di Cristina Bargero
Il dibattito sulla crescita italiana successiva al dopoguerra è concorde nell’individuare un doppio motore che ha consentito al nostro paese di conoscere il noto boom economico: gli investimenti industriali e quelli in costruzioni. Alan Greenspan, del resto, sostiene che l’uscita delle dieci crisi susseguitesi negli USA dal 1949 sia sempre stata legata agli investimenti in costruzioni
Il meccanismo ha iniziato a incepparsi già negli anni 2000 e poi, con la crisi del 2008 la situazione si è aggravata. C’è un settore che più di altri ha sofferto la crisi : l’edilizia. Eppure si tratta di un comparto tutt’altro che marginale dell’economia italiana, pesando per circa il 10% sul PIL, per il 6% sull’occupazione e per il 45% sugli investimenti nazionali.
Le costruzioni hanno tradizionalmente un effetto moltiplicatore molto elevato, in quanto coinvolgono parecchi settori del manifatturiero e dei servizi. In Europa dal 2008 al 2017 si sono persi più di 3,4 milioni di posti di lavori di cui 539.000 solo in Italia
E ad Alessandria? Solo nel 2018 sono cessate 294 imprese artigiane nell’edilizia, ma se guardiamo al decennio il saldo negativo è di 1268 ( ossia -22%), mentre per il resto delle imprese è del -13%. Se sono state soprattutto le piccole imprese artigiane, di solito a carattere familiare, ad aver subito le conseguenze peggiori, a causa della contrazione della domanda privata, per le imprese di medie dimensione (ma anche per i piccoli che talora ne sono subappaltatori) ad essere penalizzante è stata la contrazione degli investimenti pubblici (-12,9 miliardi di euro nel decennio ) soprattutto per quanto riguarda i fabbricati non residenziali e le opere pubbliche,in generale. A tutto ciò si aggiungono circa 600 cantieri bloccati in tutta Italia.
Se le detrazioni fiscali a favore delle ristrutturazioni e dell’efficientamento energetico presenti nelle ultimi leggi di bilancio parevano aver ridato un po’ di ossigeno al settore, la situazione attuale, con un‘ incertezza sulle prospettive economiche generali, penalizza nuovamente l’edilizia.
Oltre che a uno sblocco dei cantieri e a una ripresa consistente degli investimenti pubblici, soprattutto da parte degli Enti Locali, sarebbe necessario e utile non solo per il settore delle costruzioni ma anche in un’ottica più generale di welfare un piano straordinario di edilizia pubblica, volto sia alla creazione di nuovi alloggi sia alla riqualificazione dell’esistente, come già accade in Germania e in Francia, dove somme considerevoli del bilancio pubblico sono destinate a tale finalità.