di Tony Frisina.
Il sentimento dell’invidia non è cosa che mi appartenga.
Da sempre, fin dalla più tenera età, non sono mai riuscito ad essere invidioso. Mai.
E questo – per certi versi – credo non sia del tutto positivo, in quanto una moderata invidia può aiutare l’individuo a crescere, a migliorare ed a progredire.
Per essere sincero, però, ho fatto uno strappo alla regola sia pur involontariamente: un po’ di invidia infatti l’ho provata leggendo i gialli di Angelo Marenzana – alessandrino doc – in cui i suoi protagonisti si muovono per le vie della nostra città, percorrono le strade di un’Alessandria non ancora (molto) deturpata e saccheggiata da palazzinari e da speculatori di ogni risma.
Rivedere la città attraverso le descrizioni del Nostro ha fatto nascere in me, almeno in piccola parte, proprio quel sentimento.
Ho invidiato il fatto che quei signori – quei personaggi – abbiano vissuto e percorso la mia città; quegli uomini l’hanno vista e l’hanno conosciuta più integra di come purtroppo si presenta a noi alessandrini moderni.
A leggere le gesta dei personaggi dello scrittore mandrogno, oltre al fatto di poter assaporare con interesse le storie, ci si sente come presi per mano ed accompagnati, come in una sorta di spirale avvolgente ed entusiasmante, in labirinti e percorsi di un’Alessandria di molto diversa da come si presenta oggi.
Per la verità i tempi in cui queste storie si dipanano non sono tra i più felici che questa città abbia vissuto; a cominciare con il 1940 (ma forse anche prima), per continuare con il quinquennio infausto della guerra e dei bombardamenti.
In questi momenti la città e i suoi cittadini hanno patito, hanno sofferto, hanno visto cose inenarrabili; molti testimoni oculari del tempo ci hanno raccontato quegli orrori; qualcuno è ancora al mondo e molti che se ne sono già andati hanno lasciato testimonianze in abbondanza.
Oggi però non voglio parlare delle evocazioni negative legate al periodo bellico. Vorrei invece narrare di quando la nostra città ancora non aveva subito l’onta dei bombardamenti e le sole distruzioni erano state fatte per calcolo e per scelta dagli amministratori di quel tempo. (Tanto per cambiare la storia è un continuo susseguirsi di demolizioni).
Non me ne voglia l’amica ed assidua lettrice della rubrica Graziella Zaccone. Non sto piangendo sul latte versato… sto solo raccontando pensieri ed emozioni.
La cartolina che oggi propongo ai lettori raffigura un importante luogo alessandrino.
Piazza Guglielmo Marconi o, come dicono tutti, piazza Marconi. La cartolina è stata stampata dalla Ditta P. Marzari di Schio nell’Anno XX, cioè nel 1942, per conto della Cartoleria Oneto di Alessandria.
Questa città ha diversi ed importanti centri di aggregazione, un salotto buono e parecchi angoli caratteristici.
La Crosa, Corso Roma, Piazzetta della Lega, Galleria Guerci (il salotto buono) e anche – perché no – Piazza Marconi.
La cartolina che oggi propongo ci mostra la piazza già completa di aiuole ed alberelli. Una piazza vera e propria – appunto – e non più uno slargo qualunque…
Voglio ricordare che questo luogo è diventato piazza, solo da pochi anni (mi riferisco agli anni ’30), con l’abbattimento della gloriosa Fabbrica di biciclette Maino. In quei primi tempi, dopo il vuoto lasciato dalla demolizione, era detto Largo in fondo a via Vittoria e via Cavallotti, oppure ancora Largo via Vittoria ed ancora nominato con altre simili definizioni.
Per molti anni ancora questa nuova realtà è stata chiamata anche piazza Vittoria.
Angelo Marenzana infatti – nel suo ultimo romanzo – racconta che il protagonista sta transitando proprio per Largo Vittoria, quando invece il luogo – già dal 1939, come si evince anche dalle didascalie di cartoline stampate in quell’anno – ha assunto la denominazione che ricorda l’inventore della telegrafia senza fili. Guglielmo Marconi.
Ma questa non è una svista!
Marenzana è memore di come i suoi concittadini siano caparbiamente legati alla vecchia toponomastica e quindi indica il luogo con l’appellativo con cui, nell’epoca dei fatti che narra, era ancora menzionato da tutti.
Ricordiamo a questo proposito che la nostra vecchia Piazza Genova tiene duro e la vecchia denominazione la fa da padrona sulla reale denominazione di Piazza Matteotti; per sessant’anni e oltre si è sentito ancora parlare di Piazza San Martino (Piasa San Martén), quando i documenti invece, già dal primo decennio del ‘900, indicavano Piazza Carducci… e la stessa cosa può dirsi per via Umberto I, Corso Regina Margherita, Piazza Vittorio Emanuele II (meglio conosciuta dagli alessandrini doc come Piasa Ratàs)… e così via.
Quindi con affetto e ammirazione ma soprattutto con una punta di invidia dedico questa nuova pagina al protagonista (che non nomino) dell’ultimo giallo del romanziere mandrogno, ovvero del nostro caro Angelo.
Tentato suicidio. – Ieri sera alle ore 20 certa Fratini Elvira d’anni 21 abitante in via Vittoria n. 6 a scopo suicida ingoiava una abbondante dose di chinino.
Chiesti d’urgenza i militi dell’assistenza pubblica questi prestarono i primi soccorsi, ma trattandosi della gravità dell’avvelenamento venne chiamato il capitano medico Castellani cav. Romeo il quale procedette alla lavatura dello stomaco e potè mettere fuori pericolo la Fratini.
[La Lega Liberale – Periodico politico amministrativo della Provincia di Alessandria – Anno XXVII – Numero 11 – Alessandria, Sabato 16 Marzo 1912]