di Tony Frisina.
La cartolina che presento oggi riguarda una delle più grandi opere che Alessandria, nel pieno Ventennio, ha voluto e ha saputo costruire. Il Sanatorio Vittorio Emanuele III.
Le cronache dell’epoca affermano:
“Il Sanatorio Vittorio Emanuele III che fa parte di questo magnifico patrimonio di solidarietà umana ha però il privilegio di essere l’espressione sintetica di quanto bene sociale sia capace il cuore del grande benefattore di Alessandria, il senatore Teresio Borsalino, che, nel pensiero di fare opera degna del nome di Sua Maestà, ha concesso integralmente i mezzi finanziari, ha armonizzato gli spiriti, ha unito le forze, ha aumentato le energie: con massimo amore egli lo volle e con pari amore lo seppe portare a compimento.
Il Sanatorio trae le sue origini da un’adunanza della Deputazione Provinciale in data 21 febbraio 1925 quando, a celebrazione del venticinquesimo anno di regno di Sua Maestà il Re d’Italia, venne proposta ed approvata per acclamazione la costruzione di un istituto destinato al ricovero ed alla cura dei tubercolosi delle classi meno abbienti ed intitolato all’Augusto Nome del Sovrano. A tale scopo la Deputazione votò lo stanziamento di un primo fondo di lire 500.000 e promosse opera di propaganda fra Comuni, Enti, organizzazioni sindacali e privati per la raccolta di contributi finanziari. Il generale consenso della popolazione consentì di raccogliere ancora 400.000 lire; ma l’opera avrebbe tardato ad effettuarsi senza il munifico intervento del senatore Borsalino, che volle ascrivere a totale suo onore l’attuazione del generoso progetto. Acquisto del terreno, costruzione ed arredamento completo costituiscono un dono integrale dell’eccezionale filantropo, per un totale di parecchi milioni, all’Amministrazione del Consorzio Provinciale Antitubercolare di Alessandria. Il danaro offerto dalla Deputazione provinciale e raccolto per pubblica adesione è stato accantonato per costituire il primo fondo di gestione.
La scelta della località nella quale doveva sorgere l’istituto è stata oggetto di laboriosi studi di una commissione di esperti che hanno deciso in favore di quella attuale in seguito a ripetuti sopralluoghi nella provincia ma soprattutto in seguito ad importanti circostanze che dovevano giustamente essere tenute presenti.
Premesso che l’unanime esperienza dei tisiologhi e meteorologhi italiani e stranieri ha dimostrato che, salvo per certe speciali forme tubercolari per le quali è indispensabile il clima marino o quello montano per tutte le altre i risultati di una cura metodica e ben diretta sono esattamente gli stessi tanto in pianura che in media od alta quota, giacché non esiste alcun clima che abbia un’azione specifica contro la tubercolosi, è prevalso il criterio che il sanatorio dovesse insorgere vicino al capoluogo poiché in questo convergono le vie di comunicazione che permettono il rapido ritiro dei malati, le possibilità di visita dei parenti, l’afflusso facile E meno costoso dei rifornimenti.
Si può con sicurezza affermare che l’ubicazione del sanatorio, analoga in tutto a quella di grandiosi e moderni istituti delle maggiori città dell’Italia settentrionale, non offre alcun inconveniente dal punto di vista climatico: e ciò valga a dissipare le facili critiche, Che non sono affatto giustificate da argomenti clinici, di chi tale problema non conosce nella sua reale essenza. A proposito della situazione e dell’ubicazione del sanatorio un’altra questione si affaccia, relativa ai pericoli di contagio che sarebbero suscettibili di incontrare gli abitanti degli agglomerati vicini ed i visitatori. Tale timore, che purtroppo esiste ancora, impressiona la popolazione e crea un’atmosfera d’isolamento all’istituto, non è affatto giustificato. Ormai è necessario accettare il concetto scientifico che il sanatorio è inoffensivo e costituisce anzi una zona di protezione e di difesa l’ambiente e gli abitanti dei paesi vicini. In realtà se non vi è nulla da temere dai tubercolosi istruiti sulle loro condizioni, disciplinati ed in cura regolamentata, si ha tutto da temere dai malati sconosciuti circolanti dappertutto ed ovunque che non prendono alcuna precauzione, che ignorano tutti gli insegnamenti profilattici e l’igiene salutare degli istituti ben condotti.”
[Dott. Ferruccio Ravazzoni in Attività e opere pubbliche della Provincia di Alessandria nel tempo fascista – 1938]
Da anni ormai conservo questa cartolina – fra le altre della mia collezione – e da sempre l’ho considerata – oltre che interessante – anche molto particolare.
Si conoscono almeno tre soggetti differenti di questo luogo seppure due di questi siano molto simili tra loro.
Per quanto riguarda le due cartoline simili, l’inquadratura è pressoché la medesima e la differenza la fanno alcuni piccolissimi particolari, neppure molto facili da scovare.
Quella che qui presento reca la didascalia al verso e presenta la specifica con il nome dell’Autore dello scatto: “Fot. Cav. D. Sartorio”.
Già che ci siamo voglio mostrarvi i due tipi di verso con cui si può trovare la cartolina con immagine molto simile a quella qui presentata.
Il terzo tipo con fotografia differente rispetto a quella qui pubblicata è una visione aerea di tutta l’area in cui sorge la struttura e sarà mia cura farla vedere con il seguito del pezzo d’epoca.
In questo caso la cartolina è firmata “Rivera – Alessandria”.
Possiamo osservare che il francobollo sia stato asportato e dal timbro si riesce a leggere l’anno di partenza: 1938.
Il mittente, oltre ad una grafia molto discutibile, dimostra una scarsa conoscenza della lingua e scrive: “Saluti tutti In familia da Maggio Francesco”.
Questi aspetti di semplicità però mi fanno apprezzare ancor più questo signore.