di Tony Frisina.
Rieccoci alle prese con una bella cartolina portasfiga… potrebbe commentare qualcuno guardando il soggetto che oggi analizziamo.
Chi avesse seguito la mia rubrica della settimana scorsa sa già che sto scherzando; non sono scaramantico e non credo quindi che ci siano atteggiamenti, eventi o comportamenti che possano turbare il normale ordine delle cose. Nessun gesto, nessun gatto nero o sale versato possono far variare il corso delle cose e quindi assolutamente nulla, a mio modesto parere, può portare disgrazia; tantomeno una cartolina raffigurante un cimitero.
In questo caso ci occupiamo, quindi, del monumentale ingresso del nostro cimitero.
Il cimitero monumentale di Alessandria è citato anche dall’Enciclopedia Treccani, insieme ad altri importanti cimiteri come quelli di Roma, Torino, Milano.
Molti uomini illustri e personaggi facoltosi hanno qui la loro ultima dimora e hanno favorito l’erezione di importanti monumenti funerari.
La storia del nostro cimitero urbano, come ben sappiamo, è strettamente collegato con la storia; infatti – in seguito agli editti napoleonici – nell’Ottocento ogni città dovette dotarsi di un luogo preposto per le sepolture, che fosse fuori dall’abitato e non più all’interno delle chiese o accanto ad esse. Sono disposizioni igieniche sviluppatesi durante il periodo illuministico della nostra storia. È proprio grazie ai problemi igienico-sanitari connessi alla vicinanza delle sepolture ai centri urbani che si è sentita la necessità di collocare le sepolture in luoghi più idonei e fuori dagli abitati.
In passato Alessandria, come molte altre città, utilizzava pressoché prevalentemente gli ambienti delle chiese e delle aree vicine ad esse oppure luoghi adiacenti agli ospedali per seppellire i suoi morti. Dopo il 12 luglio 1804 l’editto di Saint Cloud impone l’applicazione delle nuove norme ai Prefetti.
Quindi nel 1805 Alessandria procede alla costruzione del cimitero in un luogo adatto alla sepoltura dei propri morti fuori dalla città: quello che noi oggi tutti conosciamo.
All’interno del nostro grande camposanto esiste anche una piccola porzione, un’area riservata alle sepolture della comunità ebraica.
In quell’epoca il luogo prescelto era al di fuori dei bastioni che difendevano la città e quindi completamente isolato dal nucleo urbano. Naturalmente nella scelta della località per la costruzione di questo cimitero si era anche tenuto conto della presenza della Bormida e quindi era stata calcolata una distanza sufficientemente idonea da questo corso d’acqua.
Sicuramente le parti più interessanti e artistiche di questo luogo di pace sono i porticati, le cappelle e tutti gli arredi delle sepolture delle famiglie più ricche della città.
Non vogliamo fare qui la storia del cimitero urbano ma mi permetto di invitare i lettori a voler fare visita al nostro camposanto e cercare di vederlo con occhi diversi da quando si va per funzioni religiose o per eventi legati a sepolture di amici o parenti.
Occorre alzare gli occhi e voler vedere quanto di artistico è presente in questo silenzioso luogo di pace e voler guardare con interesse le sepolture, le cappelle, i monumenti funerari e tutto quanto sia possibile osservare e ammirare transitando per i vialetti e per i porticati.
Volendo esaminare la cartolina odierna notiamo che anche questa, come la cartolina proposta la scorsa settimana, mostra l’ingresso e buona parte del terreno antistante.
Sul muro di recinzione si nota un piccolo passaggio, un ingresso meno monumentale, che permette l’accesso al camposanto; a pochi metri da questo passaggio è visibile una parola non certo ottenuta con vernici a spruzzo da uno dei precursori di quei writers di cui oggi vediamo i graffiti. La signora che ha spedito questa cartolina aveva pensato di invitare il destinatario a ricordarsi di lei proprio con l’aggiunta della parola scrivi vergata in corrispondenza di quel muro.
Gli alberi sono già relativamente alti e mostrano le loro chiome sia al di qua che all’interno della cinta.
Enrichetta manda il suo ricordo ed i suoi baci ad una sua amica: “Alla cara signorina Gemma Quario di Candelo – Biella” proprio attraverso questa interessante cartolina.
