“Sono al Cissaca dal 24 aprile scorso, alle 7 di sera: è un impegno gravoso, non retribuito, e carico di responsabilità. Ma ho accettato con entusiasmo. Sono convinto che oggi la politica sia questo: attenzione per il sociale, e forti sinergie con il volontariato e la società civile”. Gianni Ivaldi nella primavera del 2017 fu candidato sindaco ad Alessandria, a capo di un’alleanza civica che ottenne il 4% dei voti: “Led, l’associazione politico culturale di cui faccio parte, e che mi sostenne, ha tutt’altro che concluso il suo percorso: continuiamo ad organizzare eventi ed incontri, il prossimo, in autunno, sarà dedicato al Piano di Protezione Civile, che ad Alessandria non viene aggiornato dal 2004!”.
Oggi però Ivaldi (già capogruppo del Pd a Palazzo Rosso durante il mandato del sindaco Fabbio, e poi assessore ai Servizi Sociali e al Volontariato nella prima fase del quinquennio Rossa) è tutto concentrato sulla sua nuova mission: “Il Cissaca è una realtà straordinaria, e può diventare il volàno di una nuova stagione, che metta davvero al centro dei progetti della nostra comunità le tantissime persone che da sole non ce la fanno”. Attraverso questa chiacchierata cerchiamo di capire come, attraverso quali strumenti, e con quali priorità e sinergie.
Presidente Ivaldi, come vede il territorio alessandrino dal suo nuovo osservatorio?
Da un lato fragile: un territorio in cui le nuove povertà incalzano, e in cui le persone bisognose di aiuto sono sempre di più, e di ogni tipo. Dai minori agli anziani, dai disabili fisici e psichici alle donne che subiscono violenza, spesso nel silenzio, se non nell’indifferenza. Però siamo anche una comunità vivace, piena di forze solidali, con una rete di realtà di volontariato straordinarie. C’è tantissimo da fare insomma, ma si può e si deve fare bene.
Rispetto ad anni anche recentissimi oggi la situazione del Cissaca è migliorata?
Certamente la decisione della giunta Cuttica di ‘chiudere’ la partita dei debiti pregressi con il Consorzio ha consentito al Cissaca di regolarizzare una serie di ‘pendenze’ con i fornitori di servizi, a partire dalle cooperative che svolgono un ruolo essenziale nella gestione di strutture, e nell’erogazione di prestazioni. Questo non significa naturalmente che navighiamo nell’oro, tutt’altro: siamo un ente di finanza derivata, e i contributi pubblici che ci vengono destinati (da un fondo nazionale, da un altro regionali, dai comuni consorziati) non sono purtroppo sufficienti a far fronte ai tanti ‘bisogni’ di fasce della nostra comunità purtroppo in crescita costante. Per questo è fondamentale aprire una fase nuova, in cui il Cissaca deve da un lato saper partecipare con progetti di qualità a bandi e progetti europei e regionali, dall’altro ‘aprirsi’ a nuovi percorsi e sinergie…
Con il privato?
Con chiunque mostri di essere un interlocutore sensibile, intelligente, attento alle esigenze di chi ha bisogno. Penso in particolare alle Fondazioni bancarie, e ai gruppi industriali e imprenditoriali presenti sul nostro territorio, senza naturalmente escludere contributi di singoli privati. Posso anticiparle che, a settembre, il Cissaca organizzerà un convegno a cui teniamo molto. Sarà l’occasione per presentarci a tutto tondo alla cittadinanza, ma anche per confrontarci, anche pubblicamente, con le tipologie di soggetti che ho citato, e con cui speriamo davvero di poter aprire una nuova stagione, un percorso in cui il sociale si integra davvero, in maniera forte, con il territorio e la comunità alessandrina.
Oggi chi ha più bisogno del vostro intervento?
Una quota di popolazione sempre più ampia, purtroppo. La nostra mission è l’inclusione sociale: non solo erogando contributi, ma sviluppando percorsi che consentano a persone che per qualche motivo sono in difficoltà (e alle loro famiglie: aspetto fondamentale) di reagire, e di superarle. Si va dai minori agli anziani (solo in Fraschetta vivono 500 ultra ottantenni soli: un dato a cui non credevo quando me lo hanno comunicato), dai portatori di handicap fisici e psichici a coloro che non hanno un reddito, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Per questo diventano fondamentali le sinergie: con realtà come la Asl, il comune, l’Atc. Ma anche con soggetti nuovi da identificare, e coinvolgere. A partire dalla galassia del volontariato, vero serbatoio di risorse, competenze, altruismo con cui dobbiamo riuscire a sviluppare percorsi e progetti.
La mappa del disagio è cambiata nel tempo?
