I sospiri di Bombardone [Il Superstite 433]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

Diversi anni fa capitò a me e a mia moglie, da poco abitanti in una casa quasi isolata nella campagna alessandrina. Come andavamo a dormire al primo piano, accendendo quindi delle luci per qualche minuto, partivano dall’esterno, dotato di una mezza dozzina di alberi dalla fitta vegetazione, una serie di misteriosi e raggelanti “sospiri” in grado di impressionare soggetti non avvezzi come noi alle colonne sonore degli horror film. Si trattava di rumori oggettivamente impressionanti, una sorta di ansito tombale, enfisematico e prolungato, che iniziava a farsi udire pochi secondi dopo dal nostro arrivo in camera da letto. Ne parlammo col vicino, da sempre abitante del luogo che, pur avendo già intuito l’origine del rumore, si appostò una notte, giusto il tempo per scoprire che non si trattava di stolti esseri umani in vena di scherzi, ma di uno stupendo esemplare di barbagianni bianco appostato sull’albero dirimpetto alla finestra.

Il barbagianni infatti emette nottetempo un verso assai simile a un sospiro profondo e quasi asmatico che, se non riconosciuto e identificato subito, può causare in persone sprovvedute delle valutazioni a dir poco equivoche. L’episodio, di nulla importanza per quanto a suo modo divertente, richiama alla mente una delle vicende misteriose più singolari della “bassa” pavese, una terra confinante alla nostra con la quale condividiamo un ricco repertorio di folclore di pianura, in cui l’occulto, la cronaca nera e le vecchie storie contadine si mescolano sovente in affabulazioni dai percorsi inestricabili.

L’evento, risalente al settembre del 1980, si svolge nella frazione di Bombardone, vicino a Zinasco. Sono parecchi giorni ormai che centinaia di persone fanno la fila davanti a un’imponente cappella funebre all’esterno del cimitero del paese: lì sono sepolti il barone Giuseppe Weill Weiss e la consorte Giselda, ma le numerose persone che accorrono ogni calar delle tenebre alla cappella non sono fan dell’aristocrazia decaduta e deceduta quanto generici curiosi e presunti cultori del paranormale, molti armati di registratore e macchine fotografiche. Ma lasciamo la parola al giornalista Gabriele Moroni che così rievoca la storia nel suo libro Pavia magica e misteriosa (EMI Edizioni, Pavia, 1983):

“Ma chi avrebbe più ricordato il barone e la sua signora senza quegli strani rumori che qualcuno raccoglie e registra nelle torride sere dell’agosto lomellino? È un sibilo, il sospiro dei trapassati, è il loro respiro. La gente accorre a frotte e ci sono anche i medium. Uno di loro tenta il contatto con l’anima del barone e della baronessa, ma senza successo. Un’occhiata la porge anche il parroco don Antonio Lava, ma senza pronunciarsi. Esplicito invece il parere del dottor Giuseppe Gatti di Pieve Albignola che si reca alla tomba insieme con il dottor Giacomo Nai, medico condotto e ufficiale sanitario di Zinasco nonché presidente dell’Ordine dei Medici di Pavia. Il soprannaturale non c’entra – dice perentorio il Nai – Può essere il sibilo di una biscia verde. È dilemma di quei giorni: un richiamo dall’aldilà o il sibilare di un rettile, magari un brutto ma innocuo milò (serpente campagnolo meglio conosciuto come biacco) che il chiuso della cripta ha reso nervoso e asfittico. Il soprannaturale non c’entra per niente, dicono gli scettici che portano a sostegno delle loro tesi un episodio preciso: poco tempo prima ignoti hanno effettuato un tentativo di scasso nella tomba del nobile, forse attratti dalla leggenda di ricchezze nascoste con i loro proprietari; forse il sarcofago di granito è stato smosso e, se incrinato,  qualche rettile ha trovato lì il suo rifugio. Non è vero, replica chi crede ai ritorni dall’aldilà: a quarant’anni dalla sua morte, il barone vuole vendicarsi e burlarsi degli zinaschesi che non l’hanno accolto nel loro cimitero a causa delle sue origini israelitiche. Sia come sia, il furore popolare aumenta. Decine e decine di persone diverse giungono ogni sera a Bombardone. Durante il week-end il paesino con il suo cimitero immerso nei campi di alto granturco vede arrivare pletore di comitive di curiosi: intere famiglie con bambini sciamano attorno al mausoleo, coppiette, appassionati di parapsicologia, coppiette in camporella. Tutti ansiosi di avere un ricordo personale del barone tornato dal mondo dei più. Al punto che una notte un gruppo di esagitati tenta un diretto sopralluogo alla tomba e devono intervenire i carabinieri.

