Siamo ormai condannati a dover passare l’estate senza aver risolto in modo soddisfacente, specialmente dal lato della nostra coscienza, il problema dei migranti che tentano di approdare sulle nostre coste spinti dalla fame, dalle guerre, dalla disperazione.
Il massimo risultato che potremo ottenere sarà forse quello di ridurne un tantino il numero, ma, come ha dichiarato il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, persona degna di rispetto che sa fin troppo bene quel che dice, al contrario di molti che sputano sentenze sul medesimo argomento senza azionare il cervello, il problema non troverà soluzione, dal momento che si tratta di un fenomeno di lungo periodo che non potrà assolutamente essere risolto come un’emergenza immediata da affrontare sul momento.
E per trovare una seria soluzione non servono le battute sulle crociere nel Mediterraneo o gli slogan, del tipo: “aiutiamoli a casa loro”, parole ripetute in tutte le occasioni in cui viene pubblicamente dibattuto il problema, ma senza entrare nel vivo di un qualsivoglia progetto di aiuto che possa essere tempestivo ed efficace. Alle parole dei politici di turno che ormai si stanno specializzando sempre di più in battute ad uso campagna elettorale permanente, occorrerebbe passare ai fatti senza promettere, come è successo ultimamente, qualcosa come un miliardo di euro a sostegno dell’economia e del lavoro il quei paesi da dove partono i disperati che vogliono venire da noi, dimenticando come niente fosse tutte le promesse precedenti non mantenute.
Nel frattempo veniamo a sapere che invece in Germania i migranti che sono stati accolti in numero di circa 300.000 sono stati per la maggior parte già istruiti ed avviati al lavoro e si spera possano contribuire ad innalzare il livello produttivo del paese senza provocare più di tanto una crisi di paura di perdite di lavoro nei lavoratori residenti, che al contrario hanno visto accresciute le garanzie a loro favore. Non penso infatti siano balle quelle che si scrivono a proposito di alcune riforme adottate dal governo tedesco sia nei confronti dei lavoratori che delle lavoratrici madri, nonostante le difficoltà della crisi che ha colpito un po’ dovunque nel nostro continente europeo.
Come possiamo fidarci noi italiani di chi sbandiera slogan tipo “aiutiamoli a casa loro!”, ben sapendo come i governi nostrani di ogni colore, si sono finora comportati, dopo essersi impegnati molti anni fa in proclami solenni ed in promesse mai mantenute?
All’inizio degli anni Novanta avevamo promesso, insieme ad altri paesi cosiddetti sviluppati, di destinare lo 0,70% del PIL (prodotto interno lordo) a sostegno delle necessità economiche dei paesi poveri dell’Africa, ma dopo un iniziale contributo dello 0,34% elargito per un anno solamente, ci siamo poi frettolosamente ritirati riducendo progressivamente l’aiuto ad un misero 0,13%.
Dopo vari anni in cui i governi di centro sinistra avevano fatto orecchio da mercante, nel 2001 il governo Berlusconi aveva solennemente promesso di rimediare, ma di fatto, dopo pochi anni il livello di contribuzione dell’Italia, che era già tra i fanalini di coda del gruppo, era ulteriormente sceso allo 0,11% con il governo nel quale era presente anche la Lega di Salvini che adesso dice con forza che bisogna aiutarli a casa loro.
Alla riunione dei paesi del gruppo dei G/8 tenutasi nella città dell’Aquila, il capo del nostro governo aveva proposto agli altri capi di governo presenti di aumentare addirittura all’1,00% la percentuale di intervento dallo 0,70% ipotetico già votato in passato. Ma, come sempre, alle solenni promesse verbali non vi è stato seguito.
Come sono stati usati i soldi pur limitati del nostro paese? Prima di tutto per contribuire alla parziale cancellazione dei debiti accumulati da alcuni paesi nei nostri confronti, diventati di fatto inesigibili (quindi nel nostro interesse di creditori insoddisfatti), ma gran parte di questi debiti contratti dai governi corrotti di quei paesi non erano stati destinati per combattere il malessere delle popolazioni, per ridurre le malattie, per l’istruzione dei figli del popolo, per dare insomma una possibilità di vita degna di esseri umani, come sono i popoli dell’Africa sub-sahariana, ma magari per l’acquisto di armi da utilizzare in tutte le guerre e guerriglie fomentate nell’interesse dei paesi occidentali che per decenni hanno sfruttato le risorse di quasi tutti quei paesi, specialmente di quelli che posseggono giacimenti di petrolio o miniere di minerali utili e talvolta indispensabili come alcuni minerali rari per la lavorazione di strumentazioni moderne nel settore dell’elettronica, o dell’aviazione civile e militare.
Tutti i paesi europei, oltre alla Russia e all’America, e compresa sicuramente l’Italia, sono andati a gara per decenni nel fornire armi in grandi quantità, magari anche approfittando della possibilità di smaltire scorte di magazzeno altrimenti non produttive di guadagno.
In conclusione possiamo confessare che ci siamo arricchiti alle spalle di poveracci governati da birbanti e filibustieri.
Se avessimo dato un minimo di possibilità di vita degna ai popoli ex coloniali dell’Africa, come pure a quelli del medio oriente insanguinato da guerre che si trascinano da decenni senza tregua, forse avremmo avuto molto meno immigrazione di gente disperata, meno tensioni economiche generali e magari anche saremmo pure riusciti a dare meno spazio ai diversi e temibili fondamentalismi islamici che preoccupano l’occidente progredito che cerca gelosamente di difendere i privilegi così faticosamente conquistati, non sempre purtroppo in maniera trasparente.
Speriamo che i nuovi elargitori di promesse elettorali si rendano conto che continuare a raccontar balle alla fine non premia, come non premia appoggiarsi a governi complici di quei paesi che hanno fatto dello sfruttamento dei poveri dell’Africa il loro fondamentale obiettivo.
Luigi Timo – Castelceriolo