L’arco di Piazza Genova [Un tuffo nel passato]

di Tony Frisina.

 

I miei pochi lettori non credano che cercare cartoline d’epoca nella mia raccolta sia cosa tanto semplice come al solo pensarlo. Non tanto perché i miei cassetti ed armadî scarseggino di materia prima, quanto per il fatto che cercare anche aneddoti relativi alle immagini e cose interessanti da raccontare non sempre sia cosa facile.

Questa volta, sfogliando le vecchie cartoline ingiallite dal tempo, ho pensato di proporne una di quella che una volta era stata la nostra Piazza d’Armi.

La prima piazza d’armi della città è quella, di età napoleonica, diventata poi Piazza Vittorio Emanuele II. Proprio nel centro esatto della città. Successivamente il luogo ritratto nella cartolina che propongo oggi, esterno alla città di quel tempo ma adiacente all’abitato, divenne Piazza d’Armi e la restò per molti anni ancora.

Vorrei fare una piccola premessa che riguarda la toponomastica di Piazza Genova.

Se oggi cercassimo su una carta turistica di Alessandria o sulle Mappe di Google – oppure su qualsiasi altra diavoleria tecnologica al passo coi tempi – non troveremmo traccia di Piazza Genova.

Dal dopoguerra, infatti, la denominazione di questa piazza ricorda un importante e sfortunato uomo politico italiano, socialista e antifascista, nato a Fratta Polesine il 22 Maggio 1885 e barbaramente ucciso a Roma il 10 Giugno 1924.[1] Giacomo Matteotti.

Non me ne voglia alcuno ma, come alessandrino, per me e per un gran numero di concittadini questo luogo è sempre Piazza Genova e tale per me resterà (senza nulla togliere all’uomo politico cui la piazza è dedicata) finché avrò fiato.

Le scelte delle varie amministrazioni locali non mi toccano; certi luoghi restano immutabili nella testa, nel cuore e (spero) nella realtà fisica e per me rimangono così come li ho memorizzati fin dalla più tenera infanzia, per cui amo ricordarli come piace a me.

È giusto rammentare che dalla metà degli anni ’30 fino alla fine del Secondo Conflitto Mondiale la piazza ha anche ricordato un eroe alessandrino caduto in Africa Orientale Italiana nel 1935).[2] Dalmazio Birago.

L’Arco – che troneggia ancor oggi in questa Piazza – e che si trova precisamente poco oltre lo sbocco di Via Dante, fu costruito nel 1768 a seguito del passaggio da Alessandria del Principe Vittorio Amedeo III e della Regina Maria Antonia Ferdinanda di Spagna.

Il manufatto storico non è stato molto fortunato nel tempo se non fino a quando fu ignorato e tollerato delle diverse amministrazioni di passaggio e perfino dal Ventennio.

Quando il sindaco Nicola Basile, (assieme alla sua Giunta unanime), vi pose gli occhi sopra avrebbe voluto farne un cumulo di rottami da portare alla discarica… e per ottenere ciò fece almeno due tentativi, nel corso del suo mandato (dal 1947 al 1964).  Sia Roma che Tori­no negarono il permesso.

La madre dell’Avvocato Tronconi è sempre incinta… [3]

Naturalmente non è il caso di suggerire al lettore che restò deluso in questo suo desiderio, visto che l’antico manufatto, seppure acciaccato è ancora ben eretto e visibile.

Scampato il pericolo maggiore il nostro Arco ha poi dovuto subire l’onta di un restauro ridicolo quanto dannoso e deturpante.

Mi chiedo io allora (oggi ma me lo chiedevo già anche a quel tempo): le persone che occupano posti di responsabilità e di prestigio, i tecnici, gli storici, gli architetti e soprattutto la Sovrintendenza alle belle Arti dov’erano, quando si son decisi i lavori per il restauro/abbellimento del settecentesco manufatto in occasione dell’Ottavo Centenario della nascita di Alessandria?

È possibile – secondo voi – intonacare un’opera del Settecento e disegnarvi sopra finti mattoni?! Personalmente mi pare un’idiozia.

E qui – come in numerosissime altre occasioni prettamente alessandrine – calza a pennello la colorita espressione del mitico Fantozzi a proposito del film La corazzata Kotiomkin di tale Serghei M. Einstein (Il secondo tragico Fantozzi). [4]

Per quanto riguarda i ricordi personali su questo luogo, per me quasi una sorta di finis terrae, oserei dire che ne ho relativamente pochi. Gli anni di gioventù e di giochi sono trascorsi fra il cortile di via Piacenza – ove abitavo con la famiglia – e la strada stessa; raramente mi spingevo con amici in altri luoghi se non ai Giardini Pubblici. Altre volte la meta delle scorribande giovanili era un’area, allora selvaggia e piena di arbusti e cespugli, che si trovava vicino al palazzo dell’ACI, in quella zona che anni prima ospitava le Tettoie Militari. (L’attuale parcheggio dell’ACI o zona ACI).

