Rizzello (Digspes): “L’Università ad Alessandria ha grandi potenzialità di crescita, e si comincia davvero a fare rete”. I rapporti con il Rettore e i nuovi progetti a Palazzo Borsalino

di Ettore Grassano

 

 

 

“Ho cominciato il mio percorso da preside di facoltà nel 2007, e concluderò il mio attuale mandato da direttore di dipartimento il prossimo autunno: un’esperienza preziosa, durata 12 anni. Ma, mi creda, non vedo l’ora di tornare ad occuparmi a tempo pieno di ricerca e insegnamento”. Il professor Salvatore Rizzello, direttore del Digspes (Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche, Economiche e Sociali) a Palazzo Borsalino, in questi anni ha regalato ai lettori di CorriereAl diversi spunti di analisi e riflessione, partendo dal ‘caso Alessandria’ per arrivare alla situazione dell’Università in tutto il paese. Economista con solide basi filosofiche, qualche mese ha cercato di apportare una ‘spinta innovativa’ all’Università del Piemonte Orientale, candidandosi alla carica di Rettore: “abbiamo perso, e parlo al plurale perché davvero il nostro era una proposta di cambiamento basata sulla condivisione, non sull’uomo solo al comando. Al nuovo rettore, professor Avanzi, che di recente è stato qui a Palazzo Borsalino in visita per la prima volta, ho formulato i migliori auguri di buon lavoro, e l’auspicio che la gestione non sia verticistica, ma attenta alle diverse esigenze di un ateneo come il nostro, tripolare. Anche se i primi segnali non sono incoraggianti”.

Insomma, a questa intervista non mancherà un po’ di ‘pepe’, oltre alla consueta capacità del professor Rizzello di ‘leggere’ e interpretare la realtà, accademica e non.

 

 

Professore, l’amarezza per la sconfitta alle elezioni di ateneo è superata? E si ricandiderebbe?
(sorride, ndr) La vita va avanti, e ci sono tanti progetti a cui sto, e stiamo, lavorando. Sono diventato preside di facoltà qui ad Alessandria nell’ormai lontano 2007: si figuri che il sindaco era Mara Scagni. Ne è passato di tempo insomma, e mai avrei pensato ad un impegno di così lungo corso: il mio mandato come direttore di dipartimento scadrà nel corso del 2019, e sono pronto a tornare ad occuparmi di insegnamento e ricerca a tempo pieno. Comunque certo, se tornassi indietro mi ricandiderei, e credo che la nostra proposta per il futuro dell’Upo fosse fortemente innovativa su diversi aspetti fondamentali.

Con il professor Avanzi, nuovo rettore, vi siete già confrontati?
Certamente, è anche stato qui in visita a Palazzo Borsalino di recente, per la prima volta. Molto colpito dalla qualità della nostra biblioteca, davvero uno dei ‘tesori’ dell’Upo, e credo tra le migliori d’Italia nel suo specifico settore. Abbiamo avuto modo di illustrargli anche le criticità logistiche, che andremo via via ad affrontare e risolvere, spero. Ma è sul metodo di questi primi due mesi di attività del Rettore che abbiamo, e parlo sempre direttore di dipartimento, qualche perplessità…

Due visioni inconciliabili?
I primi segnali non sono positivi. Nei giorni scorsi il Piano Strategico, ossia il documento che dovrebbe delineare i 6 anni di mandato del Rettore, è stato portato all’attenzione del Senato Accademico senza prima essere minimamente condiviso e discusso con i direttori di dipartimento. Certo, a me come ad altri è stato inviato in lettura qualche giorno prima della presentazione ufficiale al Senato, ma per condivisione non è questo che intendiamo, almeno qui a Palazzo Borsalino. Del resto lo stesso professor Avanzi non fa mistero di voler applicare ‘alla lettera’ la riforma Gelmini. Il che significa nei fatti una gestione verticistica, in cui il consiglio di amministrazione ha una netta prevalenza sul Senato Accademico. Questo rischia di appiattire l’Università solo sulle esigenze, pur sacrosante, di bilancio, togliendo voce e spazio sia alla classe docente che agli studenti.

Nel percorso ventennale dell’Upo che Alessandria sia stata penalizzata negli investimenti rispetto a Novara è un dato incontrovertibile….
Infatti questo lo riconosce lo stesso Rettore. Il punto è come realizzare un riequilibrio di sostanza, molto concreto. Non, si badi bene, per becero campanilismo, ma nell’interesse del potenziamento e della crescita dell’Ateneo. Che Novara sia destinata nei prossimi anni ad essere penalizzata dalla qualitativa concorrenza dell’Università di Milano, con i suoi progetti di eccellenza europea e i suoi grandi investimenti a qualche decina di chilometri di distanza, è un fatto. Che Alessandria, soprattutto nella parte sud della provincia, ma anche nell’astigiano, abbia significative potenzialità di crescita, è un altro fatto. Occorre però che i fatti siano ‘guidati’ attraverso un progetto, un percorso organico, un’offerta elaborata e proposta in maniera adeguata.

La partenza dei corsi di Medicina in città rappresenta un primo passo in questa direzione?
Certamente sì, e lo abbiamo sempre sostenuto con forza. Medicina può rappresentare una leva culturale, ma anche socio economica, importante. E sono tanti peraltro i filoni di collaborazione che possiamo sviluppare come Digspes, dal diritto della sanità alla sociologia, all’economia. La flessibilità che abbiamo sempre coltivato a Palazzo Borsalino, ossia la capacità di mettere in campo competenze specifiche profonde, ma anche flessibili e trasversali, è nel nostro dna, e sarà sempre più una forza. Del resto era già così nelle facoltà di un tempo, in cui convivevano esperti di diritto, economia, scienze sociali e statistiche. I dipartimenti troppo verticali e monotematici mostrano oggi, sul piano formativo, tutti i loro limiti, rispetto ad esigenze formative sempre più ‘contaminate’.

