di Jimmy Barco
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Stadio Moccagatta, domenica scorsa partita Alessandria-Pro Piacenza, è il 76’ con gli ospiti in vantaggio per 3-1. L’Alessandria attacca ma più con la forza dei nervi che non grazie ad una manovra fluida e articolata. De Luca sulla tre quarti fa un movimento perfetto e detta il passaggio al compagno, movimento perfetto al punto che si presenta solo davanti al portiere avversario: la sua conclusione esce di poco a lato e sfuma così il tentativo di rimonta mandrogna.
Lì per lì siamo stati tutti attratti dalla traiettoria della palla ma, rivedendo l’azione in oggetto, ho potuto apprezzare questo ragazzotto scuola Toro ancora da sgrossare autore di un gesto tecnico tipico dell’attaccante di razza.
Ho citato in apertura il meglio che ho visto domenica scorsa dalla squadra grigia, e adesso parlo di quello che, invece, non ha funzionato contro la Pro Piacenza. E mi riferisco alla difesa e al centrocampo dell’Alessandria. Questa partita è stata pesantemente condizionata dagli errori individuali, di Gjura in particolare. Non buttiamo però la croce addosso al ragazzino. Quando si intraprende la strada dei giovani è chiaro che i rischi sono quelli di vedere con una certa frequenza errori banali, e il ragazzino in oggetto li aveva già commessi peraltro anche durante l’esordio vincente contro la Juve U. 23.
Ma, nell’occasione, le conseguenze non sono state così funeste e ce ne siamo subito dimenticati. Sarei curioso di sapere invece se Gjura, durante le partite disputate nelle scorse stagioni nelle squadre giovanili, sia stato soggetto a errori, amnesie e perdite momentanee di controllo come quelle viste domenica scorsa al Mocca perché, se cosi fosse, il lavoro che deve fare D’Agostino sul suo giocatore è di quelli davvero delicati.
Altro tema: Prestia. Questo ragazzo è arrivato voluto fortemente dall’attuale mister, è dotato di curriculum decente per la categoria ed è stato gratificato da un generoso (rapportato al valore della sua carriera) contratto pluriennale. Per questi buoni motivi deve rivelarsi ben più di “uno dei ventidue in organico” bensì il difensore centrale di riferimento e questo, almeno domenica scorsa e quella passata, mi pare non sia successo. Speriamo nel futuro, ma non è certo quello che ci si aspettava quando è arrivato in riva al Tanaro, perché sarebbe lecito attendersi di aver ingaggiato una garanzia e tale non si è svelata, almeno ai primi approcci.
Passiamo al centrocampo schierato in partenza domenica scorsa (Gatto, Gazzi e Maltese, nell’ordine). Secondo me un reparto centrale siffatto, stante le condizioni fisiche attuali, va benino nelle chiusure ma, quanto a geometrie e qualità delle giocate propositive, è poca cosa. Pensare quindi di attaccare l’avversario pericolosamente in queste condizioni, partendo sempre involuti e lontano dalla porta altrui, mi pare davvero utopia, altro che “imporre il nostro gioco”. Difatti la partita, nei primi 200’ di campionato, a ben vedere l’hanno sempre fatta gli altri, per di più a casa nostra. Andiamo nel particolare: dei tre citati il giocatore più svelto e dotato tecnicamente è Maltese, centrocampista centrale senza discussioni in un reparto “ a tre”. Inoltre il fatto che il ragazzotto non sia un colosso diventa un problema minore se si piazza davanti alla difesa. Se invece si decide di fargli fare la mezzala devi tener conto che la fisicità e la corsa richiesti in quel ruolo diventano caratteristiche fondamentali, perché si presuppone che la mezzala entri nell’area avversaria e, qualche volta, concluda pure verso la porta avversaria.
E Gazzi, il giocatore più noto e pagato del bigoncio, dove lo metti, direte voi? In panca, in attesa di entrare a partita in corso, soprattutto quando hai bisogno di rompere le trame avversarie e quando i ritmi della partita assumono cadenze più confacenti ai plantigradi.
Adesso due pensierini su D’Agostino e le sue scelte iniziali adottate contro la Pro Piacenza.
Partiamo dall’inizio. In settimana si ferma Tentoni, terzino destro della difesa a quattro. Per sostituire l’ex Carrarese il Mister opta per Panizzi, un giovane esterno esile e tutto mancino. Mi chiedo perché il mister abbia adottato una soluzione così bizzarra visto che un terzino destro naturale in rosa, se ci guarda bene, ce l’ha e si chiama Cottarelli, giovane virgulto prodotto del vivaio locale. Ma se non si fa giocare Cottarelli neppure in una situazione d’emergenza come quella sapremo mai se il ragazzo potrà diventare giocatore a tutti gli effetti? E se invece Cottarelli è considerato ai margini del progetto allora che ci sta a fare qui visto che c’è stato tutto il tempo per trovargli una collocazione che gli permetta di avere le sue chances altrove?
Inoltre, anche nel caso che l’operazione Panizzi-terzino destro (operazione a priori disperata) fosse stata coronata da grande successo, quale sarebbe il vantaggio per il futuro? Secondo me nessuno. Panizzi non è e non sarà mai un terzino destro di una difesa a quattro. Perché? Sfido a trovare nelle categorie professionistiche un mancino che occupi stabilmente quel ruolo. Ci sono è vero giocatori che giocano “a piedi invertiti” sì, ma nessuno in quel ruolo. E poi, anche ammesso che Panizzi si adatti miracolosamente al ruolo di terzino destro che facciamo? Mettiamo in naftalina i tre terzini destri in organico, tra cui il neo acquisto Delvino? Un’operazione come quella appena descritta mi ha ricordato da vicino le alzate d’ingegno di Stellini (ricordate Celjiak schierato terzino sinistro dal 1’ in una partita casalinga la stagione scorsa?). Sono decentemente sicuro però che D’Agostino non percorrerà le stesse strade lastricate da presunzione e confusione tipiche di quel nostro ex allenatore.
Però, dico io, domenica scorsa siamo stati tatticamente ostaggio per un’ora di gioco della Pro Piacenza, sotto ricatto in primis dalla posizione che i due “quinti” di Giannichedda assumevano non appena la loro squadra entrava in possesso palla. Con il bel risultato che i due esterni hanno arato le nostre fasce spesso imprendibili, mentre in mezzo al campo noi non riuscivamo né a far gioco e neppure filtro, visto che loro attaccavano appunto con gli esterni.
Ebbene, possibile che nella fattispecie non ci fosse una mossa tattica a nostra disposizione per sparigliare le carte e costringere gli avversari a doversi pure preoccupare di noi?
La butto lì: magari virare sul 4-4-2 a partita in corso, soluzione facile con quello che avevamo in panca, con un mare di sostituzioni a disposizione e partendo dall’originale 4-3-3. Si poteva anche tentare? Sarebbe servito a qualcosa? Non lo so, probabilmente avremmo perso ugualmente, ma si poteva mettere una pressione diversa agli avversari e una copertura delle fasce sicuramente più efficace.
Non faccio l’allenatore, non pretendo di esserlo e mi scuso anticipatamente se ho scritto minchiate. Ho visto in vita mia migliaia di partite e mi è capitato a volte di assistere a match in cui una squadra tatticamente soverchiata dall’avversario si è ripresa con una mossa immaginata dalla panchina. E non mi vengano a raccontare la storia che “non si deve mai cambiare il proprio modo di giocare e snaturarsi” perché chi sostiene questa stupidata lo dice in quanto semplicemente non capace di invertire certe derive. E il risultato finale, credetemi, non deve mai essere l’alibi.