di Dario B. Caruso
È una tendenza incontrovertibile: la Scuola Italiana – da molti anni ormai – fa lenti e costanti passi indietro.
Basti guardare le statistiche mondiali che proiettano questa nobile Istituzione nei bassifondi della classifiche sulla qualità.
Qualcuno potrebbe pensare che le statistiche sono fatte da chi le vuole fare.
E invece no. È certamente indiscutibile poiché ad avallare questo dato di fatto è il mondo dei lavoratori della Scuola e il mondo studentesco che migra verso altri lidi culturali.
Premetto che questo ragionamento non ha nulla a che fare con i recenti episodi di violenza sui docenti (e confesso che sventolerei qualche manrovescio a presunti colleghi totalmente inadatti all’insegnamento e alla buona educazione).
Mi riferisco invece agli ultimi proclama del Ministro per l’Istruzione relativamente all’apertura a tempo pieno di tutte le Scuole Primarie.
Ciò – a quanto si dice – per venire incontro ai genitori che lavorano affinché non debbano pagare servizi di baby sitter per la seconda metà della giornata.
Non è aumentando il tempo-scuola che migliora la Scuola.
Il principio dei vasi comunicanti è una legge fisica che non può essere applicata in materia educativa.
Spostando mediamente altre quattro ore quotidiane dalla Famiglia alla Scuola non si fa altro che depauperare il bambino di calore familiare senza arricchirlo di contenuti altri.
Anche con educatori esperti, anche con insegnanti preparati, anche con spazi adeguati.
Le ore sottratte alla Famiglia e travasate alla Scuola non sono, a mio avviso, utili; direi che non sono indispensabili, anzi che risulteranno dannose.
Credo che le Famiglie abbiano risorse ben superiori a quelle presunte.
Il tempo, poi, può essere riempito da vuoti; i bambini sanno bene cosa metterci dentro.
L’equazione “più Scuola meno Famiglia” non è razionale, né trascendente.
La definirei piuttosto incosciente.