Al via la seconda edizione del Master in Economia e Innovazione Turistica di UPO e Alexala CorriereAlGrandi potenzialità dunque Professor Rizzello: ma anche limiti logistici ancora tutti da superare qui a Palazzo Borsalino..
(sorride, ndr) Non mi ci faccia pensare: quanti anni sono che facciamo sempre il solito elenco di priorità? Ora, con tutta la scaramanzia del caso, dovrebbero esserci alle porte novità concrete. Ossia finalmente il trasferimento del Museo del Cappello al pianterreno, e la realizzazione di 3 nuove aule ormai assolutamente indispensabili. Le risorse, circa 640 mila euro, l’Ateneo le ha stanziate da tempo, la gara credo sia in corso. Certo, avrei preferito che i lavori fossero svolti in estate, per ragioni evidenti: ma a questo punto prima si fa, meglio è. In parallelo speriamo sia risolta anche la questione dell’ingresso per i disabili, che da troppo tempo sono costretti ad un lungo percorso all’interno del cortile, assolutamente scomodo.

L’ipotesi di ‘allargarvi’ qui di fronte, nella ex caserma vuota da anni, è sempre valida?
Per quanto ci riguarda validissima, e abbiamo già riformulato la proposta al nuovo Rettore. Speriamo bene….

Più in generale, rimane la questione del legame tra l’Università e la città: tutti sulla carta concordano sulla necessità di più infrastrutture e più servizi. Ma si fa fatica…
Spezzo una lancia a favore di sindaco e amministrazione: da quando ci sono loro un cambio di passo reale c’è stato. Penso alle nuove residenze in via Volturno, nella struttura della Diocesi, destinate a crescere. Ma anche ai progetti del sindaco Cuttica sul fronte del recupero dell’area della Chiesa di San Francesco, e alle iniziative recenti, appunto concrete, con le associazioni di categoria del commercio, a vantaggio degli studenti. Insomma, la rete comincia a sentirsi ad Alessandria, ad essere reale. E oltre al sindaco è giusto evidenziare il ruolo del dottor Livraghi della Camera di Commercio, e naturalmente il sostegno costante della Fondazione CrAl. Personalmente spero anche di veder crescere il rapporto di collaborazione fra Università e Conservatorio Vivaldi, altra istituzione culturale di eccellenza di questa città. Con la dottoressa Colombo ho avuto negli anni scorsi un dialogo diretto, direi di amicizia, e mi auguro che la collaborazione possa consolidarsi e svilupparsi anche con il nuovo direttore.

Intanto l’offerta formativa di Palazzo Borsalino in questi anni è cresciuta in maniera costante: ci sono novità all’orizzonte?
Le scelte di portare qui i corsi di Economia, senza clonare Novara, ma anzi diversificando molto, si è dimostrata vincente. Il corso di laurea magistrale EMI (Economia, Management e Istituzioni) è estremamente attrattivo, anche per i numerosi corsi direttamente in lingua inglese, che lo rendono interessante per gli studenti Erasmus, ma anche per tutti coloro che, italiani, intendono prepararsi ad un mercato del lavoro che è ormai almeno europeo, se non mondiale. Nel 2019 avremo novità importanti, che non anticipo, sul fronte Società e Sviluppo Locale. La ‘chiave’ per far crescere il nostro Ateneo è puntare su una forte specializzazione e qualità delle lauree magistrali, che sono quelle a più forte ‘mobilità’: ossia gli studenti sono pronti a spostarsi, a muoversi anche molto se trovano ciò che cercano, in termini di didattica, ricerca, ma anche servizi offerti dalla città. Peraltro segnalo che anche Lettere, sia pur solo con la triennale, è una scommessa vinta, con i primi laureati, e risconti interessanti. Mentre grandi sono le potenzialità del Master in Economia, Innovazione, Comunicazione e Accoglienza per l’impresa turistica: tanto che ci stanno chiedendo di riproporlo anche altrove.

 

Professor Rizzello, quale futuro ha davvero la ricerca in un Ateneo come l’Upo, strutturato su tre poli. Ad Alessandria, in particolare, si investe abbastanza?
La ricerca è una scommessa vinta, se penso alla crescita di questi anni, ai risultati ottenuti in base a classifiche nazionali oggettive. Ma certamente servono più risorse per il nostro Ateneo, e per le discipline umanistiche in particolare, un po’ penalizzate rispetto al polo medico scientifico. Basta però guardare alla mobilità dei nostri docenti, alle collaborazioni sempre più fitte non solo con università europee, Gran Bretagna compresa, che ormai sono il cortile di casa, ma di tutto il mondo (Stati Uniti, Sud America) per capire che l’Upo fa davvero parte della rete internazionale del sapere, e Palazzo Borsalino svolge appieno la sua parte. Ultima riflessione sul Dottorato, percorso sempre più penalizzato, e soprattutto con sbocchi sempre meno orientati all’interno dell’Università. Credo che sia un passaggio formativo fondamentale, e che servano più risorse per sostenere chi vi accede, e chi poi ne esce, spesso in una precarietà di lungo corso. In caso contrario, l’accesso alla ricerca diventerà sempre più una questione non di capacità e competenze, ma di censo. E non credo sia questa la strada da percorrere.