di Cristina Bargero
C’era una volta il capitalismo municipale, ossia la partecipazione attiva dei comuni alle attività economiche attinenti soprattutto ai servizi pubblici locali.
I primi provvedimenti in materia sono ascrivibili alla Legge Giolitti del 1903 e al successivo Testo Unico del 1925, che intendevano porre rimedio alla diffusa presenza di operatori privati in regime di monopolio, scarsamente adatti a soddisfare le richieste di un sistema socio-economico che mutava verso una diffusa urbanizzazione ed industrializzazione e a garantire condizioni di vita accettabili ai cittadini (Montemartini 1902).
Con la legge Giolitti il legislatore andava nella direzione già intrapresa da alcuni Comuni di costituire proprie aziende o di acquisire le concessioni relative ai servizi pubblici. Dalla natura giuridica di tipo pubblicistico ne derivava da un lato la titolarità in unico soggetto di gestione, proprietà, governo e regolazione, dall’altro una tipologia di attività monoservizio, riferita ad un ambito territoriale corrispondenti a quello dei confini amministrativi del Comune.
Bisogna arrivare agli inizi degli anni ’90 perché il legislatore si occupi nuovamente di tale settore. Le nuove esigenze della domanda, ma soprattutto le crescenti difficoltà da parte della finanza pubblica di far fronte ai deficit del settore hanno portato negli anni ’90 a una radicale riforma cui si sono susseguiti negli anni una serie di provvedimenti legislativi volti a regolamentare le modalità di gestione.
L’evoluzione della normativa dei servizi pubblici municipali è stata segnata, quindi, da due passaggi fondamentali: il primo è coinciso con una graduale evoluzione da un sistema decisionale in cui tutte le competenze (regolatoria, proprietaria e gestionale) facevano capo ad un unico soggetto (l’ente locale) ad una separazione di competenze tra l’ente locale e il soggetto gestore del servizio.
Il secondo ha visto una graduale liberalizzazione dei mercati, una “privatizzazione soprattutto formale” delle ex muncipalizzate, in concomitanza con l’affermarsi di logiche di gestione imprenditoriali e il diffondersi di imprese multiutilities.
E così anche le ex municipalizzate della nostra provincia si sono trasformate in Spa, conformemente agli adempimenti legislativi, hanno riorganizzato le proprie attività, talora sotto forma di holding, diventando uno degli attori più vivaci nel fornire occupazione e attivare investimenti.
E il ruolo dei comuni? Oggi sono ancora azionisti (in limitati casi anche con soci privati) della aziende e beneficiano dei dividendi, senza però avere un ruolo diretto nella gestione delle stesse, gestite con criteri industriali che le hanno rese più efficienti e competitive.