Venerdì 24 maggio, alla parrocchia di San Michele, si terrà un incontro con Luca Di Tolve, quello che sostiene di essere il protagonista della canzone di Povia “Luca era gay”, attualmente a capo del “Gruppo Lot” al centro di inchieste giornalistiche (su tutte citiamo questo articolo de La Repubblica https://bit.ly/2YGRd8P) perché promuove ed esercita le terapie riparative dell’omosessualità, disconosciute e condannate dalla comunità scientifica perché prive di fondamento e pericolose per chi le subisce o vi si sottopone.
Di Tolve, autore del libro “Ero gay. A Medjugorje ho ritrovato me stesso” è solo l’ultimo strumento nelle mani di associazioni come Difendiamo i nostri figli e Movimento per la vita. Nel dicembre 2018, infatti, era stata ospite, sempre a San Michele, Gianna Jensen, donna impegnata in un tour mondiale mostrandosi come colei che, essendo sopravvissuta all’aborto, sarebbe l’emblema della gioia di vivere.
Il Movimento per la vita e tutte le associazioni antiabortiste e anti-gender, di cui abbiamo parlato lunedì 13 maggio alla Casa delle Donne insieme a Massimo Prearo dell’Università degli Studi di Verona, agiscono secondo un preciso modus operandi: lo confermano le parole di Alberto Bisio, presidente del comitato Difendiamo i nostri figli Alessandria e Valenza, quando afferma che «una testimonianza è importante. Non sono pareri di esperti ma è vita vissuta e credo che non ci sia niente di meglio per iniziare un discorso, incluso l’aborto».
Ma certo, cosa c’è di meglio di una vicenda personale strumentalizzata da quelli che sono stati definiti veri e propri gruppi d’odio, gli stessi che hanno organizzato il Congresso Mondiale delle Famiglie a Verona?
Quindi ben venga l’intervento di un uomo che parla di teorie riparative dell’omosessualità, quelle stesse teorie messe fuori legge in paesi più civili del nostro, ben venga parlare di omosessualità come se fosse una malattia, nonostante non sia più considerata tale dal 17 maggio del 1990, giorno in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha depennata dall’elenco delle malattie mentali. Ben venga che un uomo che fa disinformazione, che criminalizza una fetta di popolazione, o meglio, che considera malate, da guarire e convertire una parte della cittadinanza, abbia l’opportunità di persuadere le persone del fatto che l’omosessualità sia solo “una tendenza” o “una ferita da curare” e non un modo di essere; ben venga che questa opportunità sia sostenuta dal nostro Comune.
Sì, perché il vero nodo politico è il fatto che questo evento sia stato patrocinato dal Comune di Alessandria. In nome di cosa? Chiaramente di quanto di più abusato ci sia nell’attuale dibattito pubblico: la libertà di espressione. Ecco che ancora una volta ci troviamo costrett* a porre l’accento su quale sia la doverosa distinzione tra chi tutela diritti e chi invece vuole negarli; tra chi cerca di far passare in maniera implicita mere opinioni o vicende personali come fatti oggettivi, e chi invece si batte affinché le differenze non debbano essere continuamente messe sotto processo.
Davvero qualcuno trova giusto che, in nome di questa presunta libertà di espressione, un Comune avalli iniziative che sostengono tesi contro una buona fetta di popolazione? Un Comune non dovrebbe rappresentare anche le persone LGBT*QI+?
Seriamente è accettabile che un Sindaco patrocini il Pride – dissociandosi però dal suo contenuto – e, allo stesso tempo, patrocini un evento in cui c’è chi sostiene che le persone omosessuali siano da curare? Perché il Sindaco non si dissocia pubblicamente anche da questa tipologia di eventi, come si è premurato di fare con il Pride? E ancora, il Sindaco tanto attento al fatto di dover “unire e non dividere” pensa davvero che le persone LGBT*QI+ possano sentirsi accolte e rappresentate da un Comune che si abbassa a biechi giochi politici del tipo “io do il patrocinio a questo, quindi devo patrocinare anche quest’altro” sulla loro pelle? Speriamo solo che i terrapiattisti non si palesino chiedendo anche loro di essere patrocinati dal Comune, sarebbe davvero interessante ipotizzare la risposta del nostro “imparziale” Sindaco in merito.
Ecco quindi il nostro appello: terrapiattisti, sostenitori delle scie chimiche, rettiliani, palesatevi, è il vostro momento e Alessandria il luogo adatto a voi! La nostra città è pronta ad accogliere le idee di tutti e tutte, anche le più allucinanti e pericolose: tanto si sa che il bullismo subito quotidianamente dalle persone LGBT*QI+, le discriminazioni, i pregiudizi e la violenza dilaganti, la mancata attenzione a una corretta educazione alle differenze, sono solo invenzioni dei poteri forti e delle fantomatica e “pericolosissima lobby gay”.
Non Una Di Meno Alessandria