di Enrico Sozzetti
Il workshop organizzato da Confesercenti Alessandria in collaborazione con Alexala (agenzia turistica locale), Università del Piemonte Orientale e Camera di Commercio ha avuto un merito oggettivo: iniziare a fare discutere la variegata platea di operatori del settore turistico e commerciale, che hanno affollato la sala Castellani dell’ente camerale, intorno a esperienze concrete che possono essere un valido esempio per iniziare finalmente a invertire la deriva in cui è finita la promozione del turismo negli ultimi anni. Da un lato Loreno Rossi, direttore provinciale della Confesercenti di Bologna, dall’altro Marco Novarese, direttore del master in Economia, innovazione, comunicazione e accoglienza per l’impresa turistica dell’Università del Piemonte Orientale (Dipartimento di giurisprudenza, scienze politiche, economiche e sociali) e Pasqualino Mazzoccoli, amministratore dell’Hotel Diamante di Alessandria (gruppo Csh, proprietario del marchio City Style Hotels), hanno illustrato il metodo della promozione della ‘destinazione Bologna’, il rapporto con il territorio di una struttura alberghiera che conta una media di trentamila presenze all’anno, il valore aggiunto di una formazione universitaria perché «il turismo va gestito come una impresa e non a caso». Se le parole d’ordine sono accoglienza, innovazione, investimenti e formazione, Alessandria a che punto è sul serio?
Il modello bolognese certo non va preso come esempio per i numeri (tre miliardi di fatturato, 40.000 addetti, 8.000 imprese), bensì per il metodo. «Oggi – ha sottolineato Rossi – la logica è quella della ‘destinazione turistica’ alla quale a Bologna siamo arrivati dopo anni di discussione, di divisione, di contrasto fra mille campanili. Poi nel 2016 la Regione Emilia Romagna ha approvato la legge di revisione dell’organizzazione turistica regionale e il territorio metropolitano di Bologna ha colto l’opportunità definendosi quale area vasta a finalità turistica e dando così attuazione alla legge regionale in materia di turismo. La conferenza metropolitana di Bologna del 12 maggio 2016 ha approvato la proposta di individuazione dell’ambito territoriale coincidente con il perimetro del territorio della città metropolitana, quale area vasta a finalità turistica del territorio al fine della istituzione della città metropolitana come Destinazione turistica». In questo caso la svolta è arrivata dopo una legge regionale che ha cambiato le regole del gioco. Lo ha fatto in modo chiaro e netto, al contrario di quanto avvenuto finora in Piemonte dove ogni amministrazione ha rimescolato sempre le carte, privando il territorio e gli operatori dell’elemento essenziale: la certezza delle regole. Senza quelle, e un interlocutore affidabile, quale imprenditore è pronto a investire se non trova le condizioni per programmare e pianificare?
C’è poi il nodo irrisolto del coinvolgimento degli operatori. Alessandria è sede di un master universitario, aperto, sul piano dell’ascolto, a tutti (si sono svolte tre edizioni; ha costi di adesione pari a meno di un quinto di iniziative analoghe per le quali sono necessari anche cinquemila euro per l’iscrizione). «L’interesse è crescente, ma non da parte di tutti. Gli iscritti arrivano da fuori provincia e fuori regione, il corso si può seguire on line, è all’insegna della massima flessibilità, ma gli iscritti di questa zona sono pochi». Perché un commerciante non sceglie di seguirlo, anche come semplice uditore, per migliorare le competenze? Perché non cerca uno studente del master per uno stage? Dovrebbero fare riflettere le parole di Marta Manzolli, originaria della provincia di Pavia e oggi Front desk agent di un hotel lombardo: «Arrivo da un territorio dove c’è un’università storica, ma non esiste niente di simile alla formazione universitaria turistica del Piemonte Orientale. È una offerta unica e poi il master ha un taglio molto pratico».
Analisi positiva, in termini generali, da parte di Pasqualino Mazzoccoli, che parla di «una esperienza positiva ad Alessandria (dove lavora da dieci anni, ndr)», ma anche di «difficoltà a proporre il territorio, a mettere a sistema le opportunità che esistono». E poi cita l’esempio del museo di Marengo dove è «difficile indirizzare i clienti».
Il modello bolognese deve fare riflettere per l’efficacia, dimostrata dai numeri economici, della gestione pubblico-privata, della capacità di sviluppare l’indotto (più trenta per cento di pubblici esercizi, soprattutto nel centro storico, negli ultimi cinque anni con una significativa percentuale di giovani). E anche per il corretto uso della tassa di soggiorno. «Nel resto dell’Italia serve per fare decollare il settore, qui sembra un tabù parlarne. Ci vuole volontà politica, non è certo un problema tecnico» osserva Pierluigi Prati, presidente di Alexala.
Un concetto rilanciato, in chiusura, da Manuela Ulandi, presidente provinciale di Confesercenti. «Il dialogo fra tutti gli operatori, turistici e del commercio, il confronto costante con esperienze positive, la definizione di strategie di promozione, vanno di pari passo con gli investimenti in termini di tempo, cultura, impegno quotidiano. E poi ovviamente anche di risorse fra cui c’è la tassa di soggiorno. Il fattore discriminante – dice – è l’uso della risorsa, che deve essere utilizzata per sviluppare il comparto dell’accoglienza e non per fare quadrare i conti».