“Lo studio dell’economia non sembra richiedere alcuna dote particolare in quantità inusitate. Si tratta dunque di una disciplina molto facile, a confronto delle branche più elevate della filosofia e delle scienze pure? Una disciplina molto facile nella quale solo pochi riescono a eccellere! Questo paradosso trova spiegazione, forse, nel fatto che un grande economista deve possedere una rara combinazione di doti: deve essere allo stesso tempo e in qualche misura matematico, storico, politico e filosofo; deve saper decifrare simboli e usare le parole; deve saper risalire dal particolare al generale e saper passare dall’astratto al concreto nello stesso processo mentale; deve saper studiare il presente alla luce del passato, per gli scopi del futuro. Nessun aspetto della natura dell’uomo o delle istituzioni umane gli deve essere aliena: deve essere concentrato sugli obiettivi e disinteressato allo stesso tempo; distaccato e incorruttibile, come un artista, ma a volte anche terragno come un politico”. (John Maynard Keynes)
Con questa citazione del grande economista britannico che più di tutti influenzò le politiche economiche degli Stati Uniti per traghettarli fuori la crisi del’29, mi piace presentare Piemonte Economy, che non ha, certo, l’ambizione di studiare l’economia della nostra regione, ma prova semplicemente a raccontare le trasformazioni in corso, attraverso dati e analisi, curiosità e tendenze
Una trasformazione, quella dell’economia mondiale e globalizzata, che procede a una velocità tale per cui spesso le previsioni di oggi sono già desuete e che va a scontrarsi con una certa inerzia e lentezza al cambiamento, soprattutto in Piemonte, dove ci si è soffermati per troppo tempo a rimpiangere gli splendori di antica capitale anche economica del paese. Eppure il PIL piemontese pesa ancora per il 7,8% su quello nazionale, con un settore manifatturiero, la cui incidenza sul totale italiano vale il 10% con punte di eccellenza, a macchia di leopardo, ma anche divari da recuperare in fretta prima che alcune fratture si allarghino tanto da diventare faglie.
In una mia recente pubblicazione, Il Piemonte oltre la crisi, ho parlato di Piemonti perché in questa condizione mi pare si trovi la nostra regione, policentrica e spesso disgregata nelle dotazioni infrastrutturali, nel tessuto imprenditoriale, nella capacità di essere attrattiva,nelle politiche e nella rappresentanza. Proprio di questi Piemonti io voglio parlare in Piemonte Economy, con l’auspicio che i divari si superino per giungere a quel Piemonte che negli anni ‘50 costituiva uno dei fulcri del Triangolo industriale.