Nella ‘discarica dei fuochi’ di Castelceriolo abbondano più i rifiuti o i misteri? Scorrendo le cronache agostane, verrebbe da rispondere che prevalgono i primi. Però se la riflessione si estende agli anni passati, allora i secondi prendono corpo in una misura inquietante. Nell’impianto del sobborgo alessandrino sta andando in scena un copione che un po’ ricalca quello di molti impianti di trattamento rifiuti del nord Italia dove gli incendi (ancora uno l’altro giorno nel torinese) sono all’ordine del giorno e per i quali certo la causa non è quella della ‘autocombustione accidentale’. Ma ad Alessandria ci potrebbe essere anche qualcosa d’altro. Che cosa? Difficile rispondere. Finora le inchieste locali non hanno portato a conclusioni significative, mentre quella di Brescia dello scorso anno che ha scoperchiato il traffico di rifiuti dal sud al nord, è ancora lontana dalla conclusione.
Non basta fermarsi alle cronache di questi giorni in cui si parla (non scoprendo peraltro nulla di nuovo) di cumuli di rifiuti largamente superiori ai limiti previsti. Questa non è una situazione di oggi, di ieri o di qualche mese fa. Succede da anni. Nella discarica di Castelceriolo è finito di tutto. Dai rifiuti ‘trasformati’ solo grazie al cambio di un cartellino (è il traffico al centro dell’inchiesta bresciana), fino a materiali che per quantità e tipologia non potevano stare gli uni accanto agli altri.
Perché non c’è stato alcun intervento a fronte di ripetute denunce? Cosa è effettivamente stato “tombato” (parola che ricorre anche nelle carte del Tribunale di Brescia) nella discarica di Castelceriolo? Nel ripercorrere la storia recente ci si imbatte in numerose segnalazioni alle autorità, ma mai in un procedimento arrivato alla fine. Partiamo da Solero (impianto finito anch’esso nell’inchiesta bresciana). Il 29 ottobre 2015, per esempio, personale ispettivo della Provincia di Alessandria effettua un sopralluogo alla discarica dove viene riscontrato un conferimento anomalo di rifiuti che determinato “una sopraelevazione palesemente difforme all’atto autorizzativo”. Come conseguenza arriva il deferimento alla Procura di Alessandria dell’allora presidente dell’Aral, Fulvio Delucchi, per inosservanza delle prescrizioni. Le criticità rilevate periodicamente dalla Provincia devono essere state numerose, come conferma anche l’Arpa (Agenzia per la protezione ambientale) dicendo che “le anomalie c’erano e sono state segnalate” e che quindi ha informato gli enti competenti, tra cui la Procura e la Provincia, di quanto riscontrato negli impianti. I risultati delle ispezioni sono stati “comunicati all’ente autorizzante, al Comune e all’Asl per gli adempimenti di competenza. Nel caso poi siano segnalate delle inadempienze di carattere normativo ambientale la segnalazione viene inoltrata direttamente alla Procura di competenza”.
Sempre al 2015 risale una relazione di quaranta pagine (‘I casi anomali scoperti della Commissione speciale di controllo’) frutto del lavoro di due anni della Commissione sulle Partecipate del Comune di Alessandria presieduta dall’allora consigliere Domenico Di Filippo. Cosa era emerso? Ad esempio il notevole incremento di rifiuti provenienti da fuori provincia. “L’azienda per incrementare i ricavi ed ammortizzare gli investimenti effettuati sull’ampliamento degli impianti, necessita di un aumento dei quantitativi di rifiuti indifferenziati ricevuti” si legge nella relazione. Per “esigenze di bilancio” Aral si è così trovata a dover accettare sempre più rifiuti provenienti da fuori e ha operato, di fatto, al di fuori dei requisiti previsti per l’affidamento ‘in house’”. Altro? Durante un sopralluogo alla discarica di Castelceriolo la Commissione ha notato il mancato controllo nel passaggio di un camion dal front-office e la strumentazione per la rilevazione della radioattività del materiale in ingresso che era spenta. La relazione, dopo la presentazione a Palazzo Rosso, è stata trasmessa alla Procura della Repubblica.
Due anni indietro. Siamo nell’ottobre del 2013. Periodo in cui è in corso un’indagine dopo le preoccupanti segnalazioni giunte all’allora assessore comunale all’Ambiente, Claudio Lombardi, su “strani conferimenti nell’ex discarica di Castelceriolo”. L’assessore aveva fatto il punto in Commissione Ambiente dove aveva spiegato di avere subito reso noto il materiale e la situazione alla Procura della Repubblica, al Comando Carabinieri Tutela Ambiente, all’Arpa e alla Provincia così che si avviassero i controlli e gli approfondimenti del caso.
Ma cosa c’è davvero sotto l’area della discarica di Castelceriolo? Non saranno rifiuti tossici e nocivi, ma la miscela che si è creata potrebbe avere degli effetti comunque negativi sull’ambiente? Questo è l’altro capitolo strettamente legato al traffico illecito di rifiuti al centro dell’inchiesta dei magistrati di Brescia e che ha coinvolto l’Aral di Alessandria e la Srt (società di recupero e trattamento rifiuti) di Novi Ligure con le discariche novesi e tortonesi. Una parte dell’area della discarica alessandrina, esaurita e sulla quale è stato realizzato nel 2011 un impianto fotovoltaico progettato e finanziato dalla Cassa di Risparmio di Alessandria, è stata infatti utilizzata per “tombare” i rifiuti non trattati che provenivano dal centro e dal sud Italia. Il materiale arrivava a Castelceriolo, non veniva sottoposto, secondo l’accusa, ad alcuna attività di recupero e poi inviato alle discariche di Solero, Novi, Tortona e Savona così come era arrivato. L’unica cosa che cambiava era il codice Cer, Catalogo europeo rifiuti, di identificazione. L’enorme quantità di rifiuti trattata per un lungo periodo (gli accertamenti sono stati eseguiti durante molte settimane dell’estate del 2015) ha permesso all’Aral di risanare in modo molto rapido i conti (sarà il prossimo articolo di approfondimento), ma anche di aumentare in significativo l’invio di rifiuti a Solero e di seppellire migliaia di tonnellate nell’area della discarica di Castelceriolo.
Come detto, è difficilissimo dire quanti rifiuti ci siano. Neanche l’inchiesta bresciana ha saputo quantificare in modo esatto l’entità, ma basta un dato per comprendere il volume, anche se a stima: in un solo giorno, hanno rilevato i magistrati, potevano essere trasferite fino a 300 tonnellate di rifiuti attraverso una quindicina di trasporti interni. E l’attività si è sviluppata per mesi. Lo smaltimento interno avveniva senza lasciare documentali di alcun genere in quanto i mezzi usavano percorsi interni. L’autocarro, una volta caricato, percorreva un breve tratto di strada sterrata interna che si snodava anche lungo gli argini della discarica esaurita e passando sulla sommità raggiungeva l’area sud dove una pala meccanica provvedeva a stendere tutto il materiale lungo gli argini esterni della discarica per poi interrarli. Veniva usata anche dell’argilla prelevata durante i lavori di ampliamento della discarica di Solero.
Cosa c’è sotto Castelceriolo? In questa discarica è finito di tutto nel periodo del dopo alluvione del 1994. In regime di emergenza era stato autorizzato il conferimento di qualunque genere di rifiuto e in quantità forse mai calcolata in modo preciso e le conseguenze non sono mancate: formazione di gas, percolati, contaminazioni dei terreni. Poi si è esaurita. Ma è stata ancora usata lo stesso.