Spyphone – Il Grande Fratello nelle nostre tasche [Il Superstite 449]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

Capita a tutti. Una cena fra amici e amiche, argomenti vari d’intrattenimento, i cellulari magari lasciati sul tavolo. E il giorno dopo, sui medesimi o sui PC in ufficio, ecco arrivare proposte o suggerimenti, in genere commerciali, inerenti alle tematiche discusse.

La prima volta che capita ti vengono in mente le coincidenze o le sincronicità junghiane. In seguito, quando succede di nuovo, il sospetto è concreto: «Ma qualcuno ci spia dal cellulare?»

La risposta è: sì. Ed è un “sistema” al quale noi abbiamo delegato il potere di spiarci. Sarebbe bene correggere: ogni potere immaginabile. Ma, prima di cedere la parola a un sagace articolo di Angelo Mincuzzi, vi racconto in breve la controprova che abbiamo messo in piedi io e l’amico R.C., quello – per rinfrescare le memorie – con cui ci si saluta a suon di «Quant muntè!» e annessi.

Appuntamento in un bar tranquillo per un caffè a metà pomeriggio, cellulari accesi sul tavolo e iniziamo – per farci udire da Loro – un bel colloquio in tema, ma in rigoroso italiano. Per la cronaca di coloro che transitano nel bar, due vecchi bavosi che si confidano  esperienze erotiche a dir poco penose a causa dell’età avanzata e della ristrettezza dei mezzi fisiologici forniti da Madre Natura. Una spudorata commedia, naturalmente, sulla quale non posso scendere in particolari. Ci diamo dentro per mezz’ora, poi stroncati dalla pietà per noi stessi la molliamo lì. «Vediamo cosa troviamo nelle mail domattina», suona così il reciproco saluto.

La mia è un delirio. In offerta ci sono: prodotti per l’allungamento del pene, creme  che si chiamano “Lozione Indiana degli Dei” per trasformarti – alla lettera – nel Re Leone della camera da letto, qualsiasi tipo di varianti sul Viagra. E c’è pure spazio per qualche Svetlana o Iovanka in posa “patata bollente”, per dirla alla Feltri. Anche R. si ritrova piazzato così e la morale, se così si può chiamare, risuona adamantina: non si tratta di una leggenda, ci spiano sul serio dal cellulare, e che siano degli umani o algoritmi poco importa. La nostra privacy è un’illusione, ad arte manovrata dai Grandi Fratelli.

Vi lascio allora svagare con qualche frammento dell’articolo di Mincuzzi (che tra l’altro è stato scritto più di tre anni fa, pensate un po’ ed è leggibile in rete sul blog L’urlo) dal titolo: Il cellulare ci spia, così abbiamo consegnato le nostre vite a Google, Apple, Facebook e Amazon.

«Siamo spiati, seguiti, controllati. Sanno dove ci troviamo e sanno con chi siamo. Conoscono i nostri gusti, le nostre abitudini, le preferenze politiche, i prodotti che ci piacciono e quelli che odiamo. Di noi conoscono tutto ormai, perfino i desideri. Grazie al vostro cellulare, tablet o pc sanno che in questo momento state leggendo queste righe, sanno quanto tempo impiegherete a farlo, su quali siti vi siete soffermati prima e quali vedrete dopo, in quale città vi trovate, quale apparecchio state utilizzando. Sanno tutto di noi e conoscono molto altro ancora. Siamo costantemente filtrati, scannerizzati, analizzati. E siamo stati noi a consegnare le chiavi delle nostre esistenze ai  controllori. Loro, i guardiani silenziosi delle nostre vite, si chiamano Google, Facebook, Apple, Amazon, Microsoft, WhatsApp, Twitter. Sono i giganti del web, le Big Data companies che controllano le nostre esistenze e, spesso, sono anche in grado di orientarle.

