Nelle prossime settimane appariranno nelle città della nostra provincia manifesti che dicono “NO” al decreto legge a firma Pillon.
Abbiamo deciso come CGIL di dare visibilità al nostro dissenso verso un decreto legge che consegna ai cittadini una idea di famiglia che non ci appartiene e che pensavamo superata nell’Italia del ventunesimo secolo.
La famiglia non è il controllo dell’uomo su moglie e figli. La famiglia non può penalizzare la donna in quanto parte economicamente debole della coppia e non può legittimare comportamenti violenti dell’uomo, avvalendosi dei figli come forma di ricatto.
Una legge che trasforma i figli in “esseri” senza diritto di scelta, di sentimenti, dei pacchi postali da dividersi in parti uguali senza tenere conto delle reali situazione di vita, dei legami di amicizia, delle relazioni sociali ed educative.
Una legge che non permette di fatto ai figli di rifiutare la violenza sulla propria madre e giudicare chi la pratica.
Una legge che non obbliga più al mantenimento dei figli dopo la separazione, ci sono più doveri verso le proprietà fisiche che verso i figli nel modello “famiglia del governo del cambiamento”.
La CGIL pensa che una azione di governo non possa essere giudicata a tranci: pensioni, fisco, stato sociale, famiglia, lavoro, salute, sviluppo; un pezzo meglio l’altro peggio.
Noi valutiamo l’idea complessiva dell’Italia e dell’Europa che è rappresentata nella politica del Governo e che si declina nelle aree geografiche a controllo politico giallo o verde e troviamo un progetto stantio di società dove il patriarcato torna prepotentemente di moda con un integralismo di matrice religiosa che ci costringe a manifestare nuovamente per difendere il diritto alla scelta libera della maternità e a difesa della “legge 194”. Una legge che sancisce la maternità a dispetto di chi praticava aborti clandestini arricchendosi, e di chi in modo ipocrita dice di voler difendere la vita.
E dobbiamo manifestare anche nella nostra città, ad Alessandria, dove si maschera questo abominio con una definizione meschina di “Città a favore della vita”, ma anche a Verona, a Milano e in tante altre realtà del Paese.
Un Paese che dice di volersi occupare di vita e di futuro e nel contempo costringe i nostri giovani a scappare dalla disoccupazione e dalla mancanza di prospettive, rendendolo una tra le nazioni più vecchie al mondo dopo il Giappone; dove muoiono almeno 1000 persone all’anno sul lavoro e dove ogni 25 novembre si celebra la giornata contro la violenza sulle donne perché è diventato normale che ogni 60 ore una donna venga uccisa per motivi pseudo sentimentali da un uomo.
La qualità della vita in Italia peggiora costantemente e la soluzione rivoluzionaria governativa al degrado sociale culturale e politico è la ricerca del “nemico” e il bisogno di difendersi da questo “nemico”. Ecco quindi il diritto di armarsi, di sparare al prossimo, di diffidare di chi a orientamenti affettivi diversi, di chi è diverso per colore della pelle per religione per provenienza geografica.
La mancanza cronica di lavoro dignitoso e l’assenza di servizi essenziali, la mancanza di alloggi, tutto si risolve con le parole magiche “prima gli italiani” ma primi su cosa? Su piccoli lavoretti precari senza diritti, su case popolari fatiscenti, su pezzi sempre più risicati di welfare. Primi forse nel precipizio della povertà, e del degrado culturale e sociale?
Ciò che abbiamo di prezioso da difendere è l’eredita della nostra storia post fascista, di una guerra di liberazione che ci consente di essere 70 anni dopo una nazione libera, con una Costituzione che ci indica la strada etica per la convivenza civile, che tiene insieme tutti con pari dignità senza distinzioni di sesso, razza, lingua, opinione politica, religione, condizioni politiche e sociali
Uno Stato figlio della Resistenza deve essere governato da leggi etiche che richiamano i suoi valori alti. Il decreto Pillon non ha diritto di cittadinanza nell’Italia democratica dei diritti e dei doveri nella quale la CGIL non si stancherà mai di riconoscersi e di promuoverne lo sviluppo e la crescita collettiva.
Cgil Alessandria