Il rispetto delle regole [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

 

La scuola.

Dovrebbe essere il laboratorio per i piccoli uomini e le piccole donne che si apprestano ad affacciarsi sul mondo, consapevoli di ciò che sono e di ciò che troveranno là fuori, speranzosi di ciò che potranno essere e di ciò che potranno fare.

Dovrebbe essere il luogo dove professionisti seri e preparati affrontano i problemi in equipe, usando il buon senso e l’educazione senza commettere l’errore di mettersi al livello degli adolescenti con cui si rapportano quotidianamente.

Dovrebbe essere la spalla per le famiglie, non sostituendosi a mamma e papà ma affiancandoli in caso di difficoltà e di bivi esistenziali, frequenti e normali a quell’età.

Invece no.

Bazzico la scuola con discreti risultati, da sempre: una dozzina d’anni da studente, oltre trenta da insegnante.

Per quattro anni poi ho ricoperto l’incarico di vicario del dirigente, anche in questo caso con risultati soddisfacenti.

Ciascuna esperienza ha consolidato gli insegnamenti della mia famiglia. Sicuramente sono stato fortunato, ho avuto genitori perbene, ho incontrato insegnanti esigenti il giusto, ho conosciuto compagni di classe stronzi quanto basta e alcuni colleghi ipocriti e maleducati.

Con tutto ciò ho maturato determinate convinzioni.

So che può apparire démodé di questi tempi ma credo fermamente nei valori dell’educazione.

E del rispetto delle regole.

Si dice che la libertà di ciascuno finisce quando sconfina nelle privazioni altrui.

Ecco, le regole – talvolta rigide altre volte da interpretare in maniera intelligente – sono il fondamento della civiltà.

Le regole ci distinguono dai cani che possono pisciare dove preferiscono, dai gatti che possono scavalcare i muretti senza incorrere in denunce, dai leoni che sbranano gazzelle per ragioni di sopravvivenza, dai politici che sono immuni da regole, dai morti che delle regole non hanno bisogno.

Mi piacerebbe che gli studenti – che sono l’anello fragile della scuola – percepissero la differenza tra il bello e il somministrato, tra il vero e il virtuale, tra il bene e il male.

Questo è possibile solo attraverso la conoscenza delle regole.

Le regole ci rendono liberi.

Se queste regole però sono violate dagli adulti – dai genitori in primo luogo – gli studenti – che sono l’anello sottile – anziché rafforzarsi nella conoscenza, si incarogniscono nella presunzione che la trasgressione sia la regola.

Cade così il palazzo.

Mesi, anni di lavoro si frantumano nell’arco di pochi giorni, a volte bastano ore; e ciò che sono macerie non rinasceranno come Arabe Fenici.

Le macerie rappresentano il fallimento di un progetto.

La scuola.

Dovrebbe essere un laboratorio in cui si costruisce il rispetto delle regole.

Non il campo di sterminio di anime belle sporcate dall’ignoranza.