La fotografia, come è evidenziata attraverso la firma, prodotta a stampa, che leggiamo in basso a destra è opera del famosissimo fotografo alessandrino Federico Castellani,[1] valente artista fotografico che ha operato nella nostra città durante una buona parte dell’Ottocento.
La cartolina, di una certa rarità, è stata prodotta da M. Valentini di Milano.
Contrariamente alla maggior parte di cartoline di questo periodo la stampa appare con retinatura e quindi per la realizzazione di questa cartolina è stato usato un sistema insolito per l’epoca.
Il francobollo, parzialmente strappato, non lascia osservare per intero il timbro postale e quindi è impossibile riuscire a leggere la data esatta della spedizione che certamente è stata effettuata prima del 1904.
Un’ingente truffa all’americana
Il colloquio in piazza V. E. – 25.000 lire di garanzia – L’appuntamento al Cimitero – La sorpresa dell’ingenuo contadino – Due truffatori identificati?
Di una ingente truffa all’americana è stato vittima in questi giorni il contadino Musso Navarino, d’anni 49.
Lunedì 16 marzo il Musso, che risiede a Morbello, comune dell’Acquese, era venuto ad Alessandria per il solito mercato. Dopo avere fatto qualche acquisto solo soletto s’aggirava, alquanto impacciato, in piazza Vittorio Emanuele, allorchè fu avvicinato da tre sconosciuti, che l’avevano dianzi pedinato. I tre individui, specializzati nelle truffe all’americana, iniziarono tosto col Musso una cordiale conversazione, acquistandosi in breve le simpatie dell’ingenuo contadino. Dopo aver discorso di varie cose i tre, sicuri ormai della riuscita del loro piano confidarono al Musso una loro speciale missione.
Alcuni giorni prima – raccontarono – era deceduto un loro congiunto, che lasciò circa 40.000 lire da distribuire ai poveri di Alessandria. Per questo essi erano venuti ad Alessandria ma non essendo pratici della città ben volentieri avrebbero affidato l’incarico della distribuzione della somma ad una persona onesta ed inoltre pratica del luogo.
Il Musso, che aveva seguito con manifesto interesse il discorso spontaneamente si esibì accettando l’incarico. I tre lestofanti acconsentirono, con la condizione che il Musso versasse 15.000 lire quale garanzia.
Il contadino, che non aveva con sè le 25.000 chiese una proroga di due giorni per recarsi al paese e fornirsi della somma richiesta. Di comune accordo venne fissato un appuntamento presso il Cimitero Urbano, dove avrebbero discusso ampiamente sulle modalità per la distribuzione delle 40.000 lire.
Il 18 il Musso fu puntualissimo al convegno. Era allegro e contento. Aveva con sè le 25.000 lire che versò ai «cari amici» come egli chiamava i tre sconosciuti. In compenso ebbe una valigia contenente le millantate 40.000 lire. Stabilite le modalità per la distribuzione del denaro ai poveri i tre, con un pretesto, si allontanarono promettendo al Musso di Raggiungerlo a Morbello.
Il contadino, se ne tornò tranquillo al paese in attesa dei «cari amici»; ma dopo una decina di giorni, non vedendoli comparire, mosso da curiosità aprì la valigia e con amara sorpresa, anziché le 40.000 lire, vi trovò un rotolo di giornali! E così dopo quindici giorni il Musso, lunedì venne ad Alessandria a denunciare in questura la truffa di cui fu ingenuamente vittima. In base ai connotati forniti dal denunciante si ritiene che egli sia stato truffato dai pregiudicati Negro Stefano e Bologna Francesco, noti truffatori, e già altre volte denunciati ed arrestati.
[CRONACA E PROCESSI (Il Piccolo di Alessandria) – Anno 1 – N. 1 – Alessandria, 4 aprile 1925]
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[1] Presente in Fotografi ritrattisti nel Piemonte dell’800 / Claudia Cassio ; ricerca fotografica di Sergio Chiambaretta ; con saggi introduttivi di Romano Fea, Anna Bondi. – Aosta : Musumeci, 1980. – 369 p. : ill. ; 32 cm.