Nasce a Valenza, città dell’oro per definizione, la Fondazione ‘Mani intelligenti’. Le quattordici aziende orafe che hanno firmato l’intesa valgono oltre un miliardo di fatturato (un miliardo e 300 milioni con l’indotto) e occupano 1.200 addetti su un totale di 5.500 del Distretto orafo. La governance è totalmente privata e la sola presenza pubblica è del Comune di Valenza. Firmato l’atto notarile, fra un paio di settimane verrà nominato il consiglio di amministrazione. L’obiettivo della Fondazione ‘Mani intelligenti’ è formare mille addetti in tre anni attraverso un percorso formativo trasversale che valorizza e integra le competenze tecniche e quelle dell’innovazione tecnologica. I soci fondatori (Bulgari, Damiani, Giorgio Visconti, Crivelli, Pasquale Bruni, Filostil, Bmc, Vpa – Villa Pedemonte Atelier, Gioj manifattura valenzana, Vendorafa Lombardi, Greco F.lli, Palmiero, Costanzo e Rizzetto, Leo Pizzo) metteranno a disposizione 1.200 ore di formazione aziendale ed entro l’autunno, periodo in cui è previsto l’avvio dell’attività, verranno messe a fuoco le collaborazioni con la realtà scolastica valenzana e con il For.Al, centro di formazione di Valenza. Ma l’obiettivo è anche più alto: c’è la volontà di arrivare oltre cinquecentosessanta scuola artistiche nazionali in quanto “l’ambizione è attirare i migliori talenti che desiderano fare dell’orafo la professione di successo”.
La novità è che per la prima volta è il privato a fare squadra, aprendo le porte ad altri soci (“Ci rivolgiamo all’intero Distretto valenzano”) perché “le mani intelligenti sono il futuro del Made in Italy e in particolare del gioiello valenzano”. La Fondazione nasce da una operazione che Gianluca Barbero, sindaco di Valenza, definisce “a chilometri zero e a costo zero” e che è il frutto “di una sana follia degli amministratori pubblici e degli imprenditori privati”. Al contrario di altre iniziative che hanno sempre visto come promotori i soggetti pubblici in collaborazione con le associazioni di categoria, stavolta la regia è dei privati. “Siamo di fronte – osserva ancora Barbero – a una esigenza nata dalla concretezza delle imprese. La Fondazione segna una nuova pagina nella storia della città”.
Perché uno strumento come la Fondazione? “Stiamo assistendo – rispondono i promotori – a un gap generazionale che potrebbe compromettere la sostenibilità dell’intero sistema produttivo del gioiello italiano di alta gamma. Per questo motivo la Fondazione si impegna a ricercare nuove generazione di maestri orafi in grado di portare avanti non solo tradizione, ma anche innovazione e qualità. Non sono molti i territori nazionali in grado di offrire tale opportunità. I livelli di occupazione del distretto valenzano sono molto al di sotto dei livelli prima della crisi del 2005. La diminuzione abbinata all’invecchiamento dell’attuale capacità produttiva artigianale e alla crescita del mercato globale del gioiello, diventa uno stimolo fondamentale per ripensare al ruolo del professionista artigiano del gioiello.
La Fondazione vuole essere sia un hub di talenti, ma anche un acceleratore di carriere e di professione. L’attuale sistema formativo professionale non è in grado di soddisfare la crescente domande di giovani interessati a intraprendere la carriera orafa e le imprese si stanno rendendo conto che affrontare il ricambio generazione risulta essere più efficace se fatto in maniera congiunta e sistemica”. La nascita della Fondazione avviene dal basso, dalle esigenze concrete di un gruppo di aziende, anche differenti tra loro che si sono trovate per differenti motivi “accomunate da un’esigenza comune: affrontare un importante ricambio generazionale, individuando nella formazione e nell’employer branding di territorio le principali risposte”.
Che il momento sia quello “giusto” lo riconoscono Stefania Trenti della Direzione Studi e ricerche di banca IntesaSanpaolo, Gianluca Cravera di Newton Management Innovation (società di consulenza di direzione di Milano) e Giovanna Zambelli di Mylia (opera nell’ambito dello sviluppo e della formazione degli individui) del gruppo Adecco (società specializzata in servizi di somministrazione di lavoro, apprendistato in staff leasing e outsourcing).
Valenza continua a essere il faro dell’export per la provincia di Alessandria e per il Piemonte. La crescita dello scorso anno, definita “straordinaria”, è stata a due cifre per la produzione e il fatturato. Anche il 2018 si è aperto con un più 21 per cento nel primo trimestre, un dato destinato a calare per ragioni fisiologiche e perché il paragona è con un 2017 sicuramente irripetibile. In ogni caso, il Distretto orafo viaggia a una velocità molto diversa da quelli di Arezzo e Vicenza in cui il calo delle esportazioni è stato del – 6 e – 3 per cento. Quest’anno le incertezze internazionali sul piano politico, con il rischio che le tensioni si scarichino anche sul prezzo dell’oro, sono parecchie, ma nonostante il quadro non idilliaco le previsioni “sono positive sia per il mercato degli Stati Uniti, sia per quello dell’estremo oriente e della Cina in particolare” commenta ancora Stefania Trenti.