di Enrico Sozzetti
Aggregazione e biologico nel futuro dell’agricoltura alessandrina. La prima consente di organizzare meglio la produzione, fare massa critica, aumentare i volumi e le quote di mercato. La seconda è l’autentico cambiamento che risponde sia alle richieste dei consumatori, sia alla tutela dell’ambiente e all’uso più responsabile del suolo e delle risorse. Il bilancio del 2018 presentato dalla Cia (Confederazione italiana agricoltori) di Alessandria contiene alcuni elementi di riflessione che focalizzano tendenze, evoluzioni e modelli imprenditoriali che segnano un cambio di passo nel settore primario della provincia.
Gian Piero Ameglio e Carlo Ricagni, rispettivamente presidente e direttore dell’associazione (gli associati sono circa tremila), parlano del bilancio di quest’anno (“Una annata soddisfacente, un buono sviluppo generale delle colture con una qualità e quantità buona, una stagione di vendemmia con punte davvero di eccellenza”), delle attività di servizio (consulenze e servizi mirati), delle svolte organizzative, delle iniziative come quella di agricoltura sociale in collaborazione alla casa di reclusione di San Michele di San Michele, delle “opportunità” per gli agricoltori impegnati nella vendita diretta con la realizzazione di nuovi mercati agricoli, delle iniziative di divulgazione e conoscenza (spesso affiancate a cause solidali, come nel caso di quelle a favore della Fondazione Uspidalet di Alessandria e delle aziende terremotate). Ma è sui progetti per il 2019 e sulle necessità di modificare l’organizzazione e la mentalità che si concentrano le riflessioni e alcuni numeri.
Le prime sono formulate dalla Cia, ma hanno un valore universale. Aumentare la massa critica delle produzioni e fare crescere i volumi, come nel caso dei cereali, significa raggiungere nuovi clienti, migliorando i conti grazie alle economie di scala. Certo, tutto questo impone un cambiamento innanzitutto culturale che deve essere ancora ben compreso. Però alla Cia ci credono e il prossimo anno concentreranno, annunciano Ameglio e Ricagni, gli sforzi in questa direzione.
L’altro fronte è quello del biologico. “È un cambiamento per l’agricoltura, non un passo indietro. Si parla di innovazione e tecnologia, di metodi rispettosi dell’ambiente e contraddistinti da una gestione scientifica” commenta Ricagni. I numeri del biologico sono ancora bassi. Però il trend di crescita è costante. Quest’anno le aziende agricole biologiche in provincia di Alessandria hanno toccato quota 423, di cui 151 associate alla Cia (erano 65 nel 2015) e sono 93 quelle che aderiscono alla misura agroambientale biologica del Piano di sviluppo rurale della Regione Piemonte. Dopo Cuneo che conta su 967 aziende biologiche, Alessandria è la seconda in Piemonte, seguita da Torino con 348, Asti con 196, Vercelli con 179, Novara con 107, Biella con 79 e il Verbano Cusio Ossola che chiude con 21 aziende.
E poi ci sono i territori montani e collinari. Quelli abbandonati dagli uomini e dall’agricoltura, ma che possono essere ancora una risorsa su cui investire. È l’altro fronte sul quale la Cia scommette. Insieme alle aziende “baluardo del territorio” che hanno scelto di restare sul territorio o che hanno aperto attività proprio in queste zone di confine. Un esempio? Lo riassume bene Domenico Biglieri, presidente della zona Cia di Novi Ligure, raccontando quello che succede nella zona della val Borbera dove è presente una dozzina di aziende zootecniche (quasi tutte certificate bio) che su circa 1.500 ettari gestiscono seicento capi di allevamento e una piccola quota da latte. Non sono solo presìdi, bensì realtà che valorizzano razze tradizionali, hanno aperto piccoli spacci, stanno facendo quello che è già avvenuto per il formaggio, per primo il Montebore, e poi per il vino, a partire dal Timorasso.
L’impegno della Cia è garantire sostegno e assistenza anche alle aziende giovani. Non a caso il tradizionale calendario associativo per il 2019 è titolato ‘facCia giovane’ e dedicato agli under 41 in agricoltura. Le immagini (scattate dal fotografo Massimiliano Navarria) sono quelle di dodici imprenditori rappresentativi di tutte le zone dell’Alessandrino: Vilma Poggio, Marco Meneguzzi, i fratelli Mariangela, Fedele e Davide Lauria, Filippo Cavalletti, Cinzia Morgavi, Davide Casalone, Alessandro La Marra, Annalisa Lugano, Matteo Volpi, Petra Patscheider, Davide Zerbo, Lorenza Guerra. Volti della nuova agricoltura del terzo millennio.