Caro “Giovanotto” in tutte le cose hai dimostrato di essere uno – come si dice – “a posto”, vale a dire che ti impegnavi con coscienza, rimanendo all’altezza del compito ed offrendo la tua disponibilità in qualunque occasione.
Ricordo quando avevi assunto la gestione del Circolo del Prete (così si chiamava allora il Circolo Acli) al quale avevi dato un’impronta tua personale, svincolandolo da quell’aria che al tempo di allora sembrava, anche se non era vero, quasi un’aria da sacrestia.
Ma soprattutto gli avevi dato orari di apertura talmente elastici al punto che i giovanotti dell’epoca non avevano vergogna a chiederti di restare aperto fino alle ore piccole, quando tornavano dalle loro scorribande notturne.
Se un gruppo di amici arrivava alla bell’ora magari con la voglia di bere e mangiare ancora qualcosa, eri tu che li provocavi proponendo di mettere su l’acqua per “un piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino” e stavi a tavola con loro insieme a colui che come un’ombra era sempre, seppure novantenne, fra gli ultimi a lasciare il locale: Alfonso ‘d Bunicell” l’organista della chiesa, che non si tirava indietro davanti a nulla, anche se fosse stato un piatto di peperoni sott’olio alle due di notte.
Ti avevano soprannominato “il giovanotto” perché, nonostante l’età, conservavi lo spirito della gioventù e parevi a tuo agio ed in piena sintonia con i giovanotti del tempo.
Ma mi pare di ricordare che quando qualcuno non si comportava civilmente nel locale o ancor di più fuori della porta d’ingresso, sulla strada davanti, dove erano tollerate bravate del tipo appendere la bicicletta del maresciallo Noè Pagella all’inferriata di una delle finestre del primo piano, tu allora venivi fuori e come rimprovero gli gridavi: “ e alura! giovanotto, el nénta ura ‘d finila!”. E con la tua autorità mettevi un po’ d’ordine, richiamando la combriccola.
Adesso che stai per compiere la venerabile età di 93 anni e sembri ancora del tutto sulla breccia per salute fisica e per spirito, a volte mi sembri pensieroso, specialmente quando si parla in occasione della dipartita di qualche compaesano maschio che insieme abbiamo conosciuto negli anni della vita ogni giorno nel nostro paese.
Sorella Morte, come la chiamava il tuo omonimo S.Francesco d’Assisi, colpisce a caso come una raffica di mitraglia e fino a pochi anni fa colpiva soprattutto davanti, nelle fila di quelli che erano nati prima, ma da qualche tempo mi accorgo che i colpi abbattono anche molti che stanno dietro a noi che abbiamo già una certa età. Non preoccuparti, Cesco, tu sei già oltre la linea del combattimento e per prenderti, quando sarà la tua ora, Sorella Morte dovrà rincorrerti.
Non avere fretta, aspettaci un attimo che arriviamo anche noi e poi speriamo di ritrovarci tutti, come una brigata di amici, a bere un bicchiere di roba buona anche all’Aldilà, dove le vigne del Signore danno frutto tutto l’anno e dove un panino con due fette di salame non lo negano neppure ai disgraziati.
Luigi Timo – Castelceriolo