I cronisti, compartecipi delle veglie, raccolgono qualche testimonianza. Il sospiro c’è – dice un distinto signore giunto sul posto al volante di una Jaguar – con inspirazione ed espirazione molto nitide. Mentre una ragazza accompagnata da un’amica dichiara: A me ha fatto molta impressione, pare proprio il respiro di una persona. Poi, finalmente, una medium viene illuminata dall’altra dimensione: Angela Marangon di Sairano confida a un giornalista di essere stata in comunicazione con l’anima del barone grazie ai poteri metapsichici di cui dispone. Il barone mi ha rivelato – dice la signora e il cronista annota con diligenza – che tutto questo non sarebbe altro che una messinscena di una persona che dovrebbe trarre vantaggi dall’inattesa pubblicità di cui Bombardone gode in questi giorni. Mentre ascoltavo l’anima del nobile, ho avvertito anche la presenza della baronessa che però non è intervenuta direttamente nel dialogo. Insomma, le due anime mi hanno supplicato angosciate d’insistere presso i numerosi curiosi perché stiano lontani dalla loro tomba e le lascino in pace.

Sospiri e agghiaccianti rantoli si moltiplicano, creando un effetto domino di tremende rivelazioni. Qualcuno percepisce delle puzze ambigue e altri scorgono luci verdastre sulla cupola della cappella. Il barone compare in sogno al vicesindaco mentre la baronessa viene avvistata nelle prime ore del mattino mentre percorre con gli abiti stracciati e insanguinati i campi di mais antistanti il cimitero. L’ansia cresce e anche per i fantasmi di Bombardone si formano due partiti: gli eletti che riescono a udire i sospiri e quelli che non sentono nulla (anche perché si presentano all’ascolto sul far del mezzogiorno). Sensitivi e parapsicologi da una parte, contadini e tecnici del comune dall’altra. L’enigma viene risolto nella tarda serata del 7 settembre, dopo giorni di pellegrinaggi che hanno trasformato Bombardone in una sorta di Pietrelcina dei poveri con la manifestazione, di già, dei primi miracoli: alcuni addetti comunali ispezionano meticolosamente la tomba dell’eccentrico barone e scoprono, nascosta nell’intercapedine tra la cupola e il tetto del mausoleo, una famiglia di barbagianni, genitori e tre figlioletti.

Per la cronaca, annota ancora Moroni, si chiama Gino Forlan l’uomo che riemerge dalla tomba stringendo fra le mani i tre batuffoli bianchi. I fantasmi che per giorni e, soprattutto, notti hanno alimentato fantasie e leggende di ogni sorta sono esemplari di una specie ormai rara in terra pavese e perciò preziosa.

Tutto finito? Ma niente affatto: il mausoleo di Bombardone è ancora oggi meta notturna dei cacciatori di fantasmi, sempre alla ricerca del più tenue indizio su cui fantasticare. Perché alla fine, in queste terre di “bassa” e di confine, serve proprio poco per esorcizzare la drammatica banalità della vita. Sono luoghi dove “ci vai a vivere se vuoi sparire, lì, nella bassa più bassa schiacciata dalle nebbie, dove tutti vivono come nascosti, dove le case appaiono centripete rispetto a un centro che non esiste e che non si vede.” Non è un caso che in queste pianure alla Eraldo Baldini, dove sul serio esistono le “case dalle finestre che ridono”, fioriscano storie e nuclei leggendari che un grande scrittore tutto da riscoprire come Mino Milani ben rappresenta. Qui, come altrove, il fantasma è un’esigenza sociale. E non è un caso che sulle nebbiose strade della provincia di Pavia siano fiorite alcune delle più affascinanti storie dell’autostoppista fantasma.