Ancor bambino conoscevo già tutta la città, anche per il motivo che ogni domenica era consuetudine il passeggio con la famiglia – tutti elegantemente vestiti – per ogni zona di Alessandria.

In diverse occasioni una delle mete delle passeggiate (con relativo gelato e foto ricordo) era stata proprio la gradevole Piazza Genova, coi suoi bei giardini simmetrici – molto curati – e le relative vasche d’acqua con zampillo centrale. Fontanelle che non sono riuscite a passare indenni attraverso i soliti intelligenti rifacimenti di pochissimi anni orsono.

In questa città nulla riesce a durare, soprattutto le cose che funzionano (o che almeno siano accettabili).

Grazie al nostro famoso avvocato Antoine-Truncon Lavoisier Nulla si crea, tutto si distrugge o si trasforma (in peggio).

Farò un sondaggio (su Facebook) sulle preferenze – fra voi cortesi lettori,[5] mettendo a confronto le vecchie vasche e le nuove – e mi cospargerò il capo di cenere (con relativa prova documentale su YouTube) qualora dovesse vincere la Nuova Versione Fantozziana delle fontanelle. [6]

Tornando a parlare dell’Arco e di Piazza Genova mi ero dimenticato di raccontare che i giardini e le aiuole della piazza, cui ho fatto cenno, sono stati creati diversi anni dopo lo scatto fotografico che qui riproduciamo.

La cartolina di cui si parla risale infatti ai primi anni del Novecento. Inoltre la quinta scenografica che si vede al fondo, oltre l’Arco, in anni immediatamente successivi è stata completamente sostituita da altre costruzioni.

Concludo raccontando ancora una piccola cosa, molto personale. (Se a qualcuno non interessasse saprò farmene una ragione…).

Da bambino a volte sognavo di trovarmi (nottetempo e da solo, unica presenza) in questa zona della città, oltre gli spazi a me abituali e in cui mi sentivo protetto. Nel sogno avvertivo una sorta di smarrimento, quasi una forma di agorafobia, di soggezione, dovuti a questo luogo male illuminato. Provavo una sorta di angoscia dovuta al buio ma soprattutto alla relativa vastità della piazza. Una sorta di smarrimento che, fortunatamente, si annullava al risveglio.

Provo infatti un grande attaccamento e molto affetto per questo luogo, testimone di molte belle giornate, di fotografie e di passeggiate.

Piazza-Genova---11

Gli amanti di Bacco – Nella notte dalla Domenica al lunedì, sconosciuti, dopo avere scassinata la porta d’ingresso, si introdussero nella cantina dell’oste Ferrari, residente in piazza Genova n. 1. I ladri che evidentemente sono adoratori di Bacco, asportarono un centinaio di bottiglie di vino. Degli audaci ladri nessuna traccia.

[CRONACA E PROCESSI (Il Piccolo di Alessandria) – Anno I – N. 1 – Alessandria, 4 aprile 1925]

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[1] http://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_Matteotti

[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Dalmazio_Birago

[3] L’avucat Truncon, cul ch’l’à sfacc la cà pèr vendi i mon. (L’avvocato Truncon, quello che ha disfatto la casa per vendere i mattoni).

[4] Per i lettori smemorati, o che non conoscano l’argomento trattato, la celebre frase del ragionier Ugo Fantozzi è questa: « Per me… La corazzata Kotiomkin… è una cagata pazzesca! » (Scusate il francesismo non mio).

[5] Credo che ogni Sindaco che si rispetti, per evitare di commettere errori grossolani, dovrebbe sentire il volere / suggerimento / consiglio della Città. I mezzi a disposizione oggi non mancano. È pura ottusità quella di chi fa soltanto di testa sua, credendo di essere detentore di certezze e che agisca di propria iniziativa. Oltre a creare malumori e sconcerti (e costosi danni) mette a repentaglio la propria carriera politica seppellendola per l’eternità sotto metri di “bitume” o, per chi preferisce, sotto quintali di “nutella”. (La minuscola non è un errore…).

[6]  È in fase di preparazione una serata sulle trasformazioni subite da questa Città con proiezione di Immagini vecchie e nuove. La serata sarà debitamente pubblicizzata per tempo. Antonio Silvani ed il sottoscritto durante la proiezione narreranno vicende curiose e molto altro.