… È inquietante lo scenario che lo scrittore Marc Dugain e il giornalista Christophe Labbé raccontano nel libro L’homme Nu – La dictature invisible du numérique, pubblicato in Francia dall’editore Robert Laffont-Plon. Dugain e Labbé approfondiscono la deriva delle grandi multinazionali del web, che controllano ormai le informazioni dell’intero pianeta… Oggi tutte le comunicazioni passano per il web e dunque è sufficiente intercettare le fibre ottiche lungo le quali i dati si muovono per impadronirsi delle informazioni, come ha rivelato l’ex agente della Nsa, Edward Snowden… Dunque, dobbiamo essere coscienti di avere costantemente una spia nelle nostre tasche, che si nasconde dentro il nostro telefono cellulare. Come un agente della trascorsa Stasi, il nostro guardiano annota e registra scrupolosamente ogni atto della nostra vita: quando guardiamo una fotografia, rivediamo un video, leggiamo un messaggio su WhatsApp, parliamo con un amico. I datori di lavoro del guardiano si chiamano Apple o Google, le società utilizzate dal 90% degli smartphone del pianeta. Gli operatori di Internet hanno compreso che la massa di informazioni che passa attraverso i loro servizi costituisce una manna finanziaria infinita, un tesoro che è sufficiente organizzare per poterlo rivendere a caro prezzo. Google, per esempio, riesce a sapere tutto di noi analizzando i nostri interessi desunti dalle ricerche che abbiamo svolto su Internet ma anche attraverso il contenuto delle nostre email, che vengono scannerizzate analizzandone le parole-chiave con il pretesto di lottare contro lo spam…

Chi pensa che tutto ciò sia un abuso delle multinazionali del web si sbaglia di grosso. Perché il bello è che siamo stati noi a dar loro l’autorizzazione a scrutare nelle nostre vite quando abbiamo risposto di sì alla domanda “Accetti le condizioni generali di utilizzo?”. Così, gli utilizzatori di Facebook – 1,4 miliardi di individui in tutto il mondo – hanno acconsentito di cedere alla società di Mark Zuckerberg la lista dei loro amici, la loro situazione sentimentale, la data di nascita, le loro foto personali e i loro centri di interesse. Facebook recupera poi altre informazioni su di noi attraverso i siti partner e utilizza uno strumento di tracciamento acquistato da Microsoft che si chiama Atlas.
Atlas consente di tracciare ciascun membro del social network ancora meglio dei cookies, quei “biscotti” che si attaccano all’indirizzo Ip del nostro computer identificando ogni nostro movimento… L’obiettivo finale è di raccogliere il maggior numero possibile di dati, anche i più insignificanti, sul singolo individuo perché prima o poi verrà individuato l’algoritmo giusto per estrarre un’informazione utile, monetizzabile oppure politicamente o socialmente interessante…  Una miniera d’oro per le web companies sono soprattutto i metadati, cioé i dati sui dati, fino a poco tempo fa considerati del tutto inutili per lo sfruttamento economico. L’enorme mole di dati che si potranno raccogliere sui singoli individui permetterà alle agenzie di intelligence di compiere un’analisi predittiva dei comportamenti dei singoli per individuare i potenziali soggetti pericolosi

Se pensate che stia per giungere una società alla Philip K. Dick, vi state sbagliando per difetto. È già arrivata. I controllori alla Minority Report stranno pianificando da tempo le nostre vite. Ci sta bene? Discutiamone. Però, giusto per riderne, sussurrate di tanto in tanto al cellulare: Quant muntè! Magari l’algoritmo schiatterà di invidia…

 

P.S. A piena conferma di quanto appena sostenuto, terminato  di   scrivere l’articolo e chiuso il file mi sono trovato in posta una procace signorina che mi scrive:  Migliora le prestazioni sessuali, piacerà non solo a te. Incrementa la tua libido e la potenza sessuale! Non pago, il sex controller mi propone una roba che è meglio del Viagra e del Cialis messi assieme. Insomma, non solo ci ascoltano, ma pure ci leggono… A (s)proposito, buon Natale!