Liste d’attesa in sanità, Province, verde pubblico: ce n’è per tutti! [Le pagelle di GZL]

di Graziella Zaccone Languzzi

 

1) Torno sul “peccato mortale” della sanità, ossia le lunghe liste di attesa per visite, accertamenti, interventi. Perché ci torno: venerdì 7 dicembre, in una trasmissione politica di una radio locale, un intervento in diretta telefonica di un signore ricoverato in ospedale nell’attesa imminente di un intervento, ha dichiarato che non esiste un problema di lunghe liste di attesa, e che tali tempi sono sopportabili. Purtroppo però non è così. Mi ha fatto piacere sapere che per certuni attendere non è un problema ma poi, siccome sono maligna, ho pensato che a volte c’è chi non attende perchè potrebbe essere agevolato da qualche parente o conoscenza all’interno delle strutture sanitarie. Questo non sarebbe un “peccato mortale” a mio avviso: chi non vorrebbe la classica raccomandazione o ‘attenzione particolare’ soprattutto in sanità! Purtroppo però ci sono moltissimi altri “sfigati” come me e la mia famiglia che non hanno un santo negli ospedali o nell’ASL, e devono attendere tempi interminabili, a meno di passare dal Pronto Soccorso, o di mettere le mani nel portafoglio. Che le lunghe liste di attesa siano la piaga della sanità italiana non lo lamento solo io con le mie pagelle (forse mal digerite da qualcuno).
Un articolo de “Il Sole 24 Ore” del 4 dicembre tratta questo argomento: “Ecco il nuovo Piano nazionale liste d’attesa: stretta sull’intramoenia e massima trasparenza”.
Un estratto di ciò che è previsto: “obbligo per le Regioni di indicare i tempi massimi per tutte le prestazioni. Gestione in capo ai Cup e conseguente monitoraggio di tutte le agende di prenotazione e sviluppo di un Cup on-line aggiornato in tempo reale che permetta la consultazione dei tempi d’attesa relativi a visite o esami secondo il percorso standard o con libera professione intramuraria. Percorsi di tutela per il cittadino che non possa ricevere la prestazione nei tempi che consentano anche il ricorso al privato accreditato nei casi di prime prestazioni in classe di priorità.”
Quindi il Ministero arriva ad obbligare le Regioni su una “piaga” della sanità. Al contrario nel privato, e a carico della spesa nazionale, senza le eventuali raccomandazioni, le lunghe liste di attesa non esistono: per una cataratta un mese di attesa e nella stessa giornata si fanno una decina di interventi. Quanti se ne fanno al giorno nelle nostra ASO e negli ospedali pubblici provinciali? Il nuovo Piano Nazionale da me citato nasce perché esiste un problema generale che non tocca chi ha la fortuna personale di essere eventualmente agevolato, e si permette il lusso di far sapere che non esiste il problema delle lunghe liste di attesa.
Voto: 2

 

2) La notizia: “Berutti (Forza Italia): Bene la Lega sul riordino delle Province: ora avanti tutta”.Ricette all'Italiana: Acqui, Murisengo e San Sebastiano Curone da lunedì su Retequattro con Davide Mengacci CorriereAl 5
Riportare le Province com’erano prima della legge di Delrio è un impegno della Lega, che ha presentato a fine novembre 2018 un disegno di legge al Senato e alla Camera per riaprire una discussione rimasta in sospeso dopo la bocciatura del referendum costituzionale. Fa piacere che anche Forza Italia, sempre in opposizione a questo Governo, appoggi il ripristino di questo Ente. Le Province sono state l’anello di congiunzione tra Comuni, Regioni, Governo, fino a che sono arrivati i “flagelli di Dio” per questo paese: i governi mai eletti democraticamente ma imposti di Mario Monti e Matteo Renzi, che con Graziano Delrio ha portato questi Enti di vasta area, un tempo preposti in viabilità, nella formazione, nell’edilizia scolastica e molto altro, ad essere parcheggiati in un limbo: senza soldi, senza competenze certe e con il personale sparso, o disperso. L’obiettivo era eliminare quegli Enti intermedi tra Regioni e Comuni, diventati nell’immaginario collettivo simboli di inefficienza e grandi catalizzatori di spesa improduttiva. A dir il vero l’immaginario collettivo non era poi tanto irreale, giacchè negli ultimi trent’anni questi Enti hanno vissuto un po’ troppo alla grande, spendendo, sprecando sino ad arrivare a rischio dissesto. Esempi di casa nostra: ci siamo dovuti svendere molti “gioielli” di famiglia, l’ultimo la colonia di Arenzano, senza contare “Energia & Territorio”, una società di proprietà interamente pubblica con l’80,79 % alla Provincia di Alessandria e 19,21% a Finpiemonte (Regione Piemonte). Di questa partecipata non si è saputo più nulla dal 2015. Ora: il ritorno delle Province allo stato originale, con elezioni democratiche, potrebbe far temere nel tempo quel lassismo con il ritorno del “goga mi goga”? E’ un rischio, ma a cosa serve tenere questo Ente nelle condizioni attuali?
Voto: 8

3) Quando leggo certe dichiarazioni, il “centro della mia memoria” si mette in moto. Titolo: “Cemento al posto del verde in via Giordano Bruno: città più brutta e triste”. E’ una osservazione critica che proviene dall’ex On. Renzo Penna, ex sindacalista, ex deputato, ex Assessore all’Ambiente Provinciale, ex Consigliere Comunale capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà ed ex Presidente della Commissione Cultura. Che l’On. Penna ami l’ambiente, comprensa la cura del verde, lo si può constatare da un atto generoso durante la sua consiliatura: aver rinunciato ai suoi compensi previsti dalla Legge in 8.676 euro maturati in 240 sedute, destinandone 6.675 per l’acquisto di libri per la biblioteca e 2000 euro per piantare nuovi alberi nelle aree verdi di Alessandria e dare piena attuazione alla legge 10/2013 che prevede per i comuni con più di 15mila abitanti l’obbligo di piantare un albero per ogni bambino nato: “Renzo Penna: i compensi destinati alla biblioteca comunale e al verde pubblico”.Per tale e raro gesto da parte di un politico tanto di capello, ma arriva la mia domanda. On. Penna, prendendo una situazione a caso le chiedo: perché durante la sua presenza comunale in posizione di maggioranza, non ha strigliato l’amministrazione Rossa e il dirigente responsabile della cura del verde per aver trascurato fino a fare morire oltre l’85% di cespugli di rose dette moldave, un patrimonio vivo, di bellezza e colori, una gioia per gli occhi? Ciò ha provocato coll’andare del tempo una “città più brutta e triste”…ne conviene?.
Ricordo la scusante da parte della ex sindaca Rossa: essendo la città in difficoltà finanziaria, per la riparazione degli impianti di irrigazione guasti nelle aiuole delle rose e l’acqua per bagnarle non c’era denaro, quindi sono state fatte andare ‘a ramengo’, ricordo che anche altro verde fu altamente trascurato. Le rose non le ha fatte ‘seccare’ questa amministrazione, e per il restante verde si è trovata ciò che ha ereditato. La distruzione di quelle rose io non l’ho mai mandata giù. Interessante la frase che chiude l’articolo nel link sopracitato: “…alberi essenziali per migliorare la qualità dell’aria della città, ho deciso di assegnare alla Direzione che si occupa del verde pubblico la rimanente quota dell’indennità di presenza”. On. Penna, ha mai pensato di controllare come la Direzione ha speso quei 2000 euro per il verde da lei generosamente devoluti, visto lo stato depressivo del verde della città del quinquennio di cui lei fece parte?
Voto: 3