Grigi: a Olbia prova d’orchestra, per gli ‘orgoglioni’ prova da operetta

Grigi: dal libro Cuore alla tragedia del Poseidon CorriereAldi Jimmy Barco
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Che Ghirelli, Presidente della Serie C, decida di proibire alla tifoseria mandrogna di partecipare a una trasferta come quella in terra sarda, penso sia un provvedimento dovuto. Adottato perché due giovani alessandrini, senza cultura, senza educazione e, probabilmente, con la personalità di uno sgombro decongelato decidono (loro, siamo proprio sicuri?) di strappare uno striscione dei tifosi locali in occasione della recente trasferta di Carrara e poi, come non bastasse, di venire alle mani con le forze dell’ordine. Dovuto, dicevo. Perché lo stadio non può continuare a essere terra di nessuno, un luogo pubblico dove il codice penale e quello di procedura penale sono in vacanza, sostituiti da tavole incise sulla pietra con princìpi e vocabolario validi giusto in qualche arena dell’Africa Mediterranea nel 1° Sec d.C.

 Barberis: “Al ballottaggio in Francia non avrei votato. Ad Alessandria sto con Oria Trifoglio, per dar voce anche a chi oggi non ce l’ha”. E sui Grigi…. CorriereAl 3

Il calcio è il primo sport al mondo, il secondo contribuente in Italia e sta vivendo uno sviluppo con espansione geometrica.  Troppo per offrirsi ostaggio di piccoli delinquenti da strapazzo organizzati in bande che pensano di ricattare il sistema sociale attraverso il controllo squadristico degli stadi. Certo, lo stadio senza presidi e senza regole è  un palcoscenico comodo, vulnerabile e che fa notizia. Tra l’altro saremmo già arrivati alla fine dell’ odioso  ricatto  se solo ci fosse stato più coraggio da parte di Stato, Magistratura, Forze dell’Ordine, Società sportive e sportivi in genere. Va da sé che se i due scemotti mandrogni dello “striscione strappato” hanno  deciso di rovinarsi la vita e la fedina penale in un modo così beota sono affari loro. Il problema invece, rispetto all’episodio di Carrara, è che il calcio nazionale per l’episodio in questione ha retrocesso d’ufficio Alessandria e la sua tifoseria per atti di violenza, pericolose al punto che a nessun  alessandrino è stato consentito di pagare il biglietto per potersi godere la partita a Olbia.

Dal punto di vista oggettivo sappiamo tutti che è un’ingiustizia. Fra le fortune (poche invero) di questa plaga infatti ci sta quella di poter contare su una tifoseria calcistica numerosa, seria e  appassionata, o almeno così si è rivelata negli ultimi 40 anni. Non solo. Il  popolo grigio è stato fondamentale per tenere in vita il calcio locale, vanto della città, senza trascendere, pur nei passaggi più disperati della storia del nostro club (vedi fallimento).

Ma tant’è. Agli occhi dell’Italia, per colpa di una ragazzata con finale da incubo, da mitico (e citatissimo in tutta Italia)  “Orgoglio Grigio” (diventato poi associazione) che ha contribuito n modo razionale e determinante a far rinascere una Società fallita e riportarla dove le compete a  “quelli che fanno danni in casa altrui”. Reazioni qui da noi a questa iniqua punizione? Poche e di maniera. “Non andiamo a smuovere acque melmose, che non sappiamo  quali grane andiamo a cercarci.….” avranno pensato in molti, soprattutto quelli che dovevano e potevano contestare il provvedimento.

Ma, dico io, questa “saggezza” tutta mandrogna posso anche farmela andar bene. Chi invece aveva, per statuto, ragione sociale e obiettivo irrinunciabile, il dovere, l’obbligo, la necessità di intervenire pubblicamente sulla vicenda per ristabilire l’”onore” di una tifoseria come la nostra che ha valori da vendere? Il sedicente attuale Orgoglio Grigio! Sono giorni che aspetto dai responsabili  dell’Associazione un cenno, un documento, una parola, un commento sulla triste vicenda. Non sono minchione al punto da pensare che, scorrendo i nomi dell’intero Consiglio Direttivo di Orgoglio Grigio, sia tutto da liquidare come banda di inutili incapaci, anzi. Ma un’Associazione si giudica dagli atti e dalle azioni.