Tantissimo. La ‘fotografia’ del disagio è mutata, purtroppo in peggio, nell’ultimo decennio. Alessandria 2018 e Alessandria 2018 sono realtà profondamente diverse: non solo per l’aumento della presenza di stranieri, che spesso hanno percorsi difficili, ma anche per la crescita esponenziale di poveri italiani. Noi ovviamente ci muoviamo secondo parametri di legge, e non facciamo distinzioni di sorta: povertà, disagio e marginalità vanno affrontati senza alcuna discriminazione. Quando parlo di stranieri non mi riferisco però ai rifugiati: lì ci sono percorsi diversi, ad hoc.
Comunque stiamo preparando la Carta dei Servizi del Cissaca, strumento fondamentale che speriamo sia pronto a breve, e che sarà molto utile a tutti, dai medici di base alla popolazione, per avere un quadro completo delle attività svolte dal Consorzio: in quali direzioni ci muoviamo o possiamo muovere, cosa facciamo, a chi ci rivolgiamo.
Insomma puntate ad una maggiore divulgazione del ‘brand’ Cissaca?
Crediamo sia necessario: perché ancora troppe persone non sanno cosa facciamo, o fanno confusione. Da questo punto di vista punteremo anche molto sull’informazione e divulgazione on line, a partire da un sito web completamente aggiornato. Cercheremo poi di essere molto presenti sui social e sui media: non per vanità, ma per raccontare cosa facciamo, e promuovere i nostri progetti.
Qualche esempio concreto?
Un’iniziativa targata Regione Piemonte, che si chiama We Care, che va nella direzione dell’innovazione delle politiche di inclusione sociale, e che ci vede in campo, insieme ad Asti, per sviluppare un nuovo welfare di prossimità, che deve diventare motore di sviluppo attraverso azioni destinate a diverse tipologie di persone, con il coinvolgimento di una serie di soggetti. Parliamo di terzo settore, aziende, imprese, realtà pubbliche: con l’obiettivo di sviluppare connessioni territoriali, e veri e propri distretti della coesione sociale. Poi c’è la Fraschetta: non sempre viene evidenziato, ma all’interno del Bando Periferie non c’è solo la realizzazione di opere infrastrutturali, ma anche una dimensione di integrazione sociale, che vedrà il Cissaca come capofila. La Fraschetta è territorio vasto, con un numero di anziani soli molto elevato, e un alto numero di stranieri, e di poveri italiani. Però quella è anche la porzione di territorio alessandrino con il Pil più elevato, data la presenza di importanti aziende. L’obiettivo è allora lavorare sull’inclusione, e sull’essere davvero comunità. Ossia più aree verdi pubbliche fruibili dalle persone, spazi dove i bambini e ragazzi possano giocare, e orti sociali, sul modello di quelli di Forte Acqui, che nasceranno a Spinetta, su un’area pubblica nei pressi della struttura Bianconiglio.
Altro tema delicato presidente: l’affido famigliare…
Che non è l’adozione, ricordiamolo. Si tratta invece di coppie che si rendono disponibili ad accogliere, per periodi limitati, minori in difficoltà. Le comunità per minori svolgono, sul nostro territorio, un compito meritorio e fondamentale. Ma certamente l’affido rappresenta un percorso complementare importante: in collaborazione con il CSVA faremo partire a breve sul tema una campagna informativa capillare.
Siete attivi anche sul fronte del contrasto alla violenza sulle donne..
E’ un fenomeno di dimensioni ampie, di cui si parla troppo poco. E c’è una grave carenza: dopo che una donna violentata o picchiata è stata medicata in ospedale, e magari ricoverata per qualche giorno, che fa? Spesso non ha alternative al tornare a casa, con le conseguenze immaginabili. Il nostro obiettivo è riuscire ad allestire (con la collaborazione di diversi soggetti, dalle Fondazioni bancarie a Me.dea, ognuno per la sua parte) un luogo protetto e riservato dove queste persone possano abitare, per un certo periodo di tempo, necessario a riorganizzare la propria vita.
Si parla molto di reddito di cittadinanza: ma esiste già un reddito di inclusione, che si chiama Rei. Ha qualche dato aggiornato?
Aggiornato, e purtroppo significativo. Nel 2017 il Cissaca ha ricevuto 136 domande di Rei, e ne ha finanziato 59. Quest’anno, nei soli primi 5 mesi del 2018, le domande ricevute sono state 664, di cui 340 accolte e finanziate. Il che significa che, su base annua, si supereranno di sicuro le 1.000 richieste. In realtà sono stati un po’ modificati e ampliati i parametri, ma rimane un dato purtroppo emblematico. Si tratta, lo ricordo, di un contributo erogato su base mensile, per un massimo di 18 mesi, e a fronte dell’impegno in un percorso di reinserimento sociale e professionale. Non un sussidio fine a se stesso insomma, ma un altro strumento di inclusione e reinserimento sociale.