Dulce et decorum est (3) [Lettera 32]

di Beppe Giuliano

 

Ci sono luoghi di cui abbiamo imparato il nome proprio a causa della Prima Guerra Mondiale.

Il Piave e l’Isonzo, il Monte Grappa, Caporetto. Verdun, Somme, le Ardenne, la Marna. Lo stretto dei Dardanelli e Gallipoli.

Chi ha visto il bellissimo ‘L’ora più buia’ avrà notato come, nel momento in cui Churchill divenne primo ministro durante la Seconda Guerra, gli fossero rinfacciate le cattive decisioni prese come Primo Lord dell’Ammiragliato in quella che fu una delle più sanguinose stragi della Prima Guerra, anche se gli storici inglesi tendono a trattare poco il tema presi come sono a presentarci Winston come la più grande figura britannica di sempre.

Gallipoli dà il nome a un film bellissimo, che tratta pure di sport visto che i protagonisti sono due velocisti australiani, uno interpretato dal giovane Mel Gibson. Diretto da Peter Weir che avevamo conosciuto con l’affascinante ‘Picnic ad Hanging Rock’ e che subito dopo il film ambientato durante lo sbarco del 1915 (da noi distribuito col titolo ‘Gli anni spezzati’) girò uno dei più bei lungometraggi degli anni Ottanta portandoci nell’Indonesia con ‘Un anno vissuto pericolosamente’.

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Un altro luogo che per sempre collegheremo alla Grande Guerra è Ypres in Belgio. Lì il 22 aprile 1915 l’esercito tedesco effettuò il primo attacco chimico con i gas, che bruciò gli occhi e i polmoni di migliaia di soldati francesi.

La tecnologia per l’uso dei gas si deve a Fritz Haber. Premio Nobel ma anche criminale di guerra ricercato, scienziato visionario (a lui dobbiamo anche l’ammoniaca) e fanatico, di nascita ebraico convertito al cristianesimo. Si arruolò volontario nel 1914, fu nominato capitano dal Kaiser proprio per il successo coi gas. Sua moglie Clara, anche lei scienziata chimica, la prima donna in Germania a ottenere un dottorato, si suicidò con un colpo di pistola al petto la notte del 1915 in cui il marito
festeggiava la promozione e a scoprire il corpo della madre sarà il figlio dodicenne (anni dopo anche lui come la madre suicida).

Sempre a Ypres, due anni dopo, fu utilizzato il cosiddetto “gas mostarda”che infatti conosciamo come iprite, in realtà un liquido (non un gas) che fa effetto attraverso il contatto con la pelle o per inalazione dei vapori.