Per queste ragioni chiedo al responsabile o ai responsabili di Orgoglio Grigio: in merito alle vicende di Carrara  da che parte state? Come la pensate? Perché avete smesso di rappresentare un tale patrimonio di idee, di passione, di storia e di cultura? O “L’orgoglio” lo evocate solo al ristorante assieme a giocatori e dirigenti dell’Alessandria? Orgoglio giusto nella denominazione, non certo  nella testa e nel cuore. Rappresentate oltre 1300 iscritti e su questa questione esiziale avete sentito i soci dell’Associazione, li avete coinvolti, attivati o vi siete limitati alle solite quattro chiacchere carbonare decidendo poi coraggiosamente che l’argomento era troppo peloso e scomodo per prendere una posizione? E pensare che qualcuno di voi, neanche tanto tempo fa, pur di occupare quella cadrega, ha ignorato regole statutarie, tentato congiure di palazzo e defenestrato la dirigenza precedente onesta e affidabile (salvo poi essere preso per le orecchie e richiamato a più miti consigli). E adesso, appena arraffato il privilegio di rappresentare la tifoseria grigia, vi presentate con le orecchie penzolanti degne di un cocker in gara a una mostra cinofila internazionale, l’occhio strabico e l’ugola di un tonno pinne gialle, facendo finta di non sapere cosa sia successo.  Eravate in vacanza  su Marte?

Fuori le idee dunque, la voce, gli occhi, il coraggio, gli attributi e la cultura sportiva! Ritengo che l’appello valga sia per i vertici dell’Associazione sia per i loro giornalisti di complemento! O anche stavolta sarà attivata la modalità “ha da passà a nuttata”, sperando che tra qualche giorno tutti avranno dimenticato?  Tutti, forse, tranne il sottoscritto. Di fatto posso permettermi questa sfuriata perché Orgoglio Grigio, prima di essere degradato a  confraternita da operetta, ha contribuito a vincere in tempi passati e non certo da solo, partite decisive per il calcio alessandrino. E  fra i fondatori della prima ora sapete chi c’era? Il sottoscritto. Ma guarda che sfiga qualcuno s’è chiamato addosso!

Adesso parliamo di calcio giocato. Star dietro a certe piccinerie e al festival delle occasioni mancate infatti costa troppo tempo e si evocano persone dal profilo tipico di un’ombra cinese proiettata su un telo nero. Cioè  il nulla, ambizioso però. Il divieto Ghirelli, tra l’altro, ha impedito a tanti tifosi mandrogni di presenziare domenica scorsa a Olbia, trasferta ambita e onorata.

Quello che Ghirelli non poteva sapere quando ha deciso quel provvedimento punitivo era la possibilità che l’Alessandria in Gallura potesse tirar fuori “la prestazione”. Da quando vedo giocare l’Alessandria edizione Artico-Scazzola ne ho parlato bene, mi ha infuso ottimismo fin dalle prime uscite in precampionato. Vedo giocatori motivati, che in campo si aiutano fra loro, con un rispetto in partita dei tempi giusti e degli spazi corretti,  un atteggiamento collettivo coraggioso, una maturazione puntuale, segno che in settimana si lavora con la testa e non si bada alla fatica. Segno soprattutto che stavolta chi deve sapere cosa fare lo sa e lo fa senza ricerche di alibi, scuse e bugie, come abbiamo visto e contestato nel recente passato.

Siamo alla quarta giornata, ancora presto per dare giudizi definitivi ma la strada intrapresa è quella giusta, come lo era quella imboccata da D’Angelo, Gregucci e Braglia, tecnici qui mai amati e stimati.

Adesso bisogna arrivare a uno stato di forma ottimale da parte di tutti gli elementi in organico perché alcuni giocatori importanti sono stati ingaggiati  da poco e quindi con poche sedute di allenamento. Poi si vedrà quanto e come la squadra sarà in grado di assumere una personalità collettiva decisa. Per il momento questa Alessandria, per chi conosce un po’ il calcio, è figlia del suo allenatore con un dna conclamato.

Attenzione però: anche se la stagione dovesse continuare con questa deriva  favorevole non bisogna dimenticare che durante la gestione Di Masi i problemi e le delusioni sono arrivati quando, nei momenti difficili che si nascondono sempre in una stagione agonistica lunga dieci mesi, la Società e l’ambiente non hanno mai azzeccato le mosse giuste per uscirne  e le crisi, anziché essere superate, si sono rivelate devastanti.

Adesso l’ultimo grave interrogativo: ma se la stagione passata la classe giornalistica mandrogna praticamente al completo si beveva (per poi propinarle ai propri seguaci..) tutte le bugie e le minchiate spacciate da D’Agostino e mentre  trangugiava quelle nefandezze persino annuiva con la zucca beandosi anche solo della presenza celestiale di quel mister,  adesso come si dovrebbe comportare con Scazzola? A regola, per la legge del contrappasso, questi soggetti dovrebbe ascoltare quel che dice il buon Cristiano a fine partita non più seduti sulla seggiola in sala stampa ma in ginocchio sui ceci. Sempre che l’anno passato fossero in grado di giudicare quel calcio come concepito da una serie di maialini con gli zoccoli oppure che adesso riescano a intravvedere le cose fatte per bene.

Ma non c’è pericolo: non hanno colto allora che D’Agostino è il cattivo maestro del calcio all’incontrario mentre Scazzola sarà giudicato solo dai risultati e non dalle prestazioni. I risultati infatti sono cifre semplici e asettiche. mentre valutare criticamente una prestazione prevede preparazione, studio, senso critico e, se permettete, pure un po’ di amore per il calcio…