di Dario B. Caruso
Settimana intensa, quella appena trascorsa.
Ricche notizie hanno invaso i tele e radio giornali, la carta stampata e il web.
Nicola stigmatizza le affermazioni del Matteo di destra, Giorgia vola nei sondaggi mentre il Matteo di sinistra strizza l’occhiolino a Silvio il quale dice di strizzare sei volte per notte non si sa bene cosa.
Questa in sintesi la situazione politica interna.
Sul fronte estero volano venti di guerra mitigati dal vorrei ma non posso di alcuni controbattuto dal potrei ma non voglio di altri.
Per lo sport ricordo l’attacco di dissenteria che ha flagellato il Setterosa.
Sul fronte gossip campeggia una notizia di rilievo che interroga il mondo intero sulla strada che stiamo percorrendo: il Ken umano diventa Barbie.
Tutti noi – perbene e non – abbiamo seguito con attenzione e apprensione la trasformazione da uomo in bambolo ma quest’ultimo colpo di scena ci dà conferme importanti: ci sono persone che possono diventare qualsiasi cosa tranne che sani di mente.
Il vero leitmotiv dei giorni scorsi però è dato dalla decisione shock di Meghan e Harry. La coppia comunica di voler uscire dalla famiglia reale e poter lavorare come liberi cittadini qualunque.
Dopo una manfrina durata alcuni giorni la Regina accondiscende, benedice nipote e consorte e mette fine al supplizio mediatico.
Magari.
Per meglio dire apre un sequel di passione che ci accompagnerà per i prossimi (se va bene) sette otto lustri: ai due l’unica cosa che resta di reale è la reale capacità di gestire la loro immagine e i loro guadagni senza la rottura di zebedei di doversi sottoporre alla costante gogna mediatica che analizza le azioni, gli spostamenti, gli abbigliamenti, le frasi di circostanza, le smorfie, i battiti di ciglia e gli sbalzi tachicardici.
La Regina, lei è abituata a tutto ciò.
Anche noi siamo abituati a tutto ciò, l’idea che le notizie e le non notizie facciano notizia in maniera equanime ci rende meno umani e più moderni.
Fra poco saremo indifferentemente Barbie o Ken, così, ops in un attimo.
Senza il minimo sentore.