è uno spettacolo che già a quest’ora ti invoglia a far fila alla cassa per restarci sino all’ora di chiusura. Roba che gli altri bar si sognano… una cassiera dalle curve che sembrano soffiate da un artista di Murano.
Meglio rituffarsi sulla Stampa. Un’occhiata alla mezza colonna sul suicida di via Baxilio e…
Ancora quel pallino del suicida. E ancora a non spiegarsi come il Gaeta stavolta se ne freghi.
-Forse sarà malato… oppure innamorato perso!- riflette tra sé sfogliando le pagine dello sport -… o sarà che si sente troppo vecchio e senza più voglia di frantumarsi i maroni con Ferrero-.
Alè Toro! Domenica c’è il derby con i gobbi e il cuore granata tifa dalla Maratona, ora che con il ”Gallo’ si è tornati grandi, vincenti, e speranzosi di fare ai cugini il culo a strisce come le loro maglie.
«Comunque, Senegal…» dice rivolto al gestore che gli sta levando la tazzina di sotto al naso «il Gaeta lo vedo parecchio male… più scorbutico del solito, che a guardar bene, è sempre stato gentile come un mazzo di ortiche… ma adesso non so, non capisco… mi piace poco… questo suo isolarsi…»
«Che vò dire tu con mazzoortiche?» lo interpella il barista.
«Vuol direee… ma niente. Niente!» si schermisce Ferrero «Vuol dire che c’ha i cazzi suoi… e se gli va di starsene da solo…»
«E tu telefona!» ribatte, col vassoio a mezz’aria e l’espressione solare «Tra poco è Natale… e magari ha solo bisogno di sentire una voce amica…» Poi si volta verso la cassiera rumena dalle iridi mare di Olbia, e le strizza l’occhio. Ferrero si domanda se esiste una ragione, prima che lo sguardo cada sbadatamente sulle ginocchia che spuntano dalla gonna amaranto.
-Anche lei tifosa del Grande Toro- sorride tra sé apprezzandone l’eleganza.
Poi afferra il cellulare e scivola col dito nella rubrica sul nome in codice ‘Capitano Ipsilon’, e chiama, nonostante l’orologio al polso sconsigli l’operazione.