di Enrico Sozzetti
Sullo scalo ferroviario di Alessandria la svolta, dopo anni e anni di parole e progetti a vuoto, potrebbe essere davvero a portata di mano. Questa volta lo dice Rfi (Rete ferroviaria italiana, gruppo Ferrovie dello Stato). Ed è già un importante passo in avanti dopo anni di totale assenza. Ma lo dice anche uno dei colossi del mare. Però proprio ad Alessandria ancora troppo spesso viene liquidato quanto sta avvenendo in questi mesi con una battuta e molta sufficienza.
Che all’arrivo del primo treno dal porto di Genova sia una questione di poco, non è certo vero. Ma almeno qualche fatto concreto in più esiste, così come sono disponibili le risorse per le prime, indispensabili, progettazioni.
Durante il Forum Internazionale di Cernobbio, è stato l’amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile, a parlare in modo chiaro. «A Genova – ha detto – faremo binari lunghi 750 metri a Pra’ e nel retroporto di Campasso, ma non sarà possibile farlo in altri terminal del porto. Quindi vogliamo usare Alessandria come retroporto cui inviare treni navetta dalle banchine, caricando i container sui convogli mano a mano che sono sbarcati dalle navi, portarli ad Alessandria dove saranno composti treni per le varie destinazioni italiane ed europee». L’obiettivo di Rfi è ridisegnare il reticolo dei porti e degli interporti con lo scopo di ridurre la convenienza chilometrica del treno, per portare l’ultimo miglio dei treni a cinquanta chilometri. È già possibile abbassare la soglia dei cinquecento chilometri a duecento chilometri, aumentando la lunghezza dei treni a 750 metri e rendendo più efficiente la gestione.
Nel corso di un forum organizzato dal genovese The MediTelegraph e dedicato alla logistica degli scali liguri e alla zona logistica semplificata in cui rientra anche Alessandria, è poi emerso che Psa, il principale terminalista del capoluogo, tra i big mondiali del settore, ha deciso di parlare chiaro. «Da parte nostra c’è un interesse importantissimo. È un investimento a lungo termine e per questo – le parole sono di Gilberto Danesi, amministratore delegato di Psa Genova Pra’ – siamo molto interessati: i retroporti sono fondamentali per far volare i volumi di un terminal e fornire un servizio adeguato a navi camion e a tutti gli altri operatori».
E ad Alessandria, invece, c’è chi sembra che non solo non ci creda, ma non abbia nemmeno ben chiaro quanto stia avvenendo. Con un post su Facebook dedicato allo scalo ferroviario di Alessandria, interviene Daniele Coloris, di mestiere ferroviere ed esponente per lungo tempo del Pd, che prima ricorda come lo smistamento sia quasi inutilizzato oggi (per forza, Rfi per un verso e Mercitalia dall’altro non hanno mai avuto interesse di investire sull’area), poi cita progetti mai andati a buon fine (con responsabilità anche del Pd) come «i collegamenti stradali previsti nel decennio scorso (la “bretella” che doveva collegare la tangenziale nella zona sud/Casalbagliano per favorire il trasporto intermodale)». Quindi Coloris conclude con queste parole: «Si parla, spesso, dei due (2) milioni di euro previsti come investimento… Con quella cifra, ai costi attuali, non arrivi a comprare un locomotore di media potenza e ci fai, al massimo, qualche centinaio di metri di linea di binari». E probabilmente un lettore non attento, ovviamente non esperto, sapendo che Coloris lavora in ferroviaria, ci potrebbe anche credere.
Peccato che non sia così, come spiega bene un commento al post. «I due milioni – scrive Angelo Marinoni, esperto in mobilità, logistica e trasporti e consulenza della Fondazione Slala, Sistema logistico del nord ovest d’Italia – sono per gli studi e la progettazione, non certo per il materiale di trazione che compete alle imprese ferroviarie e che non manca (la sola MR ha fatto un ordine di ulteriori quaranta E494 invertendo la tendenza al ritiro dal mercato). L’utilizzo di Alessandria come punto di formazione treni è oggetto di valutazione di Rfi, non di politici e fa molto piacere che abbia modificato una posizione (sbagliata) che aveva tenuto fino a non molto tempo fa. Esiste un forte e compatto, e non politico, gruppo di lavoro coordinato da Slala che sta producendo risultati nella vision generale della classe dirigente ai vari livelli».
Infine Marinoni conclude precisando che «il fatto che sia un percorso appena iniziato, per nulla scontato e molto accidentato (specie partendo da una infrastruttura per due terzi desolata e da riqualificare) è indubbio, ma finalmente si è partiti nella direzione giusta per cui si è liberi di essere scettici, ci mancherebbe, ma non è un obbligo».