Alessandria insegna quanto valgono i sorrisi che diventano un fiume [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

Torna ad Alessandria, sabato 15 giugno alle 19.30, la cena benefica ‘Un fiume di sorrisi in Cittadella’, organizzata dall’associazione ‘Un sorriso per loro’ e con il patrocinio del Comune di Alessandria. Quella del 2019 è l’edizione numero nove e ha sempre e solo un obiettivo: la raccolta di fondi a sostegno delle attività dell’ambulatorio di Labiopalatoschisi (labbro leporino) dell’ospedale infantile ‘Cesare Arrigo’ per garantire ai bambini le cure adeguate in modo completamente gratuito. L’evento alessandrino ha visto ogni anno crescere la partecipazione (nel 2018 circa 1800 persone) e il coinvolgimento di imprese e professionisti. L’associazione ‘Un sorriso per loro’ (il presidente è Marcello Canestri) ha come finalità quella di «aggregare famiglie con bambini affetti dalla patoologia per condividere le esperienze, dialogare con l’equipe e dare tutte le informazioni necessarie». Sulla pagina Facebook (https://www.facebook.com/unsorrisoperloro/) si trovano tutte le indicazioni organizzative della serata e le notizie di una attività iniziata ormai diversi anni fa.

Ma cosa vuol dire avere un bambino affetto da labiopalatoschisi? Come si affronta un problema oggi agevolmente trattato sul piano chirurgico e ricostruttivo, ma forse ancora troppo poco sul piano psicologico? Domande solo in apparenza semplici e questa volta la risposta non arriva da medici e specialisti, bensì da chi questa esperienza l’ha vissuta in prima persona. Raffaella e Matilde, rispettivamente madre e figlia, hanno deciso di raccontare tutto: i ricordi, le difficoltà, i timori, il rapporto con gli altri, l’incontro con i medici dell’ambulatorio di labiopalatoschisi, le lunghe cure.

Raffaella non nasconde l’emozione. La voce ogni tanto si incrina, mentre ripercorre le ore precedenti il parto (l’11 aprile del 2001 in un ospedale lombardo) e poi quelle immediatamente successive, quando si rende conto che qualcosa non va. «L’impatto è stato forte e pesante sotto tutti i punti di vista perché dagli esami fatti durante tutta la gravidanza non era emerso nulla. O forse non era stato visto. Inizialmente è stato difficile gestire la bambina, non abbiamo ricevuto particolare aiuto o supporto. Grazie ad alcuni consigli siamo arrivati ad Alessandria, all’ospedale infantile dove abbiamo incontrato il dottor Vaccarella e subito dopo il dottor Canestri. Il percorso di cura è iniziato il secondo giorno di vita di Matilde e stiamo terminando adesso che ha 18 anni. È un percorso lungo, ci sono gli interventi chirurgici (il primo è avvenuto l’11 settembre 2001), poi l’ortodonzia, il foniatra, la logopedia, tutte intrecciate fra loro. Insieme ad altri genitori nel 2003 abbiamo creato l’associazione dove condividiamo le storie dei bambini e dei loro sorrisi ‘speciali’. Tutti i racconti si trasformano in amicizie e in affetti come in una grande famiglia allargata, perché è così che ci sentiamo».

E Matilde? Lei ovviamente non ricorda nulla dei primi anni, ma quando ha iniziato ad andare all’asilo le sono rimeste impresse «le visite (una o due volte al mese) nell’ambulatorio ospedaliero dove i medici e il personale mi hanno sempre aiutato tantissimo e messo a mio agio». L’asilo, le scuole elementari, le superiori e «mai un problema, nessuno mi ha mai preso in giro, detto qualcosa di brutto. Solo qualche volta – racconta – mi è stato chiesto cosa è successo, sempre in modo tranquillo, per curiosità, per sapere, non per giudicare. L’unica cosa che mi ha dato fastidio è stato l’apparecchio, è pesante, però so che mi porta del bene, mi aiuta ed è giusto metterlo».

Marcello Canestri, dal canto suo, oggi non vuole tanto soffermarsi «sulle gravi complicanze che comporta questa patologia, poiché la labiopalatoschisi, grazie agli sforzi dei nostri volontari (medici, genitori e gente comune) che operano sul territorio, è conosciuta tanto quanto il nostro centro di intervento», bensì preferisce ancora una volta porre l’accento, «con un pizzico di orgoglio», su quello che definisce «un fiore all’occhiello per Alessandria, non solo per l’azienda ospedaliera, ma per tutta la città e tutto il territorio».

La labiopalatoschisi è una malformazione che si presenta come un’interruzione più o meno grande del labbro superiore, della gengiva e del palato. Si manifesta in Europa con una frequenza di un caso ogni 800-1000 nati.